Riflessioni dei presidenti delle associazioni di categoria della provincia di Rimini
Un’impresa ogni 9 abitanti
– Al quinto posto in Italia per tasso di imprenditorialità. Questa è la provincia di Rimini: un’impresa ogni 9 abitanti, che in totale fanno oltre 33.619 (più 0,6% rispetto al 2006). Erano 31.000 nel 2002.
Ricchezza: 8,27 miliardi
– La provincia di Rimini è l’11^ per ricchezza in Italia. Nel 2006 ha prodotto beni e servizi (Pil) per 8,27 miliardi di euro (più 2,8% rispetto al 2005). Nel 2005 erano 8,04 miliardi (più 4,2%) sul 2004.
Export, sono in 521
– La provincia di Rimini ha 521 imprese che esportano, il 35,7% fatturano tra i 500.000 ed i 2,5 milioni di euro. Ultimi per valore della Regione. Nel primo semestre 2007 ha esportato per 722 milioni di euro (Più 5,8%).
La produzione è cresciuta del 2,2 per cento rispetto all’anno precedente; il fatturato del 2,1%, gli ordinativi del 2,1%. Mentre l’export ha fatto segnare un più 3,9%, quasi in linea con i dati regionali. Gli impianti sono utilizzati al 75 per cento delle potenzialità
LE INTERVISTE
– Marco Celli, titolare di Cem Industries è sempre con la valigia in mano, in giro per il mondo per cercare di vendere i suoi impianti per spillare birra, bibite, ed erogatori di acqua. L’estero vale l’85%. Bruno Bargellini, titolare di Top Automazioni di Poggio Berni, ha iniziato ad esportare le sue macchine nel 2003; oggi, l’estero vale il 40 per cento della sua produzione. Sono solo due dei 600 esempi, tante sono le imprese riminesi che esportano nel mondo.
I numeri 2007 alla voce esportazioni affermano: più 5,8 per cento, pari a 722 milioni di euro. Erano 515,1 milioni nel 2003. Cresce l’export provinciale nei primi sei mesi del 2007, ma meno rispetto alla media regionale (più 12,6%), quella del Nord Est (10,7) e Italia (11,6).
Ma sempre più aziende davanti alla scelta: o nuovi mercati, o un lento declino, hanno sterzato per la prima soluzione. E’ la sintesi del 14° rapporto economico annuale della Camera di Commercio di Rimini, presentato lo scorso aprile, con ospite d’eccezione Pier Luigi Celli, riminese, già presidente d’azienda, già direttore generale della Rai, attualmente presidente dell’Università Luiss di Roma.
Il dato va visto all’interno delle caratteristiche economiche della provincia, dove il turismo ed i servizi hanno un ruolo fondamentale. Ma negli anni le esportazioni del nostro territorio stanno avendo un autentico boom. Nel 2006 ci fu un poderoso balzo in avanti: più 15,6 per cento.
I dati che gettano luce sulla dinamica dell’industria di Rimini coprono i primi tre trimestri: da gennaio a settembre.
La produzione è cresciuta del 2,2 per cento rispetto all’anno precedente; il fatturato del 2,1%, gli ordinativi del 2,1%. Mentre l’export ha fatto segnare un più 3,9%, quasi in linea con i dati regionali.
Il primo trimestre aveva lasciato intravedere un anno migliore. Infatti, nel primi tre mesi la produzione, il fatturato, gli ordinativi erano sopra il 3 per cento. Con le esportazioni a più 6,1 per cento. Nel resto dell’anno invece c’è stato un rallentamento. Rispetto all’anno precedente però gli impianti sono utilizzati allo stesso livello, 74,9.
Bruno Bargellini, è il presidente di Api (Associazione della piccola e media industria della provincia di Rimini), nonché titolare di Top Automazioni, 54 addetti, azienda metalmeccanica della Valmarecchia che produce caricatori per barre per torni. La sua azienda, ha iniziato ad esportare nel 2003. Dopo 5 anni, all’estero vende il 40 per cento delle sue macchine. Ogni anno, si presenta a circa 25 fiere; anche tre in un mese. Argomenta: “La situazione a livello nazionale e internazionale è imbarazzante. Dall’inizio dell’anno, c’è una forte frenata in gran parte da imputare all’Euro. Si fa fatica ad essere competitivi in America, Medio Oriente e nell’Europa dell’Est. Chi fa altre riflessioni, racconta delle barzellette”.
