– Caro Gian Franco,
permettimi di scriverti ogni anno nell’anniversario della tua dolorosa morte; nella speranza di non disturbarti. Tutti i sabati, immancabilmente, estate ed inverno, ti vengo a trovare: per me è un momento molto felice. Sei stato unico; persona squisita, piena di allegria e buon senso. Non facevi distinzione tra ricchi e poveri, tra importanti e persone qualunque. Anzi, tendevi ad aiutare chi aveva più bisogno.
La mia preoccupazione, nelle mie visite settimanali, è sempre stata quella di trovare, lungo il vialetto che conduce alla tua dimora perenne, un ingorgo di politici. Quelli che magari vennero al tuo funerale con le lacrime agli occhi. Sarò io a sbagliare giorno? Magari potrei cambiare data; sarebbe bello se questi signori amministratori ti venissero a trovare.
Devo anche dire che qualche amico a Cattolica c’è: come Mario “Cagnèt”, Arduini del ristorante “Lampara” che hanno sempre espresso belle parole verso di te. Evidentemente, a Cattolica in tanti hanno perso la memoria: l’halzeimer deve aver avuto un’impennata. Ho l’impressione che la tua figura sia sbiadita troppo velocemente; forse la scomodità nel ricordarti a qualcuno dà fastidio. Penso che la tua città non solo ti dovrebbe intitolare una piazza, ma farti un monumento in bronzo.
Mi piace ricordare quando, da Riccione, di portai, avvolto in un drappo verde, il busto bronzeo di Karl Marx; una figura, Marx, dimenticata dalla storia e ricordata solo per comodità di bottega.
Lele Montanari, Riccione