L’economia reale è in una fase di riflessione ma era così già da mesi
L’INCHIESTA
– Se il crack finanziario mondiale significa andare in giro per il mondo a rastrellare risparmio e ricchezze facendo girare scatoloni col nulla ma infiochettati con i colori più ammalianti del mondo, dimenticando che soltanto Uno è riuscito a moltiplicare pani e pesci e qualcuno è pure scettico, la banca locale esce decisamente rafforzata dalla crisi di carta che sta toccando anche quella reale; il sistema produttivo della provincia di Rimini sta rallentando, soprattutto nella meccanica.
Come leggere la fotografia economica di oggi? “Certamente – racconta Luigi Sartoni, direttore generale della Banca Popolare Valconca – siamo in una fase di crisi; è indubbio. Non sono né pessimista, né drastico, probabilmente davanti abbiamo un ciclo di stagnazione. Però non farei grosse tragedie, la storia economica è tempestata da momenti di crescita ai quali seguono i deflussi. Non è scoppiata una guerra. Tutto sommato siamo quelli di sei mesi fa, forse dovremo cambiare qualche abitudine. Chi parla di crisi del ’29 esagera. Il contesto è nettamente diverso. E’ sufficiente pensare ai mezzi di comunicazione, alla globalizzazione dei mercati, alle interconnessioni. Nel ’29 non si girava il mondo e metà dell’Italia non aveva l’energia elettrica”.
“Da questi fatti accaduti – continua Sartoni – e che stanno accadendo emergono due elementi. Il primo, che certe rigide regole italiane, viste dalle altre nazioni europee come lacci e lacciuoli, hanno invece una loro validità ed hanno tutelato il mercato ed il risparmiatore. Insomma, meno male che il sistema italiano fosse indietro di 10 anni.
Il secondo elemento è che la banca tradizionale, quella legata all’economia reale, ne esce bene da queste vicende. Ed è il caso del nostro istituto di credito. Non abbiamo un solo euro investiti in derivati, subprime, o titoli che hanno avuto problemi negli ultimi mesi. Abbiamo fatto la scelta di puntare sull’economia vera rispetto alla finanza. E sono tutte scelte effettuate molti anni fa e non ieri. Più in generale, il sistema bancario italiano è solido, con le banche piccole che ne escono rafforzate. Fino a pochi anni fa sembrava il contrario, che le piccole dovessero essere spazzate via”.
Ma quale relazione esiste tra la finanza e l’economia produttiva? Sartoni: “L’economia vera è in una fase di riflessione, non per lo scossone, ma era così già da molti mesi. Queste vicende hanno generato reazioni psicologiche irrazionali. C’è gente che non dorme la notte quando gli vai a toccare i soldi. Nello scenario mondiale se le materie prime diminuiscono, ritorna una certa capacità di spesa del privato. Quello che sta avvenendo non è una tragedia, abbiamo avuto altre crisi negli ultimi due decenni: nell’84 e nel ’92-’93. Sono cicli che provocano assestamenti, modifiche e nuovi equilibri, è indubbio”.
Fausto Caldari, presidente della Banca di Credito Cooperativo di Gradara, 16 filiali equamente divise tra le province di Pesaro e Rimini, sottolinea il fondamento della piccola banca. Afferma: “Non dimentichiamo che c’è una crisi economica e finanziaria, però la banca locale esce rinforzata nella misura in cui sono davvero locali, nella misura in cui vanno in mezzo alla gente. La banca locale vera è quella che raccoglie il risparmio per poi reinvestirlo sul territorio. Che opera per il suo vantaggio, che mette l’uomo al centro e non fa finanza. Non fa finanza cosiddetta sofisticata e creativa.
Soprattutto la vera banca locale non deve subire contraccolpi dalle gestioni finanziarie; gli unici contraccolpi possono giungere da eventuali insolvenze delle aziende locali in caso di scarsa liquidità.”
“In questo momento – continua Caldari – la banca locale si rafforza. La gente su rende conto che la banca locale significa avere a che fare tutti i giorni con gli amministratori che conosce ed incontra per strada. Ed è un rapporto molto stretto, ci si guarda negli occhi. C’è conoscenza diretta, stima, reciprocità. Insomma, gli amministratori della banca locale non riesce a nascondersi e non puoi parlare di altro. Poi le banche di credito cooperativo sono mutualistiche per natura, non fanno finanza, ma intrecciano un rapporto socio-economico con il loro territorio. In questi mesi di forte incertezza, la banca locale sono state un porto sicuro per il cliente spaventato e spaesato da una situazione convulsa e con tutta franchezza davvero poco chiara”.
Il chimico Lavoisier disse che nulla si crea, nulla si distrugge, ma la ricchezza “sparita” dov’è finita? Sartoni: “Con i subprime ci hanno guadagnato i costruttori dato che erano titoli legati al mattone americano”.