“Invece – continua Bargellini – la situazione industriale nel Riminese mi sembra buona; questo perché la maggioranza delle aziende sono innovative e negli ultimi anni hanno iniziato ad esportare. Soprattutto agli inizi degli anni 2000. Per essere più competitivi, a livello concreto, la politica deve riportare il cambio dell’Euro a livelli normali, con il sindacato che è chiamato ad una politica più moderna, più flessibile. A fare cose importanti. Alla politica chiediamo una mano ad andare all’estero alle fiere. Sono del parere che la produzione deve restare in casa nostra; se resta, resta la ricchezza. E’ il lavoro che crea ricchezza”.
Salvatore Bugli, è il direttore di Cna della provincia di Rimini. Ecco, la sua opinione: “Registriamo una situazione di sostanziale tenuta. Ci sono degli indicatori economici che devono però preoccuparci all’interno di un territorio competitivo come il nostro. L’edilizia e l’impiantistica vivono un momento di grandi difficoltà; con 3.000 imprese è un settore importante. Difficoltà anche per altri settori come tessile-abbigliamento. Mentre si riscontra tenuta e crescita nel turismo e nel fieristico-congressuale. La meccanica sembra tenere, dove c’è in atto una grossa ristrutturazione. Cosa che si sta tramutando in una maggiore capacità di esportare. Affinché la nostra economia possa reggere il peso della concorrenza, c’è la necessità di un forte dialogo tra la comunità politica, la comunità economica e le associazioni di categoria. Solo un territorio forte aiuta la crescita”.
“Dall’altra parte – prosegue nella sua fotografia Bugli – si esporta anche se la domanda locale è alta. Domanda che fa assorbire una bella fetta della produzione delle nostre imprese. Grazie al traino dell’Scm il nostro comparto produttivo è cresciuto ed ha avuto la forza e capacità di esportare. Oggi, iniziano a tastare l’estero anche aziende piccole. E non solo. C’è un’impresa di Santarcangelo che vende zanzariere in 13 nazioni, o la Umpi di Cattolica che è presente con la sua tecnologia in 20 nazioni. Un’opportunità forte per la piccola e media impresa del Riminese saranno le Olimpiadi invernali di Soci, la città russa gemellata con Rimini. Attorno alla carta Soci si stanno aggregando molte imprese. Era prevedibile una cosa simile? Per noi è autentica fortuna”.
Mauro Gardenghi è il segretario della Confartigianato provinciale. Legge la fotografia: “Le imprese vivono un contesto di generale difficoltà, sia a livello interno, sia a livello internazionale. C’è una crisi finanziaria, di liquidità, difficoltà per il costo dell’energia. Ai quali si aggiungono i bassi salari, che a loro volta si traducono in bassi consumi. Il Pil (Prodotto interno lordo) cresce di poco e Rimini non si sottrae. Il nostro turismo batte in testa, ma è sempre meglio che niente. La prossima stagione si annuncia piena di incognite; dipenderà dal tempo, dalla qualità delle acque, al di là di quello che si potrà fare a livello individuale. Poi, il fermo del prezzo degli immobili è un altro indicatore non positivo. Per il 2008/2009, la crisi nazionale toccherà anche il nostro settore produttivo”.
Fabrizio Moretti, titolare della Mp, media azienda che produce vernici, Viserba, è il presidente di Cna Piccola Industria. Il suo punto di osservazione: “Il momento non è eccellente. Si riscontra a livello locale e nazionale una forte crisi di liquidità, soprattutto per le imprese legate al comparto edilizio, che viene da almeno 15 anni floridi e di sviluppo. Dal comparto si ripercuotono problemi a caduta. Poi abbiamo una certa sottocapitalizzazione delle imprese, dovuta alla poca lungimiranza sugli investimenti degli utili. L’altra debolezza della nostra provincia è che sulla partita export siamo un po’ il fanalino di coda della regione.
In tutto questo però si trovano momenti di grande eccellenza; aziende che fanno fatturati interessanti sull’estero, anche con manufatti innovativi.
Sono anche del parere che il Sistema-Paese, potrebbe fare molte cose che non fa per le piccole imprese: aiutare con incentivi chi innova; aiutare chi va all’estero; far funzionare la Camera di Commercio all’estero che ci sono ma sono solo marchi: carrozzoni che ci costano e che non servano a nulla”.
Giancarlo Ciaroni, presidente della Legacoop della provincia di Rimini forte di 150 associati, 5.000 occupati, 70.000 soci e 700 milioni di euro di fatturato: “Le nostre associate hanno chiuso abbastanza bene il 2007. Tuttavia ci sono alcuni segnali che non possiamo trascurare, ampliate dai costi dell’energia, come per l’agricoltura, l’autotrasporto, la pesca. Segni di rallentamento per l’attività immobiliare, che ha problemi specifici dopo un lungo periodo di boom. A tutto questo va aggiunto il clima di sfiducia, che va ad incidere anche nel sistema economico”.
