AMARCORD
di Giorgo Pizzagalli
– Ciao. Ola!.. Ovo! Così chiamiamo Osvaldo Cangiotti e Attilio Pronti, oggi come “allora” uniti da un’amicizia, come con “Puracin” (al secolo Luciano Fraternali), Canè (Luciano Pazzaglini), unico a non avere bisogno del cognome, suo fratello Mario, il conte Brisigotti? (permettimi questo titolo) e il più “dannato” da me Tonino Ceccaroli. “Maledetto” bonariamente; ebbe una parte importante in quella che sarebbe stata poi la mia vita.
Uniti da una amicizia nata in quegli anni fantastici, dal ’60 in poi. Avevamo una parola d’ordine che rimarrà per sempre, una frase che basta ancora oggi in un attimo a ritrovarci: “Ru tù tùia giù… tlà… Puia…”. E poi Flavio Marchetti, al quale facevo la punta alle matite ai tempi delle elementari. “Cuori e menti”, con Ola e Ovo i più politicizzati (dal Che)? il mito? Poi il Vietnam?
Mi vedo con tutti loro in quella Seicento, in quella Topolino. Ce ne andavamo a passeggio, sulle strade e stradine dell’interno, verso quei sogni che ogni ragazzo porta con sé a quell’età, quelle mete che sembrano così facili da raggiungere.
Erano tante le mete di quei tempi: la libertà raggiunta dai nostri genitori. La guerra era finita e con essa le tante sofferenze, respiravamo l’impressione di onnipotenza, la speranza, la nostra fantasia per costruire un mondo migliore.
Prima della Seicento era arrivato lo hippysmo, camicie a fiori, pantaloni a zampa d’elefante di due colori. Il club di Sanzio e Giancarlo Moroncelli, dove la domenica ci si ritrovava in timidezza. Qualcuno che ballava.
E ricordo anche la mia timidezza, perché io non avevo mai nessuna con cui ballare. C’era il conte Brisigotti invece che arrivava con il suo vestito sempre elegante, camicia e corpetto ben stirati, con il suo “Motobì”, il motorino più potente. Brisigott aveva sempre i soldi in tasca, come Ceccaroli (Tonino).
Non credo fosse l’influenza dei soldi il motivo per cui loro ballavano ed io no? ma questo fatto dei soldi mi ha sempre incuriosito. Credo che la risposta fosse che loro abitavano all’Agina, in precollina. Oppure, perché avevano tante galline da vendere.
Io, al contrario, abitavo in pianura: alle”Casacce”. Non si può parlare di hippysmo senza parlare di Canè; scappò da casa almeno due volte con gli hippy, o le hippy. La prima volta a Rimini sotto le mura a fare casino con disperazione della mamma (la Neta), che dava sempre a noi la colpa? Poi se ne andò in Belgio per due mesi; un giorno telefonò come se nulla fosse che gli si mandassero i soldi perché li aveva finiti.
Poi le serate al cinema trascinati dal “Gitan” di Mario sulle nostre bici come incatenati. Erano i tempi dei film di Leone, le sue musiche, il west. Nessuna musica è piu evocativa di quella da cinema, porta con sé riverberi narrativi: storie, dolori, ironia, tragedie, l’essenza di popoli e nazioni.
Eh! sì? cara Seicento tutto ti porti via: ho scritto t’amo sulla sabbia… e… il vento… a poco… poco? s’e l’è portata via con sé… Lady Jeen… Tutto passa, le passioni, l’amore, i sentimenti. Bang… bang… io sparo a te? bang… bang… tu spari a me. Cara seicento.
Tutta sparata su quelle colline di Tavoleto e Mondaino, ti arrampicavi sui pendii e sbandavi nelle curve, la Topolino di Ola, sempre insieme lui avanti e noi dietro, lui ogni tanto sui greppi e noi contro i cancelli, come quella volta nell’ultima curva venendo giù da Montefiore Conca. Canè si fece un graffio, lo portammo al pronto soccorso, perché così non sarebbe andato a lavorare il giorno dopo.
Appena saputo il fatto si sentivano gli urli della Neta fino alla stazione che diceva a me: “T’sì un sgrazid”. Era appena un graffio, ma erano guai per chi toccava il suo Canè. Non era la stessa cosa per Mario e mi sospesero pure la patente.