“Tutte le crisi – continua Sartoni – ci devono insegnare qualcosa. Da questa si evince che devono emergere regole diverse per la finanza. Stiamo pagando il fatto che c’è un paese che detta le regole, gli Stati Uniti e le monarchie non vanno mai bene. Il cataclisma è nato da una finanza lontana dall’economia reale, legata alla speculazione. La lezione è che non si può lasciare il mondo in mano ad una nazione, per quanto potente, per quanto grande”.
di Francesco Toti
Caldari Bcc Gradara: “Esce rinforzata nella misura in cui è davvero locale, nella misura in cui va in mezzo alla gente. Quella vera è quella che raccoglie il risparmio per poi reinvestirlo sul territorio. Che opera per il suo vantaggio, e non fa finanza”
Sartoni: “La banca tradizionale, quella legata all’economia reale, ne esce bene. Ed è il caso del nostro istituto di credito. Non abbiamo un solo euro investiti in derivati, subprime, o titoli che hanno avuto problemi”
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IL PUNTO
– La bolla è scoppiata! La crisi finanziaria da qualcuno paventata, o quasi prevista, è arrivata.
Non c’è ovviamente da essere contenti o soddisfatti, neppure quelli che cominciavano a dire: chissà se durerà ancora per molto.
Che, soprattutto negli Stati Uniti, si lavorasse troppo sulla finanza e sulla creatività vuota, era ormai evidente. Le obbligazioni e i fondi “spazzatura” (parola che da sola dovrebbe mettere paura) i mutui “subprime” (cioè con garanzie scarse) alcune cartolarizzazioni particolari (quelle che trasformavano la “spazzatura” in soldi veri, di altri però) e altre amenità del genere cominciavano a destare qualche perplessità.
Qualche interrogativo.
Qualcuno cominciava a pensare che la finanza è nata per essere di aiuto alla economia reale (quella per intenderci che produce beni o servizi concreti) e, se diventa fine a se stessa, produce spesso disastri.
Oggi è successo, adesso tutti lo sanno.
E dovrebbero avere imparato, anche altre cose, per esempio che la coscienza, il buon senso, l’intelligenza delle persone non si possono sostituire né con le Società di revisione (Parmalat docet) né con le Agenzie di rating (Lehman Brothers docet).
Quando il concetto di bene comune viene dimenticato e vilipeso, quando si pensa solo al risultato immediato (la trimestrale) a qualsiasi costo, prima o poi i nodi vengono al pettine.
E sono arrivati.
Cosa succederà alla nostra economia locale? Se la crisi di fiducia che si è aperta, un po’ anche amplificata dai mezzi di informazione, durerà poco e, sia pure su alcune basi nuove, si ricomincia a lavorare seriamente gli effetti potrebbero essere modesti.
Certamente molta gente ha preso paura, si chiede cosa succederà e nel frattempo riduce i consumi, sta a vedere, aspetta.
Se si riducono solo i consumi, e non anche gli investimenti produttivi, gli effetti potrebbero essere limitati e magari anche positivi.
La riduzione di alcune spese non indispensabili: telefonini, messaggini, palestra, qualche giro in più in bici anziché in macchina, qualche “gratta e vinci” in meno, tanto si perde sempre, e altri piccoli accorgimenti possono aiutare ad arrivare meglio a fine mese e non produrrebbero danni irreversibili all’economia locale.
E i risparmiatori? Possono stare tranquilli? Personalmente direi di sì.
Il nostro sistema bancario è solido, le esagerazioni americane in Italia non si sono ripetute, i provvedimenti presi hanno inteso portare fiducia a tutti e se la fiducia non scompare (e a mio avviso non ci sono motivi perché scompaia) tutto potrebbe finire anche abbastanza velocemente.
Certo qualcosa per qualcuno cambierà, ed è giusto che sia così.
Mi viene in mente che quando scoppiò lo scandalo “Tangentopoli” la direttrice del negozio Alberta Ferretti di via Montenapoleone a Milano mi diceva: “Vanzini qui è diventato un deserto, fino a pochi mesi fa venivano clienti della Milanobene con borsette piene di banconote che acquistavano con molta facilità adesso sono scomparse tutte. Per qualcuna si è seccata la fonte di approvvigionamento, altre non vogliono più farsi vedere”.
di Gianfranco Vanzini
Consigliere d’amministrazione della Carim, già direttore generale Aeffe
Crisi strana, fatta di carta su carta
Un meccanismo (in uso anche nell’economia locale) che finanzia il debito per produrre la crescita, così che alla fine tutti abbiano il loro guadagno
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Il Pil mondiale dall’80 al 2007 è cresciuto di 6 volte, ma l’uomo mosso da eccessi puri come avidità e paura, non ha capito che un sistema creditizio eccessivo potesse implodere. Al momento la crisi è finanziaria e non reale
IL PUNTO DI VISTA
di Renzo Bartolini*
– Cosa è successo nel mondo della finanza e dell’economia? Cosa ci ha portato fin qui?
