IL FATTO
– Smaltire i rifiuti senza la costruzione del nuovo forno a Raibano. E’ la rivoluzione riccionese sul Piano dei rifiuti della provincia di Rimini al centro di feroci polemiche e dissidi nonostante l’approvazione del Consiglio provinciale del 2006. Il “Comitato Riccione per l’energia pulita” presenta un vero e proprio contro-piano per smaltire i rifiuti che sta facendo proseliti sia nelle forze politiche riccionesi e riminesi, sia tra i cittadini.
Il contro-piano mette insieme diverse tecnologie impiantistiche funzionanti già in alcune zone del Veneto, della Lombardia e della Svizzera. Ne è artefice per il Comitato cittadino Margherita Bologna, che si occupa di divulgazione scientifica. Da anni si sta interessando di rifiuti e di soluzioni alternative agli inceneritori. Battaglia con ardore, veemenza, senza lasciarsi abbattere dagli eventi. Attacca Margherita Bologna: “Il Comitato ha fatto un lavoro propositivo, elaborando un piano di gestione dei rifiuti che mette in evidenza come sia possibile fare a meno della nuova linea dell’inceneritore, se si utilizzano le nuove tecnologie che separano i rifiuti a freddo.
Il Piano provinciale è nato vecchio, perché ha recepito il vecchio Piano industriale di Amia (l’azienda municipalizzata soppiantata da Hera) del 2001 che prevedeva la costruzione di un inceneritore. Invece il decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce una gerarchia che mette al primo posto la riduzione dei rifiuti e poi prescrive il recupero di materia, ovvero raccolta differenziata e separazione del rifiuto a freddo da avviare alla filiera del riciclo. Solo per la parte non riciclabile prevede il recupero energetico, cioè l’incenerimento”.
“Il nostro Progetto – continua la Bologna – è il risultato di un’indagine sugli impianti funzionanti in territorio italiano. Tale ricerca andava fatta dalle autorità che hanno predisposto il Piano provinciale e non da noi. Sono partita dal fatto che per legge entro il 2008 bisogna raggiungere il 45 per cento di raccolta differenziata. Hera poi si è impegnata con ATO (l’autorità dei servizi) a raggiungere il 50 per cento negli ultimi 3 mesi di quest’anno.
Se consideriamo il 45 e 50% di differenziata di 250.000 tonnellate di rifiuti stimati per l’anno 2008, si ottengono 115.500 tonnellate. Abbiamo analizzato la composizione dei rifiuti differenziati. Il vetro recuperato separatamente tocca le 13.000 tonnellate che vanno direttamente al riciclo, l’umido tra cassonetti e porta a porta agli alberghi raggiunge le 30.000 tonnellate destinate direttamente al compostaggio. Mentre le stazioni ecologiche raccolgono 14.500 tonnellate di rifiuti già separati. Se da 115.500 tonnellate sottraiamo questi quantitativi resta il secco differenziato raccolto nei cassonetti stradali, in tutto 59.000 tonnellate. C’è un però: il rifiuto secco differenziato, prima di essere avviato alla filiera del riciclaggio, va riseparato nell’ impianto di selezione meccanica esistente vicino all’inceneritore, perché è raccolto male. E purtroppo questo impianto di selezione produce molto scarto perché è vecchio. Tutto questo fa ritornare all’inceneritore 19.000 tonnellate. Si potrebbe ovviare a questo inconveniente dotando questo impianto di moderni separatori ottici e aggiungendo una tecnologia funzionante a Vedelago, in Veneto, che attraverso un processo meccanico-fisico chiamato estrusione è in grado di trasformare la plastica in sabbia sintetica utilizzabile nell’edilizia, o per fare manufatti di plastica come i dissuasori di velocità”.
“Per la parte rimanente di rifiuto indifferenziato – prosegue Bologna quello che proviene dallo spazzamento delle strade (6.000 tonnellate l’anno), potrebbe essere separato in un impianto dedicato già in uso a Milano e Bergamo.
L’indifferenziato raccolto nei cassonetti stradali, può essere separato grazie ad un vaglio dinamico, una macchina in grado di separare fino a 80 tonnellate l’ora di rifiuto umido dal secco. L’umido separato potrebbe essere utilizzato per produrre bio-gas, come fanno in Svizzera. Resterebbero 61.000 tonnellate di secco da smaltire provvisoriamente nella vecchia linea dell’inceneritore che ha una potenzialità di 68.500 tonnellate “.
“Con questo ragionamento – chiude la sua riflessione Margherita Bologna – abbiamo dimostrato che è possibile gestire i rifiuti riciclandoli al massimo ed con un costo decisamente inferiore. L’insieme degli impianti che noi proponiamo costano circa 15 milioni di euro; mentre il quarto forno di milioni ne costa 65. Una parte dei 50 milioni risparmiati potrebbe essere utilizzata per promuovere la raccolta differenziata porta a porta e avviare azioni per la riduzione dei rifiuti.
Riduzione che è un obbligo sia per la legge italiana e per l’Unione Europea. Infatti il problema dei rifiuti va affrontato a partire dalla testa cioè programmando la loro riduzione e non dalla coda ossia l’incenerimento.