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Politici, sono tutti uguali?

Redazione di Redazione
12 Novembre 2007
in L'opinione
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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– Quando penso ai furbetti del quartierino del 2005, che puntavano ad orientare a destra il “Corriere della Sera” una rete di “scalate”, e alla collegata, contemporanea, scalata dei maggiori esponenti della sinistra, vien fatto anche a me di esclamare: sono tutti uguali.
La stessa esclamazione mi strappano gli autori del fortunatissimo La casta e Beppe Grillo. Poi, però, una vita di studi storici mi impone di ragionare meno superficialmente. Perché non esiste soltanto l’impressionante affinità tra i vertici politici. Essi sono l’espressione di una realtà in cui la politica costa enormemente, in cui cioè sono spinti dai lauti guadagni a far politica anche i faccendieri, gli opportunisti e i lacché, per i quali contano solo il denaro e il potere. Sembra davvero che il cristianesimo del Discorso della Montagna e l’ideale socialista siano morti. Ma è davvero così?
La storia insegna che non si dànno mai due realtà perfettamente uguali. Nemmeno i gemelli sono del tutto uguali tra loro. Basta scavare un po’, basta esaminare quella che una volta si chiamava la base e ci si rende conto che esistono ancora delle differenze, che sono abbastanza profonde. E che occorre distinguere tra classe politica e cittadini comuni. Tra gli attici e le fondamenta.
Il problema è allora un altro. E’ questo: riuscirà la base ad imporre delle differenze ai vertici in un tempo ragionevole? Per quanto ne so, la base di sinistra, anche se differenziata al suo interno, è assai diversa dalla base di destra. In quest’ultima, infatti, vedo un assai minor numero di uomini di autentica cultura (dei nomi? bastino quelli, dell’altra parte, di Umberto Eco e di Claudio Magris!), e, anche tra i giovani, vedo un assai maggior numero di adoratori del dio Mammona, ammiratori di un leader soprattutto perché è straricco e strapotente nell’informazione, modello che ciascuno si illude di poter imitare.
Penso poi al fenomeno del “velinismo”. A Napoli ne è nata una scuola. Conta solo l’apparire in tv, oggi. Pur di apparire in tv molte ragazze sono disposte a sdraiarsi su una quantità di letti a piacere. Questo è stato uno dei risultati della tanto decantata televisione privata. Guarda caso, andiamo a finire sempre lì, a destra. Mai un Goldoni, uno Shakespeare, un Pirandello, un Rossini, un Verdi. E la televisione pubblica, lottizzata tra i partiti, si limita ad inseguire quella privata sul suo stesso terreno. Tanti “grandi fratelli”, ovvero tanti omaggi all’idiozia.
L’imbecillità generale che ne è derivata è arrivata a tal punto, che in un referendum la maggioranza degli italiani si è pronunciata a favore della continuazione dell’interruzione dei film ad opera della pubblicità! La pubblicità le piaceva. Ma io ho tremato il giorno in cui tv privata e tv pubblica sono finite nelle stesse mani. Un popolo civile sarebbe insorto il giorno in cui un editto bulgaro ha estromesso dalla tv un Santoro e un Biagi. E’ chiaro: il popolo italiano era già diventato meno civile.
Altro grave danno è stato provocato dalla caduta verticale delle cosiddette ideologie. Dove sono i bei tempi in cui democristiani e comunisti, acerrimi nemici in politica, collaboravano a dare all’Italia una bellissima Costituzione? Vengono i brividi, assistendo allo squallido spettacolo di politici pronti a cambiare bandiera, a ex socialisti, ex radicali, ex liberali, ex repubblicani mangiapreti, ex conservatori cattolici riuniti sotto le insegne di un padrone dal quale sperano di ottenere le più diverse gratificazioni. A questo si aggiunga la tristezza che dà il pensiero di tanti bravi ragazzi, come quelli massacrati a Genova (o parte di essi), che anch’essi non sanno distinguere e ti dicono “sono tutti uguali”. Non si sa davvero da che parte cominciare a raddrizzare questa scombinata baracca.
La Chiesa stessa non aiuta, preoccupata com’ è di non perdere altri fedeli nelle chiese. Crede, sbagliando, che basti nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, e predicare in difesa di una famiglia che da null’altro è minacciata se non dall’evoluzione di tutta una società materialistica e consumistica e sorda ai valori del cristianesimo. Una volta c’era a sinistra il materialismo storico. Ora c’è soltanto, e milita a destra, il materialismo e basta.
Dicevo di Grillo, e di Piazza Maggiore riempita a Bologna dai suoi fan. Quella era, sia pure guastata da cadute di stile, una protesta di sinistra, rivolta a tutta una classe politica, sinistra compresa. La protesta dei “destri” è diversa.
E’ rivolta contro lo Stato in sé e per sé (come se davvero il privato fosse bello), contro la cosa pubblica e i suoi “laccioli”, contro gli immigrati (che nel frattempo molti dei loro sfruttano) e contro i magistrati.
Perché, non si sa mai, potrebbero anche mettere in galera qualcuno dei loro, e non perché dei loro, ma perché scoperto quale malfattore comune. Quella gente di destra ostenta il cosiddetto garantismo, ma non sa nemmeno dove esso stia di casa, perché ammira troppo chi sa fare le leggi ad personam. Chi garantisce gli operai costretti a lavorare in nero, chi garantisce gli operai privi di sicurezza nei posto di lavoro, chi garantisce le vittime della criminalità organizzata, che ancora dilaga?
A quella gente, fatte le debite eccezioni minoritarie, non importa nulla dello Stato di diritto, né dell’autorità della legge, né della divisione dei poteri, né del pluralismo dell’informazione, né della Costituzione.
Lo prova anche la strisciante delegittimazione dell’antifascismo, che trova oggi uno stuolo di sedicenti intellettuali e giornalisti pronti a darsene carico.
A destra è collocata, oggi, la Lega Nord, autrice di molte corbellerie ma anche portatrice di un sacrosanto baluardo democratico, come insegna la storia del Regno Unito e degli Stati Uniti d’America: l’autogoverno dei territori, il federalismo amministrativo e fiscale. Il giorno in cui scoprirà chi davvero ne ostacola la realizzazione sarà un bel giorno per la democrazia. Purché non arrivi troppo tardi.

di Alessandro Roveri
già Professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara

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