“31 dicembre è una data di un’eloquenza spaventosa: sembra quasi un monito, un dito puntato che ci intima di attivarci, di correre qua e là, e di organizzare la festa, di comprare lo spumante e spedire gli inviti. Il dovere di festeggiare, appunto… anche nella patria del divertimento, divertirsi deve essere un piacere”
– Il dovere di festeggiare. Non neghiamolo, per quasi un anno viviamo ignorando la fatidica data, e i giorni scorrono a grandi balzi sul calendario, e in un attimo l’ultimo di essi si profila all’orizzonte, dietro la coltre di abeti e luci festive nella fresca nebbiolina di dicembre, e solo allora ci accorgiamo di essere stati così impegnati a spendere il nostro tempo da dimenticare che esso in effetti ci stava sfuggendo di mano.
31 dicembre è una data di un’eloquenza spaventosa: sembra quasi un monito, un dito puntato che ci intima di attivarci, di correre qua e là, e di organizzare la festa, di comprare lo spumante e spedire gli inviti. Il dovere di festeggiare, appunto. E con questo peso che le grava sul collo, la nostra riviera si prepara come di consueto a riempire la notte di clacson, di petardi e di tappi di bottiglia.
Per quanto riguarda i giovani, quelli che forse più di tutti avvertono questa ineluttabile esigenza, c’è il grande party del Boulevard. Lo staff è quello del Palaterme di Riccione, che l’anno scorso attirò una fiumana esagerata di gente. Poi non bisogna scordarsi delle classiche discoteche sui colli fra Misano e Riccione: abbiamo il Prince, con il suo fritto misto di atmosfere notti di Ibiza e il tintinnio galante dei bicchieri alla cena di gala; l’Echoes, che propone un non meglio identificato take a walk on the wild side, una camminata (dicono loro) oltre le solite barriere, il Pascià che offre cenone e tutto il resto, la Mecca di Rimini che mira al cuore degli alternativi, con musica afro e banchetto di kebab, sicura che nessun musulmano verrà a lamentarsi della eventuale scarsa qualità di quest’ultimo.
Ma l’imperativo categorico non riguarda solamente i meno in là con gli anni: da Cattolica a Rimini la riviera è destinata ad assumere le sembianze di un gigantesco pentolone traboccante di chiacchiere e boati. In piazza Fellini, a Rimini, sbarca il solito squadrone Rai Carlo Conti che fa il countdown con lo spumante ben saldo, giusto per intenderci che, nonostante la presenza di ospiti del calibro dei Sister Sledge, risulta inevitabilmente stantio nel sapore e nei contenuti.
Le altre grandi piazze della provincia, invece, saranno una grande sarabanda di intrattenimento gratuito e fruibile da tutti: musica, spettacoli e gli immancabili fuochi d’artificio a tingere il blu di questa notte. Insomma, ovunque proviamo a gettare l’occhio, punzecchiati sicuramente da quella data che echeggia minacciosa nelle nostre teste, scorgiamo trastulli e drappi gioiosi in abbondanza. Ma perché, almeno una volta, non girare le spalle al dovere? Perché non smetterla di sudare freddo ogni volta che lo sguardo ci cade sul calendario, facendoci correre il pensiero alla tanto sospirata notte, nello stressante sforzo di elaborare il modo più spettacolare di coronare la fine dell’anno? Potremmo cercare di assomigliare a un personaggio di Nicolò Ammaniti, che nel racconto L’ultimo capodanno dell’umanità profetizza per sé una chiusura di anno all’insegna dell’ascetismo e dalla fuga da ogni divertimento. Perché in fondo, anche nella patria del divertimento, divertirsi deve essere un piacere e non un obbligo.
di Loris Muccioli Studente del Liceo Volta, Riccione