Le proteste
La cosa ha suscitato fortissime proteste perché, si dice, è contro la Costituzione e contro la morale comune che in Italia, mentre ogni cittadino deve essere punito anche per i reati più lievi, i quattro presidenti siano immuni, sia pur temporaneamente, dalla giusta persecuzione penale per delitti gravissimi, come (per esempio) la concussione, la corruzione, i maltrattamenti in famiglia, le lesioni gravi, e così si è detto anche l’omicidio volontario. E, aggiungono i critici, l’immunità ha lo scopo di evitare un processo nel quale è imputato il presidente del Consiglio.
Il problema
Vittorio Grevi (cattedrattico di procedura penale nell’Università di Pavia) ha definito il Lodo Alfano “discutibile” e tuttavia “male minore”, comportante la sospensione di tutti i processi per reati puniti con pena inferiore a 10 anni di reclusione.
Il Lodo Alfano è ritenuto da molti incostituzionale per violazione dell’art. 3 della Costituzione (uguaglianza fra i cittadini). Altri ritengono invece che anche nella forma della legge ordinaria possa uscire indenne dal controllo della Corte costituzionale.
La soluzione
In uno Stato bene ordinato è necessario tracciare il confine fra il potere politico e l’ordine giudiziario. Occorre, in altri termini impedire che i giudici interferiscano nell’attività politica e che i politici rispettino l’indipendenza dei giudici. Anche a costo di vulnerare la moralità. La delimitazione, oltre che nell’interesse dello Stato (e quindi dei cittadini) gioverebbe sopra tutto all’ordine giudiziario, evitando conflitti con il potere politico, che è sempre in attesa dell’occasione di ridurre l’indipendenza giudiziaria.
Il processo penale contro un certo numero di agenti e funzionari di polizia, con l’accusa di violenze ingiustificate contro i manifestanti di Genova (in occasione del G8) ha scatenato polemiche roventi. Chi si schiera per la polizia, chi per i magistrati, delegittimando entrambe le istituzioni e in definitiva lo Stato.
Tutto ciò induce a riflettere. L’ordinamento processuale del ’30 opera di Alfredo Rocco – con grande sapienza giuridica delimitò i poteri del pubblico ministero, allora ben più forti che oggi. All’organo dell’accusa fu inibito di procedere senza autorizzazione del ministro della Giustizia contro ufficiali e agenti o contro militari in servizio di pubblica sicurezza, per atti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica.
Questa, e altre autorizzazioni, che la dottrina denominava “garanzia amministrativa”, sono cadute sotto la mannaia della Corte costituzionale perché contrarie all’articolo 28 della Costituzione.
Più recentemente lo stesso potere politico ha privato se stesso di una tutela, sopprimendo l’autorizzazione a procedere contro i parlamentari prevista dall’articolo 68 della Costituzione.
Ora se ne invoca la riattivazione. Il ripristino delle garanzia per i politici, con una formulazione adatta ai tempi, contribuirebbe a determinare corretti rapporti fra potere politico e ordine giudiziario. E tutelerebbe l’indipendenza dei magistrati.
Gli articoli 28 e 68 della Costituzione si possono modificare in poco tempo, specialmente da una maggioranza parlamentare così larga come l’attuale.
A chi si preoccupa per la lesione del principio di eguaglianza si può rammentare che, nella procedura penale del Regno Unito, l’Attorney general (organo giudiziario e massimo consulente del governo nelle cose di giustizia) può addirittura impartire un ordine di nolle prosequi che ha l’effetto di sospendere ogni processo in corso. Alla luce del sole e assumendosi le sue responsabilità
di Romano Ricciotti
Presidente aggiunto onorario della Corte
di Cassazione