LA STORIA
di Fosco Rocchetta
– All’alba del 28 dicembre 1908, risale il devastante terremoto di Messina e Reggio Calabria che causò la morte di oltre centotrentamila persone. Resoconti giornalistici e filmati dell’epoca, narrano che alle 5 e 21 minuti di quel nefasto 28 dicembre, nell’oscurità, mentre la maggior parte della popolazione era immersa nel sonno, uno spaventoso sisma del 7,1° grado della scala Richter, seguito da un maremoto, mise a soqquadro le città di Messina, Reggio Calabria e le coste calabro-sicule, con ripetute scosse telluriche di incredibile violenza.
Appena avuta notizia della tragedia, il conte Felice Pullè (Modena 1866 – Riccione 1962), esemplare figura di medico, scienziato, scrittore, docente universitario, amministratore pubblico, diplomatico, tra i principali artefici dell’autonomia comunale riccionese, ricordato per la sua indefessa opera al servizio della comunità locale, e soprattutto per l’umanità nei confronti dei più deboli, nelle vesti di Presidente dell’Associazione Medica Riminese (Riccione diverrà comune autonomo quattordici anni dopo nel 1922), prontamente cercò di raggiungere Messina con una squadra organizzata dal Comune di Rimini. Pervenuto sui luoghi del disastro, si prodigherà per soccorrere gli ultimi superstiti, e portare aiuto alle popolazioni martoriate dallo spaventoso cataclisma. Di particolare intensità emotiva, sono le parole del telegramma con cui Pullè, dal piroscafo Enna su cui era imbarcato, descrive le prime immagini e sensazioni della disgrazia, mentre sta per giungere alla triste e dolorosa meta: “?man mano che ci si avvicina vediamo case senza tetto o senza tutta la parete verso noi. Laggiù la povera Messina è ancora avvolta dalla nebbia. Nebbia che scende dal cielo, nebbia che sale dagli incendi che ancora avvampano nel suo seno. Pare che cielo e terra cooperino per coprire con un fitto velo ai nostri occhi lo strazio che han fatto della sciagurata bellissima città!… Messina è proprio rasa al suolo senza alcuna esagerazione, manca pane e acqua. Cadaveri numerosi insepolti”.
Inserito nella squadra dell’Emilia e della Romagna, Pullè rimarrà nelle zone del sisma per vari mesi. “Instancabili, si muovevano tra le rovine, i muri pericolanti e le voragini: aiutavano i feriti, liberavano i sepolti, recuperavano le salme, portavano una parola di conforto ai vivi che si aggiravano disperati in quell’inferno”. Con queste efficaci e toccanti parole veniva descritto l’encomiabile aiuto prestato dai soccorritori romagnoli. Due anni dopo, nel settembre 1910, in occasione d’una solenne cerimonia che ebbe luogo a Rimini, verrà assegnata al medico riccionese la medaglia d’argento al valor civile, onorificenza del governo regio d’Italia, concessa ai cittadini che più si erano distinti per spirito di abnegazione e sacrificio nel soccorrere quella sventurate genti. Questa significativa decorazione, costituisce uno dei tanti riconoscimenti che il Prof. Pullè riceverà nel corso d’una lunga vita, straordinariamente ricca di valori e d’assiduo quanto instancabile impegno civile e sociale verso le persone più disagiate.
Questo “tsunami”, tuttora ritenuto dai sismologi uno degli eventi più catastrofici del Novecento, mise purtroppo ancora una volta lo stretto di Messina, l’antico “Fretum”, al centro della ribalta internazionale, a causa della furia distruggitrice della natura, che da secoli pare abbattersi con deleteria periodicità su quella magnifica parte d’Italia. I danni alle persone e alle cose furono di incalcolabile valore, favoriti per di più dall’irresponsabile comportamento delle amministrazioni locali, ree di aver ripetutamente trascurato il rischio sismico sempre incombente su quelle terre. Diverse iniziative che si svolgono attualmente, non solo nei luoghi colpiti dal sisma, ma anche in tutta Italia (cerimonie commemorative, convegni, pubblicazioni ecc.), contribuiscono a render vivo il ricordo di quell’immane catastrofe naturale che piombò sul nostro Paese. Nella straordinaria dimostrazione umanitaria di solidarietà che fece immediatamente seguito al dramma della gente siciliana e calabrese, cui presero parte l’Italia intera, ed anche, dall’estero, diversi popoli con soccorsi ed opere, si segnalò la generosa partecipazione della Romagna e della sua gente.