Roberto Brolli, direttore provinciale delle Confcooperative, 160 imprese, 22.000 soci, fatturato 220 milioni per 3.357: “Il nostro è un percorso positivo che dura da almeno 4 anni e coinvolge tutti i nostri settori. Credo che il sistema cooperativo abbia tenuto meglio, perché abbiamo delle peculiarità, abbiamo un rapporto diretto che si potrebbe sintetizzare nella sussidiarietà, concertazione. E’ un modello che dà delle risposte. Per entrare nello specifico, abbiamo ottenuto una buona crescita nell’abitazione, nei servizi e nel sociale. Inoltre, abbiamo costituito una decina di nuove cooperative nel 2007”.
Maurizio Focchi, presidente di Confindustria: “Vediamo con soddisfazione che da vari anni l’economia della provincia di Rimini tiene il passo a dimostrazione del fatto che nel nostro territorio l’attività manifatturiera ed i servizi ad essa collegati sono sempre più importanti.
Un fatto che non deve essere letto in contrasto con l’industria dell’ospitalità, ma come stimolo di coesione affinché i diversi settori possano viaggiare insieme verso un obiettivo comune.
Nonostante le previsioni per il 2008 siano in chiaroscuro, le prospettive per il futuro sono comunque confortanti. Lo si evince anche dai dati della nostra ultima indagine congiunturale che danno un secondo semestre 2007 in tenuta e previsioni di crescita dei primi mesi 2008 in rallentamento, comunque con un nutrito gruppo di imprenditori (oltre il 37%) che annuncia un aumento della produzione. L’indagine rileva che nel 2007 la spesa per investimenti effettuata dal settore manifatturiero nel suo complesso è stata pari al 2,7% del fatturato con un aumento del 19% rispetto l’anno precedente. Precondizione per continuare nella crescita, supportata anche da una sempre maggiore propensione all’internazionalizzazione”.
“Pe andare all’estero – continua Focchi – occorre cambiare mentalità. L’Europa deve essere vista come il nostro mercato interno, mentre il mondo come il mercato globale di riferimento. Molte delle nostre aziende, che in questi anni abbiamo accompagnato per mano verso la conoscenza e la conquista dei mercati internazionali, lo hanno capito da tempo.
Nel 2007 è cresciuto il numero di nostre aziende che hanno deciso di intensificare la propria spinta all’internazionalizzazione integrando attività di import ed export (55 pari al 54,4% nel 2007, 49 pari al 51,6% nel 2006) e le aziende che fanno solo export (42, pari al 41,6% nel 2007, 40- 42,1% nel 2006). Una crescita in cui si nota una minore percezione degli ostacoli all’internazionalizzazione a dimostrazione di una maggiore esperienza e competenza delle imprese nella gestione delle proprie attività con l’estero, raggiunta anche grazie all’aiuto dato dall’intensa attività dell’ufficio export-internazionalizzazione di Confindustria Rimini”.
“La poltica – chiude Focchi – sul piano nazionale deve modernizzare la struttura dello Stato, oggi troppo complicata. Perché, citando il presidente di Confindustria Montezemolo ‘anche i migliori piloti di Formula Uno senza una macchina con un motore valido non possono vincere’. A livello locale bisogna cambiare mentalità affinché la politica locale supporti la crescita delle nostre aziende. In particolare è necessario migliorare le infrastrutture e semplificare la burocrazia.
Con l’impegno delle imprese e delle organizzazioni sindacali occorre garantire una coesione sociale sempre più alta. Come focus bisogna avere formazione, cultura ed università perché solo facendo crescere il patrimonio del capitale umano si può veramente competere ed essere vincenti”.
I NUMERI
Forza lavoro: 153.000
– Ecco gli indicatori economici fondamentali della provincia di Rimini nel 2007.