La Seconda guerra mondiale, vissuta dai nostri genitori, era finita da quindici anni. La libertà ottenuta dava un senso alla vita; tutto profumava in modo diverso. Il turismo aiutava a vedere un futuro più roseo; sarebbero arrivati da lì a poco oltre i turisti che portavano ricchezza e lavoro, anche i palazzinari “purtroppo”! (Ma questa è un’altra storia).
Era inevitabile! Il futuro sarebbe stato anche questo, si dice che loro “vedevano lontano”. Come nulla fosse successo le guerre continuavano in altri continenti, come in Indocina, iniziata nel ’41 con l’occupazione giapponese del Vietnam, dopo che fu lasciata dai francesi.
Noi cominciammo negli anni ’60 ad interessarci? mettete dei fiori? nei vostri cannoni… La televisione da non molto tempo cominciò a farci capire cosa era quel 17° parallelo, che divideva il Vietnam in due. La Baetz e Bob Dylan con le loro musiche, i Beatles e Rolling Stones.
Le grandi adunate pacifiste giovanili che in un tam tam di protesta si propagava in tutta Europa e in America ebbe il culmine nel marzo del ’69, quando Nixon annunciò colloqui riservati. Trentatremila soldati americani erano stati uccisi, ma il movimento pacifista in una manifestazione gigantesca guadagna supporto quando un inviato stampa svela la storia del massacro di My Lai: 347 civili morti.
Si protestava contro chi aveva contribuito alla liberazione dal nazifascismo e dall’oppressione, che poneva finalmente l’Europa in grado di guardare ad un futuro in libertà. Mi ritorni in mente? bella come sei? forse ancor di piu… Cara Seicento, sebbene un po’ panciuta ti muovevi cosi sinuosamente in quelle curve, su quelle colline che sono rimaste le stesse. Solo noi non siamo più gli stessi e con te lì dentro, ti porti via le nostre storie, i nostri sogni, i nostri amori, la nostra gioventù.
Ti rubavo a mio padre quando potevo, lui si arrabbiava: ero senza patente. Gli dicevo che tanto in giro non c’era nessuno, cosa poteva succedere? Mio babbo era “vigile urbano” molto severo, ma aveva anche un cuore grande; in fondo era un buono.
Una sera accadde un fatto che lo imbestialì, con ragione. Presi come al solito la Seicento e parcheggiai a fianco della farmacia; andai al bar Centrale dove c’erano gli amici. Poi andammo a Riccione, al cinema. Io forse salii con Ceccaroli, altri in bici e tu, cara Seicento, eri rimasta in divieto di sosta. Quella sera mio babbo era di servizio e mi dissero poi che iniziò a fare le multe per divieto senza avere visto che all’inizio della fila c’era la sua macchina. C’eri tu che forse ti vergognavi e non potevi camuffarti. Rosso in volto, anche perché qualcuno se ne era accorto e stava guardando, non poteva fare altro che la multa alla sua auto.
Al ritorno dal cinema vedendo quel foglio sul parabrezza pensai ad uno scherzo e tu compiaciuta non mi dicesti nulla. A casa c’erano ancora ovunque le luci accese, anche da mia nonna. Mi consolai perché almeno mi era rimasta una via di fuga. Appena fermata la macchina, sentii due mani enormi prendermi sotto il collo: mio babbo che urlava e mia nonna che mi difendeva, come solo le nonne sanno fare. Ricordo oltre le botte che presi, correndo via mi strappò camicia e canottiera. Mi rinchiusi in casa della nonna per sette giorni e sette notti.
“Non mi ribellai”. Quello fu il tempo che occorse per far sbollire la collera e la vergogna, per aver dovuto fare la multa alla sua macchina. Cara seicento non starnutire, lo so, aveva ragione.
A Mondaino una sera c’erano i New Trollls; era un veglione, uno dei tanti. Ola che a Mondaino si trasformava, come in nome di una “divinità”, ne inventò una delle sue con quell’andatura un po’ così che aveva lui. Con quelle gambe lunghe seduto al tavolo, ne allungò una, e chi stava passando proprio in quel momento? Ma il bullo della sala e chi altri! Naturalmente lui diceva che non l’aveva fatto apposta, intanto che il tipo pensava di fare paura a Ola (cosa impossibile con quella faccia sempre un po’ cosi che aveva quando andavamo a Mondaino).
