– Fabrizio Piccioni è il primo misanese a diventare assessore della Provincia di Rimini. Le sue deleghe: Bilancio, Personale, Patrimonio, Sistema uinformatico, Politiche giovanili, Immigrazione e Rapporto con il Consiglio provinciale. Il presidente Nando Fabbri gli ha dato le deleghe lo scorso 5 dicembre, dopo il rimpasto di giunta causa l’uscita dalla maggioranza di Rifondazione comunista. Piccioni ha rimpiazzato il compagno di partito Eugenio Pari.
Trentacinque anni, passioni per la politica e l’atletica (partecipa alle maratone), di Scacciano, Piccioni è un ragazzo prodigio della politica misanese: dal nulla alle stanze del potere. Laurea in Scienze politiche, simpatizzante di sinistra, nel ’98 è uno dei fondatori dei Comunisti italiani. Nel ’99, entra in Consiglio comunale e diventa assessore al Bilancio con il sindaco Sandro Tiraferri. Da lì è un crescendo. Nel 2004, è in lista alle comunali, alle provinciali; poi alle regionali. Fa quasi tris, entra nei consigli a Misano, in Provincia (con il 5% dei suffragi) e alle regionali ottiene quasi l’8 per cento. Nella sua Scacciano prende più preferenze di Sandro Tiraferri, Ds.
Cos’è la politica per lei?
“Un’attività al servizio dei cittadini. Se la si vede in modo diverso, è finita. Siccome la politica governa la vita di ognuno di noi, ci metto volontà, rispetto”.
Quali pregi e difetti si riconosce?
“La determinazione e la testardaggine, che possono essere sia pregi, sia difetti, dipende dai punti di vista. Credo di essere anche coerente, fino a discapito degli interessi personali e di bottega. Credo sempre nella mediazione, che è una caratteristica della politica in senso buono”.
A suo parere che cosa tace la politica al cittadino?
“Molte volte ci sono interessi di tipo economico che girano attorno alla politica che fanno gli interessi di pochi e non della collettività e questo spesso non si racconta. Molto spesso, e anche nei piccoli comuni, la cosa brutta è che la politica la decidono in pochi e lontano dagli interessi dei cittadini; penso che i cittadini vadano ascoltati nei suggerimenti e nelle recriminazioni”.
Politica lontano dai cittadini, da 0 a 10, a quale livello siamo?
“A sette, senza dubbio. Ci metto, però, anche la responsabilità dei partiti. La loro mancanza si fa sentire nelle questioni di governo”.
Lei rappresenta un piccolo partito, quanto incidete?
“Nelle stanze del potere non ci ascoltano molto. A livello generale sono i partiti più grandi ad incidere. Ma noi cresciamo a piccoli passi; in ogni tornato elettorale abbiamo aumentato la nostra forza; vengono premiate la nostra linea politica e la nostra serietà. Sono del parere che alcune forze di sinistra, Rifondazione, Verdi e noi, si dovrebbero unire in una confederazione per diventare la seconda gamba dell’Ulivo”.
Qual è la differenza tra voi e i Ds?
“I Ds si sono allontanati dai cittadini. Il Pdci al contrario è il partito dei cittadini, dei lavoratori e delle classi meno abbienti e opera affinché queste classi sociali abbiano voce in capitolo; sono valori che i Ds non rappresentano più, che appartenevano al Pci e che noi ci onoriamo e ci impegniamo a portare avanti”.