Popolazione: 290.000
Occupati: 136.000 (45,3%)
Disoccupati: 5.000 (3,5%)
Occupati agricoltura: 4.000
Occupati industria: 24.000
Occupati edilizia: 10.000
Occupati terziario: 115.000
Esportazioni: 1,49*
Importazioni: 0,59*
Ricchezza prodotta: 7,86*
Agricoltura: 0,138*
Industria: 1,2*
Edilizia: 0,480*
Terziario: 5.97*
*In miliardi di euro
Fonte (Prometeia)
CURIOSITA’
Camera di Commercio di Hong Kong,
450 imprese italiane 40 associate
– “Faccio una mail all’Ice (Istituto del commercio estero) e mi rispondono dopo un mese; quando avevo già fatto. Mentre da 3-4 mesi, ho perso il conto, sono in attesa che l’Ice di Dubai risponda”. Lorenzo Bianchi, 33 anni, è un giovane imprenditore di Gemmano che ha costruito insieme ad un gruppo di amici una società che vorrebbe sviluppare commerci ed affari con l’Estremo Oriente, avendo come testa di ponte Hong Kong. E’ appena tornato da un viaggio di affari. Ecco le sue riflessioni: “A Hong Kong ci sono 450 imprese italiane e solo 40 sono associate alla locale Camera di Commercio italiana di Hong Kong; uno stanzino misero con un direttore e due addetti. Ho visitato la Camera di Commercio tedesca a Hong Kong, é sontuosa ed efficiente. E tutte, proprio tutte le aziende tedesche vi sono iscritte. Io per andare in Cina mi sono appoggiato a due associazioni private: la Sviluppo Cina con sede a Milano e Invest Hong Kong”. Agli imprenditori italiani manca il sistema paese. Manca uno Stato efficiente al servizio delle imprese. Berlusconi, che è un imprenditore, dovrebbe almeno fare questo”.
Cem, all’estero l’85 per cento dei ricavi
Produce impianti per spillare birra, bibite gassate ed erogatori che microfiltrano l’acqua
Fondata nell’97, all’estero da 9 anni, ha alle spalle un’esperienza trentennale. Ufficio a San Pietroburgo (Russia). Da due anni accordo con il gigante svedese Electrolux. Dietro c’è la famiglia Celli. Afferma Marco: “Il futuro dell’economia si giocherà sulle sponde dell’Oceano Pacifico”. E’ appena tornato da una fiera a Singapore, dove sono stati trovati due rivenditori: India e Vietnam
L’AZIENDA
– Piccole e medie imprese scoppiettanti; in giro per il mondo in cerca di spazi ed opportunità. Sei giorni di fiera a Singapore, dove sono stati conclusi buoni contatti: trovati rivenditori per l’India e per il Vietnam. Il riminese Marco Celli è tornato lo scorso 27 aprile. Era la sua prima volta. In Estremo Oriente ha portato gli impianti per spillare birra, bibite, vino ed erogatori per acqua microfiltrata, che rappresentano quel mix di tecnologia e di design tipico del Made in Italy che tanto piace agli stranieri.
L’azienda di famiglia si chiama Cem Industries. Sede a Tavullia, fondata nel ’97, ma con alle spalle un’esperienza trentennale, è altamente esposta nei mercati mondiale. L’85% dei ricavi vengono fatti all’estero. Ha un ufficio a San Pietroburgo, Russia. Ed ora si sta rivolgendo al Nord e Sud America.
“Fin dalla nostra nascita – argomenta Marco Celli – abbiamo puntato tutto sull’internazionalizzazione per il nostro prodotto. I primi passi li abbiamo fatti già 9 anni fa. E siamo molto soddisfatti. Sono fermamente convinto che il futuro si gioca sulle sponde del Pacifico”.
Crescita del 17% nel 2007, il primo trimestre del 2008 è stato eccezionale, con un più 40 per cento nei ricavi.
A chi gli chiede quali sono le difficoltà più grosse per chi va all’estero, risponde: “Nel nostro settore sono le normative tecniche rispetto all’Italia. Per quel che ci riguarda la lingua non è un problema; con l’inglese si va dappertutto. L’Italia agli stranieri piace. Ad esempio, quando sono in Russia, ci vado almeno ogni mese e mezzo, oltre che di lavoro, si discute della politica nostrana. I russi conoscono benissimo Berlusconi e Veltroni”.
Cem Industries si muove sui mercati e alle fiere da sola. Celli: “Andiamo da soli perché le istituzioni che si occupano del commercio estero sono troppo burocratiche; noi spesso decidiamo di partire anche all’ultimo momento. Credo che gli imprenditori avrebbero bisogno di strutture statali più laiche, più snelle. Che ci seguissero in tutto. Però tutto questo, dal mio punto di vista, manca”.
Sul futuro dell’economia ha la sua opinione: “L’aria che tira non è bellissima. Credo che per almeno 2-3 anni soffriremo ancora, causa il malgoverno degli ultimi anni. I politici affermano che le piccole e le medie imprese sono la spina dorsale del Paese, ma che cosa fanno per aiutarle? Ora credo che abbiano capito; se non aiutano le imprese, la ricchezza non si crea ed il Paese arretra. Sono anche del parere che i finanziamenti alle imprese non debbano essere legati al quotidiano, ma che vadano dati a chi investe. A chi innova. Le imprese sono chiamate ad innovare i prodotti, i processi, a tentare la carta di mercati”.
