LA RIFLESSIONE
di Silvio Di Giovanni
– Fin dalla primavera del 1944 mentre infuriava ancora la guerra contro il nazismo nell’Europa e, nell’Italia del centro-nord, anche contro i fascisti repubblichini di Salò, già nell’Italia meridionale i primi governi dei Comitati di Liberazione Nazionale stabilivano che, (vedi il D.L. 25 giugno 1944 n. 151 del Governo Bonomi dopo la liberazione di Roma), dopo la liberazione del suolo italiano, le forme istituzionali si dovessero scegliere attraverso un’Assemblea Costituente.
Quel decreto-legge fu successivamente modificato il 16/03/1946 N. 98 con un altro decreto col quale la decisione sulla forma istituzionale dello Stato veniva affidata al suffragio universale direttamente dal popolo mediante un referendum.
Il precedente dell’Assemblea Costituente di uno stato, che di solito ha luogo dopo grandi rivolgimenti dell’assetto politico così come, infatti, succedeva in Italia, ha degli importanti riferimenti alla storia del passato, ad esempio: – alla proclamazione d’indipendenza del Nord-America del 1776, – poi alla Convenzione di Philadelphia del 1787 con la Costituzione Federale degli Stati Uniti d’America.
Ma ancor più tangibile ed importante per l’Europa, per i suoi contenuti, giova il riferimento alla Assemblea Costituente francese con la Dichiarazione dei Diritti e la Costituzione nata dalla Rivoluzione del 1789 di cui la prima votazione a Versailles il 26 agosto dai costituenti.
Altro doveroso riferimento, con non meno importanza e con devoto dovere reverenziale alla memoria di quei “Patrioti”, quali ad esempio un nome per tutti: il giovane Goffredo Mameli, va rivolto alla Assemblea Costituente insediata a Roma il 9 febbraio 1849 con il testo del DECRETO FONDAMENTALE, in quattro articoli, ove si offrivano garanzie alla Chiesa, si proclamava il governo democratico e i rapporti con tutti gli altri stati italiani. Questa Assemblea formulava la Costituzione della generosa Repubblica Romana in otto articoli di: PRINCIPI FONDAMENTALI, poi in 66 articoli suddivisi in otto Titoli, ed alla fine in quattro Disposizioni Transitorie; (dal Campidoglio datata 1 luglio 1849); purtroppo finita nel sangue, a causa dell’intervento dei francesi teso a ripristinare l’assolutismo papale di Pio IX.
La nostra Costituzione, che poggia sui presupposti della Repubblica Romana di cent’anni prima e sull’insegnamento politico e morale della esperienza resistenziale dal 1943 al 1945, è la struttura fondamentale dello Stato Italiano con il complesso di norme e di istituti su cui esso si regge.
L’Assemblea Costituente, che è scaturita dal suffragio universale del 2 giugno 1946 che aveva liquidato la monarchia, si insediò subito a Montecitorio il 25 giugno, con il compito di elaborare la nuova carta costituzionale dello Stato Repubblicano.
Venne eletta una commissione ristretta di settantacinque membri per approntare la bozza del testo. Tra i personaggi di rilievo che la componevano si ricordano: Piero Calamandrei, Umberto Terracini, Giuseppe Dossetti, Palmiro Togliatti, Luigi Einaudi, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giorgio Amendola e tanti altri, quali eminenti figure che furono i cosiddetti Padri Fondatori di quella carta che contiene l’insieme normativo fondamentale che costituisce l’impalcatura dello Stato Italiano.
Questa Commissione, detta dei “settantacinque”, si suddivise in tre sottocommissioni di cui: – la prima per i diritti civili e politici, – la seconda per l’organizzazione e la costituzione degli organi dello Stato, – la terza per i rapporti economici e sociali.
Il lavoro dei costituenti si svolse quasi ininterrottamente fino al 22 dicembre 1947, data in cui fu approvata dall’Assemblea con 453 voti favorevoli e 62 contrari. La Costituzione fu poi promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948.
La nostra Carta Costituzionale si suddivide nei “Principi fondamentali”, che in dodici articoli definiscono i lineamenti generali della Repubblica e cioè: lo Stato democratico, la sovranità popolare, la pari dignità sociale, l’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, il diritto al lavoro, le autonomie locali, la tutela delle minoranze linguistiche, la sovranità e la reciproca indipendenza dello Stato e della Chiesa, la libertà religiosa, il diritto di asilo, il ripudio della guerra, la nostra bandiera tricolore.
