– La provincia di Rimini è colorata di marrone scuro, nella mappa tematica dell’inquinamento europeo. Significa che rientra nel novero (non piccolissimo peraltro) delle aree più inquinate del vecchio continente, e del mondo intero.
Quali conseguenze questo possa avere per la salute di chi ci vive si può facilmente immaginare. Ma meno facilmente si può valutare, invece, se faccia più male tale inquinamento o, ad esempio, il fumo delle sigarette.
La domanda non è leziosa. E’ questo infatti il tema che è emerso, nelle scorse settimane, dopo la conferenza stampa, tenuta dall’Ordine dei medici della provincia di Rimini, proprio sulle conseguenze dell’inquinamento.
E se sono stati abbastanza prudenti sul tema delle nanoparticelle che potrebbero uscire dagli inceneritori (compreso quello di Raibano) i dottori ci sono andati giù assai duri, invece, sulle conseguenze dell’inquinamento atmosferico. Lanciando il tema, finora di solito solo accennato, delle pm2,5: particelle di smog ancor più piccole delle pm10 (un quarto) e quindi più “capaci” di penetrare in profondità nei polmoni, facendo danni a lungo termine.
Il primario della Pneumologia dell’ospedale di Riccione, Luigi Lazzari Agli, ha chiarito che ogni anno, nella provincia di Rimini, 11 persone si prendono il cancro ai polmoni a causa dell’inquinamento atmosferico (il 5 per cento del totale dei tumori al polmone). Senza contare poi le asme e le broncopatie croniche.
Anche Giancarlo Piovaccari, primario della Cardiologia riminese (una delle punte di diamante della sanità nostrana), pur essendo meno diretto, è stato non meno incisivo. Ha citato, infatti, uno studio del 2000, effettuato in Germania dal quale emerge che chi vive in ambiente più “ricco” di pm10 e pm2,5, ha più problemi cardiaci. Studio effettuato in alcune città tedesche che, è emerso, hanno una situazione di inquinamento paragonabile a quella di Rimini.
Insomma, il responso sembra molto chiaro: il “prodotto” dei tubi di scappamento fa male.
Stando così le cose, allora, potrebbe sembrare una decisione letteralmente assassina quella delle pubbliche amministrazioni locali che non hanno voluto mai fare un granché contro lo smog. Unica eccezione Rimini, gli altri Comuni della provincia non hanno mai voluto aderire all’accordo di programma regionale sulla qualità dell’aria. Quello che viene comunemente ricordato come “accordo delle targhe alterne”, ma che prevede anche tutta una serie di altri provvedimenti. Ma, nonostante abbiano un bel dire (e un bel fare) gli assessori provinciali Cesarino Romani, Alberto Rossini e Riziero Santi, i vari Comuni non hanno fatto un granché per applicare non tanto e non solo le famigerate targhe alterne, ma anche gli altri strumenti che l’ordinanza regionale prevede. E cioè corsie preferenziali per i mezzi pubblici (in modo da aumentarne la velocità e renderli più appetibili) e per le biciclette (affinché siano più sicure), piste ciclabili che conducano in tutta la città, piattaforme logistiche per evitare che i mezzi dei fornitori entrino nei centri storici e molto altro. Interventi per i quali, tra l’altro, sono previsti anche finanziamenti.
Rimini, peraltro, nel suo piano della mobilità prevede i primi interventi in questo senso, soprattutto piste ciclabili.
Ora comunque il vicesindaco, Maurizio Melucci si è unito al coro di coloro che sostengono che le targhe alterne non servono a niente. Se anche il capoluogo le sospenderà (qualcuno dice, su insistenza delle categorie) la provincia di Rimini sarà l’unica a non fare proprio niente di quanto previsto nell’ordinanza regionale per la qualità dell’aria.
Un terreno questo, nel quale l’Ordine dei Medici ha preferito non addentrarsi. Nel senso che non è stato dato un giudizio sull’efficacia di certe misure, e sul fatto che siano puntualmente disattese. Il presidente Geo Agostini si è limitato a dire, con coerenza, che “noi chiariamo quali siano gli effetti dello smog, e ci mettiamo a disposizione, se i pubblici amministratori lo vorranno, per discutere insieme di soluzioni”. Nessun giudizio su quelle adottate (o non adottate) fin qui.
Un’opportunità, quella del dialogo con l’Ordine, che ha subito dimostrato di voler cogliere il sindaco di Rimini Alberto Ravaioli (non casuale forse il fatto che sia uno stimato oncologo). Che si dice “pronto a discutere per affrontare un problema che riguarda Rimini, così come buona parte delle grandi città”.
Senza però dimenticare di osservare che se, certo, lo smog non fa bene, di certo il fumo fa male. “E i medici conclude il sindaco oncologo è bene che si facciano parte diligente, per quanto a loro possibile, per far capire ai propri pazienti che il fumo è uno stile di vita insano”.
Sulle nanoparticelle, scontro sullo studio
Ma sullo studio relativo alle nanoparticelle è subito polemica. Nel corso della conferenza stampa tenuta dall’Ordine dei medici sugli effetti dell’inquinamento sulla salute, la leader del comitato che si oppone al potenzialmento dell’inceneritore di Raibano, Margherita Bologna, ha lamentato che non tutti sono concordi sugli studi relativi agli effetti di questi impianti sulla salute di chi vive nella zona circostante.
Ad introdurre il tema è stato il dottor Fausto Fabbri, del dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl, dicendo che “le evidenze scientifiche attualmente disponibili ci consentono di affermare che le concentrazioni di inquinanti che si ritrovano nell’aria che respiriamo nelle nostre città influenzano negativamente il nostro stato di salute, sia in termini di qualità della vita sia in termini di durata della vita stessa”.
Riguardo agli inceneritori, Fabbri ha chiarito che “la ricerca nazionale che è in corso sui termovalorizzatori darà i suoi risultati tra un po’: i dati ci sono, li si sta analizzando”. Fabbri ha chiarito che “vi è anche una ricerca, sempre a livello nazionale, sulle nascite nelle aree in cui insistono dei termovalorizzatori. Ma su questo aspetto si sta ancora raccogliendo i dati, poi andranno analizzati”. Bisognerà aspettare insomma.
Sforamenti: Rimini non è tra le pegiori
Rimini, comunque, non è tra le peggiori realtà della regione, quanto a sforamenti. Va intanto detto (fonte dei dati il sito regionale dell’Arpa), che a parte Ferrara e Forlì-Cesena, è l’unica realtà in cui vi sono solo due centraline. Alla data del 26 febbraio una delle due aveva collezionato 34 sforamenti, l’altra 26. Va ricordato che il numero massimo di sforamenti previsti in un anno, dalla normativa europea, è 35: siamo vicini.
Insomma, rispetto ai timori sollevati dall’Ordine dei Medici, c’è chi sta peggio. Ma è un buon motivo per non intervenire?
di Francesco Pagnini