Da due anni, Cem Industries ha stipulato un accordo con l’Electrolux, azienda svedese leader mondiale nella produzione di elettrodomestici per la casa. Ad Eurocucine, a Milano, hanno appena presentato apparecchiature per incasso che erogano acqua, coca, birra, ghiaccio. Sono brevettate.
L’INTERVISTA
Temeroli: “Quanta fatica portare le aziende all’estero”
Il segretario della Camera di Commercio della provincia di Rimini, rilancia: “Ci rivolgiamo soprattutto alle imprese sotto i 10 dipendenti. All’ultimo momento si sfilano dalle missioni”
– Se le imprese lamentano la poca attenzione che ricevono dalle Camere di commercio, dall’Ice (Istituto del commercio estero), dalle ambasciate, Maurizio Temeroli, segretario della Camera di Commercio di Rimini, contrattacca: “Io mi lamento degli imprenditori, che prima si candidano per le missioni all’estero e poi si sfilano. Come Camera di Commercio ci rivolgiamo alla piccola impresa, quella sotto i 10 addetti, che poi rappresenta il 97% del tessuto produttivo della nostra provincia. Organizziamo delle missioni all’estero; prima si candidano e poi, all’ultimo momento fanno marcia indietro”.
“E’ una generalizzazione – continua Temeroli – affermare che le istituzioni non sono vicine alle imprese: non è vero. Chi si lamenta però proponga, venga da noi e troverà risposte. Tutti gli anni come Camera di Commercio effettuiamo diverse missioni, ma è molto difficile mettere insieme un numero minimo di imprese anche se sono agevolate nei costi; anche quando ci sobbarchiamo gran parte dei costi. Mettiamo a bilancio, mediamente, per l’estero 100.000 euro l’anno e risorse anche per il mercato interno. Le difficoltà dell’impresa sono strutturali (le dimensioni piccole) e culturali. Nel senso che gli imprenditori capiscono la necessità di andare fuori, dove avrebbero anche grandi possibilità, ma poi faticano a fare il passo”.
Ferretti Craft, la Ferrari dei mari
Quest’anno festeggia i 40 anni di vita. Nacque
dalla passione di Norberto Ferretti, un bolognese
E’ il primo gruppo di motoryacht di lusso al mondo ed ha la sua anima a Cattolica: 9 marchi, oltre 2.500 dipendenti, 933 milioni di euro di fatturato nel 2007. Esporta circa il 70 per cento della produzione. Festa a Cattolica il 19 aprile per celebrare i 40 anni
LA STORIA
– Era il 1968; un ragazzo bolognese di belle ambizioni si costruisce una barca per sé grazie ad un inaspettato premio assicurativo. Si fa fare il guscio di 11,5 metri dai cantieri Della Santina di Cattolica, il cabinato da un falegname sempre di Cattolica. Mentre per l’allestimento interno si affida a Guido Franchini (titolare dell’omonima e prestigiosa azienda) di Riccione. Per la meccanica ed i motori si avvale del suo lavoro, di quello degli amici e dei meccanici suoi dipendenti.
Un amico scende a Riccione per vedere il gioiellino e gli dice che Biffoni, il maggiore concessionario bolognese di barche (poi diventato suo direttore commerciale), si sta costruendo un’imbarcazione e che la porterà al Salone di Genova.
“Per me – ricorda Norberto Ferretti – era come ricevere un pugno in un occhio. Decido di portare anch’io la mia a Genova. Ha un grosso successo. Arrivano quattro ordini”.
E’ la prima pietra di quello che oggi è il più prestigioso gruppo di motoryacht di lusso al mondo ed ha la sua anima a Cattolica. E’ il Gruppo Ferretti: 9 marchi, 2.500 dipendenti, 933 milioni di euro di fatturato. Esporta circa il 70 per cento della produzione. Festa a Cattolica il 19 aprile per celebrare i 40 anni.
Ma perché tanti ordini con quella prima barca? Ferretti: “Di legno, ben fatta, rispetto alle antagoniste era abbastanza abitabile, letti comodi, molta acqua, molto gasolio, frigo grande. Sotto un certo motivo non c’era sul mercato”.
L’11,5 metri viene costruita a Riccione dai Franchini e venduta da Ferretti. Sulle fiancate reca la denominazione Ferretti-Franchini.
