– Misano Casacce – Binario 781. Dove si va? Per favore da quale corridoio si arriva a mio padre? Una voce! Là dove le fiamme si agitano e senti l’odore dell’erba che brucia. Fai presto tra poco chiudono. Sarai chiamato in avanti, guidato e spinto tra la folla che ti si pigerà intorno, il rumore sempre più intenso e il profumo che si perde in questi corridoi dove mi perdo, come in un fiume.
Su queste rive che scivolano sempre più veloci. Il tempo oramai sta toccando la sua fine in questo crepuscolo ove si spengono i rossori delle immagini riflesse nell’acqua. E sopra; le stelle che saranno per sempre solo il polverio del loro semplice numero. Percorro questi corridoi prima di giungere, sorpreso, al bordo di grandi fossati. Ma che silenzio! Quanto sono belle queste pietre, indifferente materia senza ambizione, materia semplice e grande senza tempo, senza spazio.
In questi corridoi che si susseguono uno all’altro, corri, corri, altrimenti chiudono, tutto così in un pigia pigia in questa stazione dei treni. Ci sono scambi in ogni direzione, intuibili e sconosciute confessioni, impeti di lacrime e bellezze che non si possono capire, voci di altoparlanti che gridano incomprensibili parole, che vincono su abituali pudori di coppiette appartate, dove si è urtati, spintonati dai bagagli altrui e quelle voci che annunciano indifferibili partenze.
Una donna sta impedendo la salita ad una signora; è grassa come tre donne messe insieme, enorme, che non riesce ad entrare. Viene spintonata come un bagaglio, senza rispetto, ma tutto nel silenzio più assoluto. Assordante, come solo il silenzio può essere.
L’eterno dormiente che sembra così facile da raggiungere dove ci è permesso ignorare i sogni, tutto o niente di più che uno di quei lampi di calura estiva. Sempre avanti su strade ferrate con migliaia di scambi, ordinati, dove tutti trovano la loro destinazione senza ritardo: una immensa strada ferrata senza treni che ti vedi all’incontrario.
Persone che hai conosciuto che saluti e vorresti come compagni di viaggio, ma all’improvviso vengono deviati in un attimo senza un perché: in altra direzione. In quell’attimo ti vedi come se ognuno viaggiasse da solo, scomparire e ricongiungersi con altri come per magia, verso una destinazione ignota che non conosci e non li rincontrerai mai più.
Scompaiono come la luna scompariva tra le nuvole, come in un armonico inseguimento nel mondo conosciuto, dove i cicli della natura e delle generazioni, la minuziosa cognizione del dolore, dell’angoscia, della sofferenza e dell’amore: un’apparenza di normalità domestica che ti arricchisce.
Poi, subito, si complica in una infinità di piccoli rivoli di corridoi che risalgono fino a smarrirsi nell’infinito; si scoprono improvvisamente raffiche di lampi sul passato o su altri presenti e che finiscono per scavare in modo mirabile nella psiche, nell’inconscio.
Si sta rallentando, ultima fermata, binario 781. Siamo rimasti in pochi. Forse fra queste luci accecanti e uno schiaffeggiante vento si avvererà un sogno; se solo questa donna enorme ma che si muove in modo sinuoso quasi leggero mi lasciasse il passo. Si gira verso di me con un sorriso raggiante.