Sì perché è chiaro che questa crisi non è una crisi come le altre. E’ una crisi fatta di carta su carta, quella della cosidetta “finanza creativa”. Un meccanismo (molto in uso anche nella nostra economia locale) che finanzia il debito per produrre la crescita, così che alla fine tutti abbiano il loro guadagno, compreso l’utilizzatore finale che avrà la sua casa. Questo modello ha permesso la crescita per svariati decenni, soprattutto negli ultimi anni, facendo sì che a livello mondiale dall’80 al 2007 il Pil (Prodotto interno lordo) mondiale è aumentato 6 (sei) volte! In questa situazione paradisiaca per le imprese, le Banche non hanno saputo mantenere il loro ruolo primario che è quello di finanziare, erogando liquidità, ma mosse dall’avidità di facili guadagni hanno adottato dei modelli di finanza stile “Las Vegas”.
Ecco oggi tutto questo è crollato come un castello di carte. L’uomo è mosso fondamentalmente da due sentimenti primari l’avidità e la paura; eccessi puri!
L’avidità ha fatto pensare in una logica di euforia che il valore degli immobili crescesse all’infinito; ed invece anche il valore degli immobili segue un suo ciclo economico che, visto la natura del bene, è solo di un intervallo più lungo come numero di anni rispetto ad altri strumenti; si sono concessi così mutui che prevedevano l’incremento costante del valore dell’immobile risultando a volte superiori al valore reale (che è poi quello che fa il mercato) per poi cedere a terzi i crediti di tali mutui,tramite la cartolarizzazione (cioè vendendo alla fine obbligazioni) per poter rientrare in possesso di liquidità il più presto possibile e rifare il “giochino” da capo quante più volte possibile. In questo clima di euforia generale e in una sorta di leggerezza generalizzata sia delle imprese che delle persone addette, non si è capito che in questo modo il sistema creditizio una volta stressato poteva implodere.
Il sistema finanziario in un momento estremamente favorevole ha perso la coscienza del limite. In questa crisi finanziaria (ricordo che tale è la crisi e non economica, almeno ad oggi) le “famigerate” banche di investimenti, Lehman Brothers in testa, hanno cominciato a vendere tutti i crediti che vantavano, come dicevamo, cartolarizzando; vendendo le obbligazioni non-quotate, cioè senza quotazione sul mercato, e una cosa che non è sul mercato e non si sa quanto ufficialmente valga, non è trasparente come prodotto finanziario: dà più rischio e necessita di molte più verifiche per poter essere commercializzato.
Un altro esempio chiarificatore di tale sistema “drogato” è che ogni giorno al mondo vengono commercializzati, che vuol dire venduti e comprati (economia reale) più di 800 milioni di barili di petrolio. Bene, i “derivati”, cioè la carta (finanza creativa) su cui si scommette quanto puo’ valere il petrolio, se cresce o se calerà sono il doppio cioè circa 1 miliardo e mezzo. Semplificando è come se il doppio delle persone che entrano per comprare in qualsiasi negozio stessero fuori a scommettere quanti clienti entreranno o quanti articoli si venderanno, senza valutare che l’economia cresce e prospera se invece in quel negozio (mercato) si entra e si compra. Si capisce bene che il pericolo c’è stato e tutt’ora non ne siamo del tutto fuori. L’onda anomala si è propagata dagli Stati Uniti al resto del mondo e perciò anche all’Europa e all’Italia (e a San Marino?). Questa crisi ci dovrà portare a cambiamenti nel profondo del sistema, perché essa è scaturita da illusioni su fasi di crescita perpetua e da illusioni che speculando sui risparmi si potessero far soldi più velocemente e più semplicemente, senza neanche dare un apporto all’economia reale, cioè al mondo in cui viviamo tutti i giorni. Il risparmio deve “lavorare” e far lavorare a sua volta perciò: non fare speculazione, ma neanche rimanere sempre in liquidità, che sono poi avidità e paura. Le soluzioni non sono immediate, vanno per tentativi, in quanto ogni crisi è diversa da un’altra ed è come cercare l’interruttore in una stanza buia (abbiamo paura, ma in fondo dobbiamo solo accendere la luce per esorcizzarla). I tentativi a volte possono essere sbagliati vedi ad esempio la Bce (Banca centrale europea) che l’estate scorsa ha alzato i tassi di interesse andando contro la situazione reale, per poi fare il contrario, abbassarli, qualche giorno fa e si ripeterà tra poco.
Allora legatevi come Ulisse all’albero della nave, quando le sirene dei mass-media vi parleranno di miliardi bruciati e vi bombarderanno di negatività e resistete. Tenete duro nel “between”, nel durante da ora fino ad allora; e, se oggi, guardiamo le opportunità da cogliere, tra qualche anno potremo sicuramente beneficiarne.
*Consulente nella Gestione del Risparmio. Iscritto all’Albo P.F. con delibera Consob n°15987
CONSIGLIO
Risparmiatore, investimenti non speculativi
– Come difendere il proprio risparmio? Risponde Sartoni, direttore generale della Banca Popolare Valconca: “Per difendere il proprio risparmio e voler essere sicuri di stare sufficientemente tutelati, si devono scegliere investimenti non speculativi. Il deposito bancario è sicuro grazie al Fondo di tutela di deposito che risale al 1987. Il Fondo è una iniziativa volontaria delle banche; negli Stati Uniti non esiste. Storicamente, dal 1929, nessuna banca è mai fallita, grazie agli interventi degli altri istituti, del ministero del Tesoro e della Banca d’Italia”.