Siamo agli inizi degli anni Ottanta, un’altra svolta per Norberto Ferretti giunge da Luciano Mochi, titolare degli omonimi cantieri di Fano, leader in Italia nelle barche a motore. In una fiera passa davanti allo stand Ferretti. I complimenti: “Bravi, fate delle bellissime barche. Siete avvantaggiati dal fatto che quelle a vela sono più facili di quelle a motore”.
Ferretti: “L’uscita di Mochi mi stuzzica. L’anno dopo decido di presentare una barca a motore. Cerco uno scafo già fatto. E produco il primo yacht in concorrenza con Mochi”.
Anche questo rispetto a quanto si trovava sul mercato è molto innovativo: il tender è posizionato sotto il prendisole, la gruetta a scomparsa, bel letto matrimoniale, plancetta più larga a poppa, doccia rotonda. Diventa un autentico successo; la Mochi nel 2000 viene acquistata dal Gruppo Ferretti.
Per alcuni anni Ferretti significa vela e motore. Poi soltanto motore e si cerca di coniugare design, bellezza, robustezza, lusso. Ovvero, le carte da 90 del Made in Italy; le ragioni per le quali in tutto il mondo gli amanti della bellezza sono disposti a spendere.
Le origini dei Ferretti sono bolognesi. I genitori commerciano nei combustibili. Al momento dell’età di lavoro dei tre figli acquistano una concessionaria d’auto. A 16 anni, Norberto abbandona la scuola. Per redimerlo e farlo tornare ai libri, il babbo lo mette a lavorare come meccanico nella concessionaria di famiglia. Ma nulla; i libri restano lontani ma direttamente proporzionale alla voglia di fare. Dopo due anni di officina, giungono altri ruoli: collaudatore, assistenza, consegne, fino alle vendite. Le auto non scaldano la mente di Norberto Ferretti che per “divertirsi” affianca alle auto le moto e le barche. Poi arriva il suo particolare ’68. In tutti questi anni l’azienda è sempre cresciuta. Negli anni ’90, Ferretti Craft inizia una serie di acquisizioni: Mochi, Riva, Custom Line, Pershing, Bertrand. Nei primi anni del 2000, il gruppo viene venduto ad un Fondo. Norberto Ferretti resta però al timone di comando.
Sposato, passione per il tennis e le auto d’epoca, Norberto Ferretti nel ’94 è stato campione del mondo di offshore.
Nella sua vita imprenditoriale chi ha contato di più, come esempio?
“Carlo Riva, il fondatore della Riva. Ha costruito imbarcazioni che hanno reso l’Italia famosa nel mondo. E’ un marchio del prestigio della Ferrari, della Rolls”.
Qualcuno dice che il successo di un uomo è il suo temperamento, come si descrive?
“Mi reputo un uomo fortunato che ha saputo raccogliere le opportunità giuste al momento giusto. Credo ad un vecchio detto. Dice che quando un cavallo passa senza sella lo devi lasciare andare, mentre quando passa con la sella ci devi saltare sopra. Tuttavia, senza un pizzico di fortuna è difficile. Ho superato anche momenti difficili, come la morte di mio fratello nel ’95; era la mia metà in azienda.
Un’altra fortuna è che non ho mai desiderato le cose che non potevo avere; il desiderio delle cose esiste ad ogni livello, ma gli entusiasmi con cui si assaporano sono gli stessi, ma con gli stessi entusiasmi. Se si è insoddisfatti della vita, lo si è anche con un conto milionario in banca; è qualcosa insito in sé”.
Quali sono le buone caratteristiche di un imprenditore?
“Il vero imprenditore è colui che riesce a crearsi della gente attorno, che dà fiducia ai collaboratori: sono l’unica arma per farti crescere. La fortuna del Gruppo Ferretti è aver creduto nelle persone, accettato gli errori. Oggi, ha un team che senza di me va avanti lo stesso. Mentre in molte aziende senza il fondatore sono a rischio. L’accentrare è un problema in Emilia Romagna più che in altre regioni italiane. Qui si fa fatica a demandare ai figli, figurarsi dar fiducia ai manager. Insomma, è colui che crea qualcosa e che può andare avanti senza di lui”.
Invece, le buone caratteristiche del dipendente?
“L’Emilia Romagna è fortunata: ha ottimi dipendenti. C’è gente che ha voglia, che ha istinto, creatività. E poi dipende molto dall’atteggiamento del datore di lavoro. A parità di capacità un collaboratore può essere depresso o stimolato”.
Quali sono le caratteristiche che più le piacciono in un essere umano?
“La chiarezza e l’onestà. Coloro che hanno un carattere forte e che hanno il coraggio di dirti quello che pensano anche se sono in un rapporto di sudditanza”.
Che cosa vuol dire innovare?