Il nemico inconsapevole di fare una mossa sbagliata si radunava vicino al loro amico. Ma non è possibile, dicevamo noi. E’ sempre la stessa storia, questi a scuola non hanno studiato Napoleone. Così non ci divertiamo piu!!! Comunque in un attimo la strategia di guerra con l’annientamento esterno era fatta. Lo ricordo perché era sempre quella. Ola, oltre alle gambe lunghe a anche il collo lungo – e la testa che c’è ancora attaccata – non arretra quando attaccato ma l’avvicina all’avversario, in segno di sfida (perché Ola ha sempre ragione, dicevamo noi). La questione era “insindacabile”, giusto il tempo per dare a noi il modo di organizzarci. Era un’operazione che durava pochi attimi perché loro nella concitazione non facevano caso a ciò che accadeva intorno e gli stolti (nel senso buono della parola s’intende), venivano sorpresi dall’accerchiamento e una volta che erano sotto non era per niente facile rialzarsi.
Questa era la strategia “Ad… rù tù tuia… giù t’là puia…” inventata da “Ovo” che elaborò anche… Nis… Kusesta, che significava vittoria. Non c’era remissione Ola era fatto così; se non attaccava briga, la settimana seguente sarebbe stata per lui uno schifo. “Me sa’vui elt an v’eng via più, e giva Ola ad Attilio (Ovo), spilungone, capellone e magro come la fame. E giù risate.
Ricordo i balli con le riccionesi; fra queste la Patrizia, la Liliana, la Carlina, la Graziella, la Mara e tante altre. Le ragazze del Rio Melo facevano sempre coppia con Riccardo (Brisigott) e Flavio Marchetti. Coppia, si fa per dire; loro due avrebbero voluto ballare sempre con tutte. In questo devo dire che non erano molto amici.
Ma era comunque tutto lo spirito amichevole che aleggiava ovunque, nei momenti spensierati che contraddistingue un’epoca inconsapevolmente, come se qualcuno volesse dire che alla fine la vita sarebbe stata questa. Proprio perché inconsapevole, la vita non sarebbe stata sempre così semplice, rose e fiori.
Cara mia “Seicent”, è quasi giunto il momento di salutarci, ti porti via una parte di me, di noi. La parte più bella, la piu amata, difficile da dimenticare, senza piangerci di nostalgia. Vogliamo ricordare brevemente quando scrivevo quelle poesie per Tonino (Ceccaroli) dedicate a qualche bella ragazza. Mi portava a ballare a Cattolica con la sua moto, l’Aprilia. Mi diceva: “Dai, che funziona”.
Alle spedizioni sulla neve, perché quella volta la neve la faceva veramente, andavamo a trovare (mi sembra Antonio Triggiani) su nell’interno. Brisigott faceva da apripista, con il suo cappottane vino e salame, ma soprattutto vino. Quelle notti “che decide lei”, Flavio e Attilio (“Ovo”) mi sembra dormivano lassù.
Il ritorno per noi era sempre freddo e bagnato, ma chi se ne accorgeva: ci divertivamo da matti. Vogliamo anche ricordare come avvenne la caduta dei miei capelli. Da tempo, accusavo “Carghin”(Claudio Casalboni) il nostro barbiere, che faceva le lozioni nel sottocasa, per i comunisti come me. Mentre ai socialisti faceva quella buona. Infatti, i socialisti a Misano hanno tutti i capelli, ai comunisti che andavano da lui, invece, sono caduti tutti i capelli. Caro Claudio lo dico in modo scherzoso, anche se tu sai che è vero, “e rid pàtaca”.
In quella disco, “Casa dal popolo”, lo so che ti disturba cara “Seicento”, all’inizio mi dicevi sempre che quella ragazza non faceva per me. Si dice sempre così (non fa per te, mi ripetevi), ma poi anche tu sei stata complice. Quando al suono dei Camaleonti…
Ti sei arresa tuo malgrado a quella signorina che portava la quinta di reggiseno. E diventò mia moglie, cara mia.
Cari amici miei, avrei potuto ricordarvi, donandovi un disco dei “Nomadi”, oppure una cassetta del film omonimo (“Amici miei”), con Tognazzi quando danno schiaffi alla stazione ai passeggeri. Piace tanto a “Puracin”. Ma ho preferito dare un senso con le mie parole alla nostra amicizia.
Dare un senso, anche se le cose poi inevitabili della vita, la famiglia, il lavoro, gli impegni quotidiani, tendono ad allontanare quei tempi per me indimenticabili e ringraziarvi per avervi avuto come amici. E se non vi ho annoiato troppo, avervi ancora come amici: per sempre. Questo mi dà una grande gioia e per questo vi ringrazio.Un abbraccio.
Giorgio Pèza