ARCHITETTURA
Attraverso gli edifici si costruisce un viaggio economico-sociale ed architettonico della durata di alcuni secoli. Oggi, molte residenze sono state riportate agli antichi splendori
– Arnaldo Pedrazzi fa un viaggio socio-economico raccontando 52 residenze signorili riminesi nel libro “La Rimini che c’è ancora: i palazzi storici” (Panozzo Editore, 352 pagine, 19 euro). Un’opera che tutti i riminesi dovrebbero avere nella libreria di casa.
Questa la sintesi: “Parlando di architettura civile a Rimini, occorre ammettere che sono poche le costruzioni private veramente notevoli, dopo la Signoria dei Malatesti, e forse a causa di essa, la nobiltà riminese non ebbe la forza morale ed economica di esprimersi attraverso una politica edilizia di grande prestigio. Palazzi patrizi, nel Seicento e nel Settecento, vennero costruiti in discreto numero nelle adiacenze delle due piazze principali e lungo l’attuale corso d’Augusto, ma in forme non più che dignitose anche quando erano di gran mole”.
Forse non ci sono eccellenze, ma il percorso, in rigoroso ordine alfabetico, è piacevole, curioso e coinvolgente. E rappresenta una parte delle radici di una comunità. Si inizia dal palazzo dell’ex abbazia di San Giuliano e termina con palazzo Zavagli. Il volume diventa un’ottima guida per alzare il naso all’insù quando si è nel centro urbano per lavoro, passatempo, o shopping.
Si è talmente presi dal richiamo dei negozi, e dalla fretta, che non si è portati ad ammirare che cosa ci sta sopra. Le schede, più o meno lunghe, sono impreziosite da una serie di immagini che aiutano il racconto. Ai palazzi meno noti, ci sono quelli cari alla memoria collettiva: Angherà, Buonadrata, Cassa di Risparmio, Diotallevi, Gambalunga, Lettimi, Massani, Valloni. E quelli molto noti, come i comunali di piazza Cavour: Arengo, Podestà, Garampi.
L’autore, Arnaldo Pedrazzi, è un po’ atipico. Nato a Rimini, famiglia di medici, è anch’egli un medico, un odontoiatra. Appassionato d’arte, ceramica, pittura, grafica, numismatica, negli ultimi anni si è occupato della storia di Rimini. Nel 2003, ha pubblicato, sempre in casa Panozzo, la prosecuzione di quest’opera. Titolo: “La Rimini che non c’è più”. Cioè quella distrutta dai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale (circa 200 solo dall’aria), dalla cultura della speculazione edilizia e dai terremoti, che ogni tanto si sono presentati ai riminesi, esigendo vite e palazzi.
di Francesco Toti