“E’ molto diverso da settore a settore. Tutti ci sentiamo innovatori. Però qualcuno lo è realmente, altri sono degli scoppiazzatori. Nel nostro settore è importante avere un ufficio engineering e fare ricerca. A volte innovazione è semplicemente cambiare i rapporti con i dipendenti, cambiare le loro abitudini”.
Che cos’è il Made in Italy?
“Purtroppo bisogna fare autocritica. Mi ci metto anch’io anche se sono uscito dalla mischia. L’imprenditore, spesso, si è trincerato dietro il successo del Made in Italy e ha trascurato la qualità. Ad esempio nella moda si parla di mercato difficile ma non tutti vanno male. E’ un aiuto l’etichetta Made in Italy, senza la qualità non basta”.
Paura dei nuovi competitori come Cina e India?
“Il mondo va avanti tra alti e bassi; tutti hanno paura della Cina e in alcuni settori è una minaccia pazzesca. Anche loro avranno il problema sociale. E’ come entrare in una officina di un artigiano privo delle sicurezze. Mentre quando diventi grande non lo puoi più fare. Così per l’operaio cinese: non ha la testa nel sacco”.
Quale ruolo dovrebbe lo Stato verso l’impresa?
“Dovrebbe semplicemente agevolare le procedure; ci sono tempi di risposta troppo lunghi. E’ facile dire che l’impresa ha bisogno di soldi, ma sappiamo che non è possibile”.
Articolo tratto Da Cna Piccola Industria Magazine
Soluzioni ambientali, risparmio economico
“Ecosolutions” di San Giovanni in Marignano è un’azienda che offre consulenza pura e smaltimento del rifiuto industriale. Per le imprese lo scarto industriale diventa fonte di guadagno
INNOVAZIONE
– Il rifiuto industriale, pericoloso e non, va visto non come un costo, ma come una fonte di guadagno, seguendo la rigida normativa della Regione Emilia Romagna. La soluzione l’assicurano due amici: Renato Nicolini, 42 anni e Paolo Russo, 33. Hanno fondato lo scorso settembre “Ecosolutions”; offre due tipi di servizi: la consulenza pura e la gestione dei rifiuti. Ha sede a San Giovanni in Marignano, uno dei territori più dinamici del panorama produttivo del Riminese.
Entrambi hanno alle spalle esperienze lavorative diverse. Nicolini giunge dalla Tecnical, azienda di Morciano leader in Italia nella produzione di porte per ospedali e comunità. Qualche commessa: Università di Ancona, PalaRiccione, Polo tecnologico di Catania.
Mentre Russo ha maturato esperienze nel montaggio di quadri elettrici ed elettronici di un’azienda di Montefiore. Tra i clienti alcune dei maggiori marchi delle macchine per la lavorazione del legno prodotte nel Riminese.
Raccontano: “Abbiamo fatto esperienze nel settore produttivo ed allora ci siamo resi conto del peso che hanno gli scarti, sia da un punto di vista normativo, sia per i costi degli smaltimenti e sia dal punto di vista ambientale. Insomma, la questione scarti era un problema”.
“Ecosolutions” è innovativa anche nella filosofia del lavoro. I suoi compensi non sono automatici ma legati ai risparmi che riescono ad ottenere le imprese che hanno problemi con lo smaltimento del rifiuto di scarto. “Per l’azienda cliente il costo è zero”.
“La nostra azienda – raccontano Nicolini-Russo – è un filtro tra il produttore di rifiuti ed il trattatore. Non siamo altro che una figura specialistica che si occupa degli adempimenti burocratici previsti dalla legge fino allo smaltimento. Soprattutto il rifiuto da costo diventa una risorsa”.
Spesso dal riciclo è possibile guadagnare e nel piccolo si tutela l’ambiente, l’aria, l’acqua.
Un progetto di una bella consistenza portato avanti da “Ecosolutions” ha riguardato una realtà produttrice di palloncini. Gli scarti ora vengono raccolti per produrre manufatti di livello inferiore dal punto di vista qualitativo. Nel caso i tubi di polietilene per le fognature.
Una parte fondamentale di “Ecosolutions” sono gli adempimenti burocratici che sollevano l’azienda dal lavoro (non impiegare il personale) e della responsabilità. L’azienda ha le competenze e le professionalità per osservare i dettami della legge nazionale del 2006 e quella più restrittiva varata dalla Regione Emilia Romagna sulle emissioni nell’atmosfera, che ha abbassato della metà il limite nazionale. L’Emilia Romagna è Regione pilota con uffici di controllo e prevenzione molto sviluppati.
