ECONOMIA
– Una crescita nella prudenza, ha sintetizzato il presidente Lorenzo Cagnoni. Nel 2012 Rimini Fiera dovrebbe fatturare 94 milioni di euro (140 il Gruppo), contro i 66 milioni (99 il Gruppo) della previsione 2008, pari ad oltre il 42 per cento in più. In media, un balzo del 9 per cento l’anno. Si metteranno sul piatto dello sviluppo 20 milioni di euro. Mentre i 55 milioni di debiti attuali saranno estinti nel 2012.
Questo è in sintesi l’ambizioso business plan (piano di sviluppo) di Rimini Fiera, uno dei gioielli economici del Sistema Rimini, per il quinquennio 2008-2012, presentato lo scorso 8 maggio, dopo che era stato approvato dal consiglio di amministrazione il 29 aprile e dai soci il 27 maggio.
Ha chiuso il 2007 con 50,7 milioni di euro di ricavi (più 5% sul 2005 anno di comparazione utile per la presenza delle stesse manifestazioni biennali). Erano 57,3 milioni nel 2006. Il Mol (Margine operativo lordo, ovvero) ha registrato 16,2 milioni di euro (16,6 milioni nel 2005). Nel 2007, il Gruppo ha toccato quota 80,9 milioni di euro, contro i 73,4 del 2005. Invece, nel 2006, il Gruppo mietette ricavi per 87,9 milioni di euro.
Curiosità, la dirigenza di Rimini Fiera aveva preventivato ricavi per 52,5 milioni di euro nel 2007. Di Gruppo 82,1.
In un mercato sempre più competitivo, con la nuova Fiera di Milano particolarmente aggressiva che costringe alle contro mosse, lo strumento di programmazione racconta come la Fiera dovrebbe raggiungere gli obiettivi.
Abbronzato, modi sicuri, parole ficcanti, senza disdegnare la battuta, Cagnoni ha argomentato: “La nostra ipotesi di crescita seguirà due strade. La prima; rafforzeremo le nostre manifestazioni storiche, investendovi più risorse, per renderle più interessanti nei contenuti e nelle attrattività. Vogliamo vendere di più, ed essere più aggressivi sui mercati.
La seconda strada; presenteremo nuovi prodotti e faremo nuove acquisizioni, se ci saranno le opportunità. Voglio sottolineare che la ricchezza di Rimini Fiera sta nei prodotti storici che ha affermato sui mercati. Possono subire i colpi del mercato, ma poiché sono nostri, non possono essere spostati altrove”.
Costata 250 milioni di euro, 1,4 milioni di visitatori nel 2007 (compreso i 700.000 del Meeting), 11 manifestazioni dirette (6 le indirette), Rimini Fiera è la terza in Italia dopo Bologna (125 milioni di euro di fatturato) e Milano. Cerca di aprirsi nuovi orizzonti tentando la carta estero. Insieme alla cugina Fiera di Bologna parteciperà alla gara per acquisire la Fiera di Belgrado. Sempre con Bologna, ed altri partner, c’è l’idea di costruire un quartiere fieristica a Mumbay (Bombay), in India. Per il territorio riminese la fiera crea ricchezza per circa 500 milioni di euro l’anno.
Dopo il fallimento della fiera sulla moda (First Alternative), quest’anno si presenta con tre nuovi appuntamenti: mobili, casalinghi-articoli da regalo e pietre preziose. Quest’ultima si farà sulla spinta della ventina di aziende riminesi del settore.
Oramai sembra tramontata l’idea di andare in Borsa (se ne parla con insistenza dal 2003). Gli esperti affermano che si va alla ricerca di nuove energie quando le cose vanno male, o per nuovi investimenti. Mentre, quando il giochino funziona, perché andare a dividere utili e posti di comando con altri soci?
Invece, si continua a parlare di fusione con la fiera di Bologna: si fanno tante chiacchiere e pochi fatti. Insomma, è come quella ragazza: tutti la volevano ma nessuno la prendeva. Insieme, sembra che ci sarebbero risparmi, grazie alle cosiddette economie di scala, per 10 milioni l’anno.
Su un altro fronte dell’espansione, Rimini Fiera è impegnata nella costruzione del nuovo palazzo dei congressi di Rimini, un’opera da 100 milioni di euro. Almeno 23 milioni, arriveranno dalla vendita di due lotti di terra edificabile: uno in via Emilia (37.000 metri quadrati), l’altro di 9.000 metri quadrati nei pressi della vecchia fiera. E’ il piccolo motore immobiliare che concretizzerà il centro congressi. In molti si domandano se è giusto o sbagliata l’operazione mattone. Se il principio generale è che le infrastrutture debbano essere pagate da tutta la collettività, e non da coloro i quali andranno ad acquistare quegli immobili, la risposta è semplice. Poi c’è l’altra scuola di pensiero. Al momento il cantiere è in ritardo di 2-3mesi e tra Rimini Fiera e l’azienda che tira su la struttura c’è un braccio di ferro; la stessa storia era successa per il PalaRiccione. Cagnoni: “Abbiamo scritto una lettera; la loro risposta l’ho trovata assolutamente insoddisfacente”.
SOCI
Comanda il pubblico
– L’assetto societario di Rimini Fiera è questo: l’85% appartiene al Comune di Rimini, la Provincia di Rimini e la Camera di Commercio con quote eguali. Il restante 15% contempla soci privati: Promotor International, King, Impregilo, FieraInvest Srl, Banca Opi, Albergatori Rimini; Newco Ascom Spa, Confesercenti Invest Srl, Cbr, Ceisa, Assimpresa Spa, Cassa di Risparmio Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio Rimini, Banca Malatestiana, Concrete Srl, Camst, Adria Invest Srl, Api Associazione Piccole e Medie Imprese di Rimini, Confindustria Rimini, Fincoop Rimini Srl, S.ala.
GLI UOMINI
Ermeti, vicepresidente
– Lo scorso 22 novembre, l´assemblea dei soci di Rimini Fiera (Camera di Commercio, Comune di Rimini e Provincia di Rimini controllano l’85% del capitale) ha nominato il nuovo consiglio d´amministrazione.
Presidente
Lorenzo Cagnoni
Consiglieri
Marco Borroni (in rappresentanza dellla Provincia di Rimini), Sabrina Zanetti (Provincia di Rimini), Francesco De Musso (Comune di Rimini), Gian Luigi Piacenti (Comune di Rimini), Maurizio Ermeti (vice-presidente, Camera di Commercio di Rimini), Mirco Pari (Camera di Commercio di Rimini), Salvatore Bugli (in rappresentanza dei due soci privati), Ferruccio Macola (Promotor), Silvano Piccorossi (Gruppo Seragnoli).
Direttore Generale
Piero Venturelli