Poi inizia la Parte I con i DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI, con il Titolo I, dall’art. 13 all’art. 28, che tratta dei rapporti civili; poi il Titolo II contempla i rapporti etico-sociali dall’art. 29 all’art. 34; poi al Titolo III contempla i rapporti economici dall’art. 35 all’art. 47; poi al Titolo IV tratta dei rapporti politici dall’art. 48 all’art. 54.
Abbiamo poi la Parte II che disciplina l’ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA con, al Titolo I: Il PARLAMENTO dall’art. 55 all’art. 82; poi al Titolo II il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA dall’art. 83 all’art. 91,; poi al Titolo III il GOVERNO dall’art. 92 all’art. 100; poi al Titolo IV la MAGISTRATURA dall’art. 101 all’art. 113; poi al Titolo V le REGIONI, le PROVINCIE ed i COMUNI dall’art. 114 all’art. 133; poi al Titolo VI tratta delle GARANZIE COSTITUZIONALI dall’art. 134 all’art. 139 che termina asserendo che: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.
Vi sono poi 18 articoli alla fine, scritti con i numeri romani, cioè con le lettere numerali dal I al XVIII, che trattano delle DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI tra cui quella che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e l’altra che nega, ai membri di Casa Savoia il godimento dei diritti politici e proibisce ai maschi l’ingresso nel territorio nazionale.
La nostra Costituzione Repubblicana non può essere modificata se non con una procedura nel senso della tutela dei fondamenti democratici che contiene, per il che, a maggior garanzia vi è disposta la istituzione di una Corte Costituzionale, che ha il compito di controllare la costituzionalità delle leggi che vengono emanate.
Ha un carattere democratico avanzato, riconoscendo a tutti i cittadini il godimento di tutti i diritti civili e politici di libertà, maturati ai popoli attraverso le grandi lotte rivoluzionarie del XIX secolo. Dispone particolari sulla scuola gratuita e obbligatoria (art. 34), tutela il lavoro (art. 35), tutela la retribuzione ai lavoratori (art. 36), tutela la parità delle donne lavoratrici (art.37), tutela l’assistenza ai cittadini inabili (art. 38).
Gli articoli dal 39 al 46 disciplinano l’organizzazione sindacale, il diritto di sciopero, la libera iniziativa privata, la proprietà pubblica e privata e le sue regolamentazioni, incoraggia il risparmio e controlla l’esercizio del credito (ciò ovviamente con tutti i limiti che molte norme hanno trovato sulla pratica e possibile applicazione) e sul valore, a volte soltanto programmatico e non precettivo, che di tanto in tanto veniva riconosciuto, in seguito, cioè dopo quel primo gennaio 1948. Il nostro ordinamento costituzionale ha realizzato uno Stato Repubblicano, parlamentare con due camere (Senato e Camera dei Deputati) ed un Governo che deve godere della fiducia di entrambe, le quali sono elette per cinque anni a suffragio universale.
Una grande originale innovazione, rispetto al precedente ordinamento monarchico e fascista che aveva bisogno di uno Stato accentratore e soffocatore del libero dispiegamento delle energie creatrici locali, è costituita dalla istituzione delle 20 Regioni le quali, dotate anche di un certo potere legislativo, non sono solo preposte al decentramento amministrativo, ma hanno anche il compito di trasformare lo Stato verso il soddisfacimento dei legittimi e diversi interessi degli italiani attraverso l’evoluzione della capacità di stimolare e accogliere tutte le spinte feconde e valide che sorgono dalla base del paese Italia e ciò ovviamente nella esistenza di un organico centro di potere popolare. Su questa strada, in verità, c’è ancora molto da fare e molte delle formulazioni più avanzate sono rimaste lettera morta per molti anni.
Tuttavia si può scorgere in questo mirabile testo tutto l’entusiasmo e la forza dirompente che è scaturita dall’animo di quei “costituenti” con un vero e proprio “Patto Nazionale” nel quale confluirono le tre grandi forze politiche, portatrici del riscatto alla vergogna del fascismo e della negletta monarchia, quelle tre grandi ventate storiche che sono il pensiero: Liberale, Cattolico e Socialcomunista, confluite assieme dalla eredità, dopo la immane tragedia della guerra, della comune matrice, diretta ed indiretta, della ormai conclusa e gloriosa pagina della Resistenza.