‘Il mattone non traina l’economia’
Non è un punto di forza. E’ un settore che dovrebbe reggere nei momenti deboli
Francia, primo mercato*
– La Francia è il primo mercato delle aziende riminesi che esportano. Vale 80.6 milioni di euro. Seguono: Usa (74.8), Germania (57), Regno Unito (52.1), Russia (50.5), Spagna (45.2), Grecia (21.5), Olanda (20.2), Croazia (16), Belgio (15.4), Polonia (14).
Import, guida la Germania*
– La Germania è il primo paese esportare nel Riminese con 38.6 milioni di euro. Seguono: Spagna (29.7), Cina (27.9), Olanda (20.2), Belgio (20.1), Francia 18.8), India 12.7), Giappone (11.1), Bangladesh (11.1), Turchia (7).
Export, ultimi in Emilia Romagna
– Ultima dell’Emilia Romagna alla voce export Rimini, coni suoi 722 milioni di euro nei primi 6 mesi del 2007. Guida Bologna con 5.2 miliardi. A seguire: Modena (5.1), Reggio (4), Parma (2.1), Forlì-Cesena (1.4), Ravenna (1.4), Ferrara (1.2), Piacenza (1).
L’INTERVISTA
Riflessione del verucchiese Pier Luigi Celli, già direttore della Rai, manager di prestigio, ospite d’onore della Camera di Commercio di Rimini
– Ancor prima di essere un prestigioso personaggio dell’economia e della cultura italiana, Pier Luigi Celli è una persona perbene. Un gentiluomo. A chi gli telefona, non trovandolo, richiama: “Sono Celli, chi mi ha cercato!”. Una rarità per i costumi di questo paese.
Celli è stato l’ospite di prestigio durante la presentazione del rapporto economico della Camera di Commercio, tenutosi lo scorso primo aprile nell’aula magna dell’Università. Una consuetudine che si celebra da anni. Sono scesi a Rimini intellettuali di vaglia: Stefano Zamagni, Aldo Bonomi. Verucchiese, sessantacinque anni, laurea in Sociologia a Trento, Celli è il direttore generale dell’università Luiss Guido Carli di Roma. In passato è stato direttore Risorse umane dell’Eni, dal 1985 al 1993, direttore generale della Rai, dal 1998 al 2001. Manager ma anche uomo di cultura. Alcune pubblicazioni: “Il manager avveduto”, “Graffiti aziendali”, “L’illusione manageriale”, “Nascita e morte di un’impresa in 42 lettere”, “Milano”, “Un anno nella vita”.
Serve l’etica in economia?
“Dipende dal tipo di economia. Garantisce che le regole vengono osservate e puoi agire con una certa tranquillità. Aiuta ad avere fiducia. E la fiducia è un bene economico. Semplifica molto e ti porta ad investire”.
Si parla sempre di Sistema-Paese, perché non riusciamo a farlo?
“E’ un atteggiamento che viene da molto lontano, dalla nostra storia. Il nostro Stato è fatto da istituzioni burocratiche. Non è in funzione delle esportazioni italiane, ma garantisce la sua posizione. E’ autoreferenziale. Non ha una logica imprenditoriale”.
Che fare?
“Bisognerebbe che la politica si occupasse di questo e non dettasse le regole economiche”.
Quali sono i punti di forza dell’economia del Riminese?
“Una imprenditorialità diffusa, ma le imprese sono piccole e questo è un limite. Vanta una lunga tradizione nel turismo, ma oggi è obsoleto. E non si riesce ad innovarlo; non ha le capacità per modificarlo.
Il sistema produttivo riminese, tranne poche eccezioni, non è internazionale. E’ frammentato dagli interessi personali ed autoreferenziale: non guarda agli interessi comuni. E’ legato alle piccinerie”.
Come legge il boom del mattone della nostra provincia?
“Non è un punto di forza. E’ un settore che dovrebbe reggere nei momenti deboli; non traina l’economia. E’ tutto piegato alle piccole opere private e non alle grandi opere pubbliche. Inoltre, in termini di devastazione del territorio è stato fatto abbastanza. Il futuro economico di una comunità non può essere affidato al mattone”.
In Italia si innova davvero poco come si dice?
“C’è molta innovazione commerciale; e una forte flessibilità di adattarsi a nuovi mercati. Ma, purtroppo, non abbiamo innovazione di prodotto, se non nel sistema moda”.
Come vede il nostro futuro?
“Ci siamo sempre salvati; quindi ci salveremo anche questa volta. Ci si lascia andare e poi si recupera. Per reggere alla concorrenza abbiamo bisogno di aumentare le nostre dimensioni e maggiore qualità dei prodotti. Solo così le cose possono funzionare”.