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Home Rubriche La buona tavola

Gli itinerari della buona tavola

Redazione di Redazione
9 Giugno 2008
in La buona tavola
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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In campo gastronomico la parola tipico ha assunto negli ultimi anni un valore e un significato ben preciso, è cioè diventato un riconoscimento che la Comunità Europea assegna a quei prodotti che rispettino determinati parametri, e le cui caratteristiche di immagine, tradizione, tecnologia e tecniche di produzione sia possibile certificare. I prodotti ammessi a far parte di questa categoria di “super-prodotti” vengono codificati con sigle: (Dop) Denominazione di origine protetta ed (Igp) Indicazione geografica protetta. Prima che ciò avvenisse, il sentire popolare conferiva a questo aggettivo un significato simile, ma che però non costituiva condizione pregiudiziale. Venivano definiti tipici quei prodotti che in un qualche modo erano legati per tradizioni e reperibilità ad un territorio specifico incidendo anche sulla cultura, la storia e lo stile di vita di quel territorio.
Le Marche e la Romagna hanno sempre avuto una posizione privilegiata, anche dal punto di vista geografico, diviso come è il loro territorio tra mare e colline, l’ottima terra, grassa e feconda ha da sempre “regalato” prodotti da orto in abbondanza per varietà, oltre a viti e olivi da cui si è sempre ricavato un vino e un olio apprezzati in Italia e all’estero, così come anche formaggi e salumi provenienti da allevamenti distribuiti su tutto il territorio.
In campo ittico, se fosse possibile definire tipico un pesce che vive e si riproduce a poche miglia dalle nostre coste allora questo appellativo toccherebbe di diritto al pesce azzurro, detto anche localmente pesce turchino, nelle sue diverse varietà. Al primo posto per apprezzamento, reperibilità e prezzo io ci metterei i sardoni, che per tutto il periodo invernale vengono pescati a poche miglia dalla costa, ma anche sarde, sgombri e saraghine che offrono il meglio in fatto di qualità nel periodo estivo da maggio a settembre. In passato il pesce azzurro era considerato un pesce povero e di qualità inferiore, definito anche “plebeo” perché era l’alimento principale dei pescatori e delle loro famiglie. Nei paesi dell’entroterra veniva portato da pescivendoli a volte improvvisati, che spesso scambiavano il pesce con prodotti della terra o animali di allevamento direttamente con i contadini. Ricordo con nostalgia i racconti di mia nonna Gina, chiamata “La Gina cla vend al pess” Nelle giornate invernali, al tramonto, ci si riuniva attorno al camino ad ascoltare i racconti degli adulti, riportati in forma comica per far ridere noi bambini, il più ricorrente era quello della bicicletta, e cioè che una delle tante mattine in cui si recava a Morciano in bicicletta a vendere il pesce, con 5/6 casse di sardoni, si addormentò sulla bicicletta, cadendo rovinosamente, le casse di pesce ed il loro contenuto sparse nelle strada e la bicicletta nel fosso.
Oggi medici e nutrizionisti portano alla ribalta questa specie ittica e ci invitano a riscoprire il ruolo che questo tipo di pesce può avere per una sana ed equilibrata alimentazione.
Il pesce “povero” dell’Adriatico in realtà e povero solo nel nome dato che in realtà è notoriamente ricco di tante sostanze benefiche per l’organismo, come gli omega tre, acidi grassi polinsaturi, che portano grandi benefici per le arterie e proteggono tutto l’apparato cardiocircolatorio. Tali acidi grassi insaturi e polinsaturi garantiscono un effetto protettivo e di prevenzione verso le malattie cardiovascolari, inoltre il contenuto di colesterolo è molto basso. Oggi sappiamo molto di più sui legami tra cibo e malattia, per cui dall’assunto “evitate i cibi che fanno male” si è passati alla raccomandazione “assumete i cibi che fanno bene”.
Ho scoperto quasi per caso in una di quelle librerie che vendono i libri a metà prezzo un interessante libro di ricette, il suo titolo è “I VENERDI DI MAGRO” promosso dalla Provincia di Rimini, Assessorato Attività Produttive e finalizzato alla promozione del Pesce Azzurro come prodotto tipico della tradizione del nostro territorio. Le centinaia di ricette contenute riguardano per la quasi totalità piatti tipici di mare con l’utilizzo come ingrediente principale del pesce azzurro.
Le ricette presentate sono state raccolte e selezionate da ricette proposte da cittadini del riminese, i quali dovevano sottoporre una ricetta di loro preferenza che utilizzasse il pesce azzurro. Ne è scaturito un libro interessante e suggestivo, semplice e pratico, dove in teoria si potrebbe mangiare tutti i giorni dell’anno pesce azzurro senza mai ripetere la stessa ricetta. Ne consiglio vivamente l’acquisto.
Alle famiglie numerose consiglio di acquistare i sardoni direttamente al porto. Verso le ore 17 a Cattolica al ritorno delle volanti (grosse barche attrezzate per la pesca del pesce azzurro) viene venduto il pescato anche a privati, direttamente dalla barca, pur che siano muniti di un sacchetto. Oltre alla convenienza del prezzo si ha l’opportunità di mangiare pesce appena pescato, notoriamente la qualità del pesce azzurro da il meglio a poche ore dalla cattura.
Come di consuetudine vi propongo una ricetta (ripresa dal libro sopra menzionato) a cui sono particolarmente affezionato e che consente di mangiare sardoni in un modo non convenzionale.

Spiedini di sardine in beccafico per 4 persone (due spiedini a testa)

Ingredienti: Trentadue sardine di pezzatura media, un cucchiaio di pinoli (spezzettati) due cucchiai di uva sultanina (ammollata per 20 minuti in acqua calda e spezzettata a coltello) due cucchiai di pane grattugiato, mezza cipolla, uno spicchio di aglio, sale e pepe qb, olio di oliva.
Esecuzione: Tritare mezza cipolla e uno spicchio d’aglio molto finemente e rosolarli in olio a fuoco moderato, quando il soffritto inizia ad imbiondire aggiungere pane grattugiato, pinoli, uva sultanina, sale, pepe e dopo un minuto spegnere e lasciare raffreddare. Pulire e sfilettare le sardine, stendere uno strato del composto sui filetti, arrotolandoli su se stessi e infilandoli poi con piccoli spiedini. Quindi sistemarli su una teglia unta, (Per non sporcare la teglia consiglio di usare carta da forno o carta stagnola) regolare di sale e pepe e porre in forno a 180° lasciandoveli per dieci minuti. Servire caldi come antipasto.

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