– “…le nostre insufficienze sono in particolare verso il cliente del Nord Europa. …il cliente tedesco o scandinavo è sensibile alla pulizia, alla sicurezza, alla puntualità, alla mobilità sostenibile”. Dunque, se non vengono a Rimini è perché abbiamo costruito un ambiente (una insopportabile e evitabile colata di cemento dalla collina al mare) che crea la ricchezza di qualcuno, da una parte, ma l’altra faccia della medaglia è la perdita di un certo tipo di turismo, quello di una sicura sensibilità che preferisce altre méte.
La riflessione è del presidente della provincia Nando Fabbri è stata fatta lo scorso 14 agosto. Ds, potentissimo, è, al momento, l’indiscusso grande feudatario dei Ds provinciali. Non si muove paglia senza il suo assenso. Fa e disfa con la forza del capo. E’ Fabbri che fa i giochi all’interno del suo partito.
La sua nota sui dati turistici di quest’anno, l’ha chiamata la “Riviera c’è”. E da par suo, con la sua indubbia intelligenza, ha vergato una serie di considerazioni buone e sulle quali egli dovrebbe rimboccarsi le maniche ed iniziare ad invertire la rotta, forse di una rotta invertibile, che finora ha determinato. Il nuovo è un’accoglienza fatta di ambiente, serenità, pulizia, bellezza, tipicità, sorrisi. Tutte cose che oramai difficilmente si riescono a trovare nel Riminese. Dove, attraverso la rendita immobiliare, si fa molta finanza. Alla fine della tornata, il futuro è di chi lavora e produce.
Lo scricchiolio della stagione 2007 è ottima. Di solito nella crisi, nelle difficoltà, si ha la forza di dirsi tutto e qualche volta di abbandonare la vecchia strada (la cementificazione triste degna delle comunità arretrate, ma Rimini è arretrata?) per la nuova. Si mettono sul tavolo i punti di forza e quelli di debolezza, ci si rimbocca le maniche e si fa.
Nella sua arte di argomentare, il presidente ha detto del turismo: “Non è mica cosa da snobbare come a volte fanno a Roma. Sono numeri veri che fanno il turismo. E certo è più facile vendere il Colosseo che Rimini. Ma Rimini è un’industria e conta tanto quanto le grandi città d’arte in termini di fatturato. Ma bisogna attrezzare il nostro Paese con infrastrutture adeguate”. Altra cementificazione in nome del recupero turistico?
Se i cittadini, con in testa la classe dirigente del territorio (prima di tutto quella politica, economica e culturale) non riesce a mettere al centro l’ambiente e il cittadino con azioni concrete (sull’argomento sappiamo già tutto, basta chiacchiere), nonostante gli investimenti miliardari (parchi tematici e fiere) scivoleremo ai margini del turismo da villeggianti per sostituirlo con quello da città industriale. Non è un caso che facciamo concorrenza a Milano e Bologna.
Fabbri dixit.