FOCUS
– Elezioni nelle elezioni, le primarie del Pd per le varie cariche elettive che vanno a scadenza nella prossima primavera, stanno facendo emergere nuovi equilibri e nuove alleanze, all’interno. Perché in vista del voto si è dispiegato tutto quel “sistema feudale” che una volta erano le correnti, e che oggi si caratterizzano comunque come potentati interni al partito.
Partendo dal Pd, la divisione principale è tra ex: diessini e margheritini. Per quanto le alleanze possano essere trasversali, ogni tanto qualche velleità campanilistica (specie tra i centristi) salta fuori.
All’interno degli ex diessini si dice vi sia stato un patto, siglato tra il segretario Andrea Gnassi, e l’uomo forte di sempre, Maurizio Melucci, per la candidatura di un ex diellino: Stefano Vitali (soluzione che sarebbe gradita anche al sindaco di Rimini Alberto Ravaioli, che col futuro presidente della Provincia avrà due anni di convivenza).
Vitali è persona con un grande seguito, come noto, nel mondo del volontariato cattolico, ha svolto con grande professionalità il ruolo di assessore ai Servizi sociali in Comune per quasi dieci anni, inanellando vari successi (qualcuno sofferto come quello dei nomadi).
La sua candidatura pare abbia però scontentato un po’ tutte le altre “anime” ex dielline. Prima della candidatura di Vitali, infatti, il nome più accreditato per succedere a Nando Fabbri era quello del suo vice, Maurizio Taormina, almeno se si fosse optato (appunto) per un ex della Margherita. Taormina può contare su truppe numerose sia a Rimini città sia in provincia (soprattutto in Valconca), gode di non poche simpatie tra varie categorie di lavoratori (negli ultimi anni si è occupato attivamente delle varie aziende in crisi trovando strumenti di sostegno per chi rischiava di uscire dal mondo del lavoro), e si è presentato come l’unico che avrebbe potuto compiere il miracolo di tenere in una stessa coalizione dall’Udc a Rifondazione Comunista. Taormina è sempre stato in ottimi rapporti, tra l’altro, col “suo” presidente, e pare che proprio sulla sua candidatura si sia creato uno screzio tra Fabbri e Gnassi.
Un altro che, anche se non pubblicamente, non aveva fatto mistero di gradire l’investitura a presidente della Provincia era Mauro Ioli. Potente soprattutto in Valmarecchia, Ioli ha appoggi anche a Cattolica ed è in buoni rapporti col sindaco di Rimini Ravaioli. Gode di simpatie anche da parte di varie aree diessine, sia a Santarcangelo che a Rimini.
Non si era invece presentato in prima persona, ma aveva cercato di imporre un suo uomo, Ermanno Vichi. Qualcuno si aspettava che, da vecchia volpe quale è, avesse speso la candidatura di Fabio Zavatta (ritirata prima dell’inizio delle primarie) e si tenesse nella manica quella del giovane Gigi Bonadonna, però mai uscita. Oltre al segretario comunale del Pd, Vichi ha una rete di appoggi sparsi un po’ in vari ambienti, non escluse diverse simpatie ex diessine.
E’ chiaro che se Gnassi e Melucci faranno convergere i voti, alle primarie, su Vitali, per gli altri (o meglio per l’unico rimasto in corsa, Taormina) difficilmente ci sarà partita.
Pdl
La situazione pare ancora molto più coperta dall’altra parte, cioè sul fronte del centro-destra. L’unico nome finora girato è quello del senatore Sergio Pizzolante. Ex socialista, in questi primi anni di legislatura si è fatto vedere molto, gode di simpatie anche in qualche ambiente di sinistra, e candidando lui si potrebbe, grazie all’aura ministeriale, sfruttare al meglio il traino del governo Berlusconi. E in caso di vittoria, dimettendosi, Pizzolante lascerebbe un posto libero, magari per Marco Lombardi che un anno dopo finirebbe la sua seconda legislatura in Regione.
La cosa potrebbe non dispiacere ai colonnelli di An (o meglio, ex di An): Oronzo Zilli potrebbe essere il candidato alla poltrona di sindaco di Rimini nel 2011 e Gioenzo Renzi puntare ad un secondo mandato in Regione con varie prospettive future aperte. D’altra parte tra i due vecchi nemici (Zilli e Renzi) pare sia scoppiata la pace, con la benedizione di Filippo Berselli e di Giampaolo Bettamio, i quali, con i riminesi sistemati, portandosi “a casa” alle urne qualche piccolo comune della provincia, vedrebbero ben pochi ostacoli sulla via della permanenza a Roma.