– Non mi è mai piaciuto fare il guastafeste, e non intendo incorrere in questa accusa per come vedo le cose alla vigilia delle elezioni politiche del 2008. Ma devo dirlo: sento rafforzarsi in me un’impressione che mi mette in contrasto con la vulgata corrente, di giornali e reti televisive, a proposito delle buone maniere che si sono promessi a vicenda Veltroni e Berlusconi, i due protagonisti decisivi del duello elettorale.
Per carità: lo stile moderato e civile di Veltroni, oltre che essere l’espressione sincera della sua indole pacifica, è lodevolissimo. L’ ho avuto per qualche tempo come mio sindaco ed ho apprezzato anche il suo governo della città di Roma. E ritengo che faccia bene ad usare un tono pacato e garbato. Tuttavia Tuttavia il mio abito mentale di storico di professione mi costringe ad andare al di là delle intenzioni delle persone, e a valutare le due realtà oggettive di Pd (Partito democratico) e Pdl (Partito della libertà), le due forze politiche che si fronteggiano, per quel che sono.
Esse sono, in realtà, molto diverse. Il Pd è nato dalla fusione di due partiti, che si sono uniti per volontà (non unanime: basta ricordare il dissenso della corrente dei Ds di Mussi) dei loro congressi, regolarmente convocati e chiamati a decidere. La leadership di Veltroni, si ricorderà, è scaturita dalle cosiddette primarie e dal voto, nell’ottobre scorso, di alcuni milioni di aderenti. Una procedura un po’ frettolosa e sbrigativa, ma sostanzialmente democratica, ha caratterizzato le “guise” di questo “nascimento”. Dico “guise” e dico “nascimento” perché non posso dimenticare ciò che ha insegnato il grande Vico con la XIV delle sue «degnità» o «assiomi»: «Natura di cose altro non è che nascimento di esse in certi tempi e con certe guise, le quali sempre che sono tali, indi tali e non altre nascon le cose». “Nascimento” sostanzialmente democratico del Pd, quindi, e di conseguenza sua “natura” democratica.
Ma il “nascimento” del Pdl, altrimenti detto Popolo delle libertà, è stato tutt’altro che democratico. Esso ebbe luogo sul predellino dell’auto del Cavaliere in piazza San Babila a Milano, dopo che milioni di cittadini avevano affollato i gazebo, chiamati da Berlusconi a pronunciarsi non già sulla nascita del Pdl, bensì sull’auspicio della cacciata di Prodi da palazzo Chigi! Da quel predellino Berlusconi mandò a farsi benedire l’«ectoplasma» (definizione sua) chiamato Casa delle libertà, e disse praticamente a Fini e Casini: basta con i vostri vecchi partiti, venite al mio fianco nel Pdl. Io solo so interpretare la volontà dei miei e dei vostri elettori.
La reazione di Fini e Casini fu del tutto negativa. Poi Fini, che allora usò espressioni? non proprio benevole nei confronti del Cavaliere, ha cambiato idea, ha trovato conveniente subire la dittatura berlusconiana e ha detto sì al Pdl, promettendo alla propria Alleanza nazionale un congresso di ratifica per l’ottobre 2008. Un bel sistema davvero: prima Fini decide di far sparire Alleanza nazionale, poi convoca il congresso nazionale, ad elezioni avvenute e a cose fatte. C’è più coerenza in Storace, che dice no a Berlusconi e mantiene ferma la sua inconfondibile connotazione di destra.
di Alessandro Roveri
già Professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara