– “Vogliamo vedere Gesù” è la richiesta che, nel vangelo di Giovanni, alcuni greci pagani, fanno ai discepoli di Gesù (Gv.12, 20-22). Hanno sentito parlare di lui, ne sono attratti. Si avvicinano cautamente, passano attraverso i discepoli, non vanno direttamente dal maestro. Questo fa pensare che ormai il Gesù storico sia irraggiungibile, sia già morto, e che l’unico modo per avvicinarsi a lui sia la chiesa, la comunità dei discepoli che ne serba la memoria e l’interpretazione. Compito questo che comporta rischi non da poco, soggetto com’è al bagaglio culturale derivante dalla tradizione e dal contesto storico in cui ognuno è collocato.
Inoltre non bisogna dimenticare che Gesù è sempre al di là di ogni sua resa storica che la chiesa ne ha dato nei secoli con la sua prassi e le sue istituzioni. Quale immagine di chiesa si avvicina di più a Gesù? La chiesa medioevale, quella rinascimentale, quella della controriforma, il modello costantiniano, o quello delle prime comunità? Verrebbe da dire: “queste ultime”. E tuttavia quale di queste? Quelle paoline o quella di Gerusalemme, o ancora quelle giovannee dell’Asia? E per venire in epoca moderna, chi non vede l’enorme differenza fra la chiesa prima del Concilio Vaticano II e quella del post-concilio? Ad ognuna di queste realizzazioni storiche di chiesa corrisponde un volto di Gesù, sicchè non è per nulla facile rispondere alla richiesta “vogliamo vedere Gesù”. Chi ne mostrerà un volto spirituale-mistico, chi sociale, chi rivoluzionario, chi pauperistico, chi più tipicamente religioso, chi più politico ecc…
Tutto questo per dire che Gesù è sempre oltre tutto ciò che i suoi interpreti legittimi (la chiesa), ne possono dire o mostrare in tutta buona fede. A tutto ciò si aggiunga che i membri della chiesa (laici e clero) non sono affatto immuni da peccato e che il loro comportamento pratico è più eloquente di molte parole. Il volto di Gesù così appare ad un tempo svelato e celato. Consapevoli di questi limiti, nei quali siamo costretti, proviamo a indicare, con onestà e franchezza, alcuni temi e campi in cui desideremmo vedere una chiesa più evangelica o più vicina al volto di Gesù, alle sue istanze, alle sue scelte, quali, a nostro avviso, emergono dalle Scritture.
Il tema scelto “vogliamo vedere Gesù”, crediamo, pertanto, vada letto cercando di rispondere a due domande fondamentali: in che cosa la chiesa fa vedere Gesù e in che cosa invece lo nasconde o addirittura ne altera i connotati.
Ecco ciò che vorremmo vedere, ciò in cui vorremmo essere incoraggiati.
1) Una chiesa che, riscoprendo la voce forte della profezia che viene dalle Scritture, sia più impegnata sul tema della giustizia, una chiesa che non baratti la giustizia con l’azione, pur esemplare e anche insostuibile, del solidarismo dei molti centri Caritas o mense dei poveri. Che ne è della commissione “Justitia et Pax” voluta, in seguito alla ventata conciliare, dal vescovo Bianchieri proprio per far sentire la voce della chiesa diocesana? La giustizia è un fatto che investe la politica e mostra da che parte si sta. Certo, questo comporta molti rischi e forse la rinuncia a privilegi.
2) Una chiesa che per lo meno bilanci le sue molte e giuste esternazioni sulla bioetica con la difesa della vita di persone reali, i troppi morti sul lavoro, i troppi senza lavoro. Una chiesa che non si stanchi di piangere sui troppi cadaveri che stanno facendo del Mediterraneo un grande cimitero. Una chiesa che sappia promuovere una cultura dell’accoglienza, rimuovendo le diffidenze, contrastando il rigurgito di razzismo o xenofobia, mostrando con chiarezza dove stiano le cause di tali fenomeni migratori (fame, sete, povertà, dittature ecc… ).
3) Una chiesa che quando riceve i potenti di questo mondo, sia locali che planetari, chieda loro conto delle sofferenze enormi che essi con le loro scelte politiche, economiche, ecologiche o addirittura belliche causano a popolazioni intere. Una chiesa che non mendichi privilegi o riconoscimenti in cambio della propria libertà di parola e di giudizio. Per un piatto di lenticchie Esaù ha venduto la propria primogenitura!
4) Una chiesa che cominci a declericalizzarsi mettendo al centro la comunità dei fedeli, in funzione della quale stanno tutti i ministeri ordinati. Una chiesa che formi dei laici autentici, capaci di autonomia di giudizio, capaci di porre domande e cercare risposte non convenzionali o prefabbricate, laici che non siano servi obbedienti e rispondenti alle necessità di una gerarchia clericale che si vede costretta dai numeri a ricorrere a tali figure.
5) Una chiesa capace di celebrazioni eucaristiche non ripetitive e di routine. Non si tratta tanto di abbellimenti esteriori (canti e gesti), anche se questo è importante. Ma di travasare il culto nella vita in modo che la vita di tutti i giorni travasi a sua volta nel culto. Il culto non può ridursi a magia o tradizione, ma deve interpellare la vita nella sua concretezza, nei suoi bisogni reali, modificando l’agire e il sentire dei celebranti (il popolo celebrante, non i soli presbiteri), allo scopo di ricreare nella quotidianità quel vivere fraterno che il rito simboleggia (“Diventate eucaristici!”).
Lino Selvagno