– Per le infornate della pagnotta pasquale le “azdore” litigavano allegramente disputandosi quella sfornata meglio. Una volta si usava così. Fino a metà anni Settanta, ogni famiglia si preparava la propria pagnotta e la portava a cuocere nel forno più vicino; poteva essere quello di una casa colonica (in genere era collocato sotto il portico ed esposto a nord), oppure nei classici forni. E nel laboratorio dell’impasto, nel negozio, fuori, si faceva la veglia. Aspettando.
Si ritrovavano talmente tante donne che a Misano Monte il solaio del forno cedette, inghiottendo, per fortuna senza conseguenze, le “azdore”.
La pagnotta è un dolce semplice, sobrio, essenziale, da ingredienti poveri, come erano povere queste terre. Nonostante la semplicità, un po’ come la piadina, ogni famiglia e ogni forno aveva, ed ha, la propria ricetta. Con notevoli differenze tra l’entroterra e le cittadine sul mare.
Ghigi – Morciano
A Morciano i fornai per antonomasia sono i Ghigi. Gianni e Carlo, oggi pasticcieri in via Roma, sono gli eredi di una lunga dinastia. La loro ricetta affonda le radici negli anni Trenta. Ecco i loro ingredienti: farina, burro, zucchero, uova, lievito naturale, canditi e uvetta. Dicono i due fratelli: “La nostra è una pagnotta classica. Che già mio babbo faceva quando eravamo nella Morciano Vecchia. Era una festa, sotto Pasqua; con le donne che portavano il dolce a cuocere nel nostro forno. E’ stato così fino alla metà degli anni Settanta. Le signore la contrassegnavano con della carta e posta in varie posizioni. Ai tempi si usava portare a cuocere al forno, per le occasioni importanti, tipo Natale e Pasqua, anche il coniglio”.
Villa – Misano
I Villa sono fornai in Misano dal 1924. Ed hanno punti vendita anche a Riccione (viale Fratelli Cervi e a Rimini, la centralissima via Garibaldi). Ermes utilizza la ricetta della madre, che rispetto alla morcianese è molto più ricca, seppur nella sua essenzialità. Gli ingredienti: farina, zucchero, miele, strutto di puro suino, uova, pasta acida, lievito di birra, latte intero, uva sultanina (“tassativamente dalla Grecia”), scorze di arance, limone grattugiato, semi di anice, mezzo bicchiere di anice e mezzo bicchiere di Alkermes. Racconta Villa: “Purtroppo da una quindicina d’anni assistiamo ad una crisi della pagnotta. Un tempo, era un classico far colazione la mattina di Pasqua, insieme all’uovo benedetto, al salame ed ad un bicchiere di vino. Da noi la venivano ad acquistare anche da San Giovanni e Riccione, insieme ai braccialetti pasquali”.
Nonostante la mutazione dei gusti, il panificio Villa presenta ancora i bracciatelli. Ingredienti pochissimi: farina, acqua, uova ed ammoniaca. Villa: “In casa nostra, le tradizioni hanno un valore e anche una continuità, ma con un occhio rivolto al futuro perché la abitudini stanno cambiando”. Così Villa, su ordinazione di 2-3 famiglie, per Pasqua, prepara la pasta margherita ricoperta di meringa. E da dieci anni, per testimoniare che la Valconca è terra di confine, mette in vetrina la pagnotta marchigiana. Un dolce salato, con questi elementi: farina, formaggio (grattugiato ed intero), sale, uova, pepe. “Il sapore è eccezionale”, commenta Ermes Villla.
Tirincanti – Cattolica
Il Panificio Tirincanti è il secondo più antico di Cattolica. Inizio attività nel 1904 con Serafina Ercoles e il marito Giuseppe Tirincanti. Lui di fatto faceva il pescatore, e la mente dell’azienda era lei, Serafina. Nel 1940 il figlio Giovanni continua l’attività dandone ulteriore slancio. Poi nel 1966 si continua con l’attuale proprietario, Giovanni Tirincanti, 70 anni. “Continuo con orgoglio – dice – un lavoro che mi piace, iniziato da mia nonna Serafina, poi proseguito dallo zio Giovanni. Con lui ho iniziato a lavorare nel forno a soli 10 anni. Ho avuto la fortuna e la possibilità di potere raccogliere tutti i segreti e la professionalità di una tradizione artigianale molto importante”.
La saga del Forno Tirincanti è destinata a durare ancora a lungo. Infatti anche i due figli da tempo hanno deciso che quell’attività sarebbe diventata il loro lavoro, anzi, vista la passione, la loro missione. “Mi sono laureato in Economia e Commercio – dice il secondogenito Alessandro, 32 anni – ma nonostante i sacrifici soprattutto per la pesantezza degli orari, ho deciso di continuare il lavoro di mio padre”. E’ un po’ lo stesso percorso del figlio maggiore, Alberto, 40 anni, che diplomatosi al Liceo Scientifico, dopo poco tempo lascia l’università per dedicarsi a tempo pieno al forno.
Oltre ad una varietà estesa di tipi di pane, il Panificio Tirincanti è famoso e apprezzato per i dolci da forno, soprattutto quelli della nostra tradizione. Miacetto per Natale, castagnole e frittelle per carnevale. Poco prima del periodo pasquale appare l’ottima “piada dolce” e poi via soprattutto con la pagnotta pasquale. “Oggi è un prodotto che tira molto – dice Giovanni Tirincanti -, vendiamo circa 2 quintali di pagnotte. Ai quali si aggiunge anche una forte produzione di colombe pasquali. Per fare la pagnotta si prepara il lievito il giorno prima, poi si impasta 2-3 volte, si aggiunge lo zucchero e il condimento e poi il tutto si lascia lievitare per circa 12 ore prima di metterle nel forno”.
Giovanni Tirincanti ci dice grossomodo come nasce una buona pagnotta pasquale. Ovviamente quantità degli ingredienti, segreti che derivano da decenni di esperienza, ecc. rimangono, giustamente, racchiusi in bottega. Il Forno Tirincanti da sempre, laboratorio e rivendita, si trovano a Cattolica in via del Porto. Da un paio d’anni hanno aperto un nuova rivendita, solo per l’estate, nella nuova darsena interna al porto. In famiglia è molto importante anche il ruolo della signora Giovanna, moglie di Tirincanti: grande dinamicità e capacità organizzative.
La tradizione dei dolci della tradizione è ancora molto forte a Cattolica, nonostante i tanti prodotti industriali. Diversi decenni fa usava che il miacetto e la pagnotta pasquale venissero fatte in casa, praticamente in ogni casa, e poi si portavano nei forni per farle cuocere. “Questa usanza resiste ancora – conclude Giovanni – infatti molte signore anziane non rinunciano a farsi il loro miacetto e pagnotta con le proprie ricette della tradizione e ce le portano a cuocere”.