– “San Giovanni in Marignano – Feste, riti e santi della tradizione”, è il libro curato da Nicoletta Biondi. La pubblicazione rientra nel progetto Padma Lab promosso dalla Provincia di Rimini e dal Comune di San Giovanni. Titolo del progetto riferito alla bassa valle del Conca: San Giovanni in Marignano. L’identità del territorio. Ideazione e coordinamento: Maria Lucia De Nicolò. Collaboratori: Laura Ballante, Nicoletta Biondi, Paola Novara, Cristina Ravara Montebelli.
“Il territorio di San Giovanni in Marignano, – scrive Maria Lucia De Nicolò nell’introduzione – caratterizzato dalla presenza di diversi corsi d’acqua, nonché dalla vicinanza di un approdo sul mare, nel quadro litoraneo del versante occidentale dell’Adriatico rappresenta un interessante osservatorio, utile ad una esercitazione storica di lungo periodo. Sin dall’età preromana la bassa valle del Conca si manifesta un luogo particolarmente favorevole all’insediamento umano e sulla scorta dei materiali archeologici rinvenuti negli ultimi tempi sembra confermarsi anche come luogo di scambio assai attivo con presenze culturali diverse (greca, etrusca, daunia, picena). Gli insediamenti antichi, a carattere prevalentemente agricolo, erano strettamente legati al buon andamento delle colture, conseguente dunque era l’esigenza dell’uomo di seguire ed indagare il ripetitivo succedersi delle stagioni e di programmare in qualche modo una sorta di simbiosi con la natura per poter sfruttare al meglio le potenzialità dei suoli cercando di potenziarne le rese anche con il ricorso a particolari rituali. L’unica incognita erano gli eventi climatici imprevisti e le catastrofi, contro cui non si poteva far altro che rimettersi ad interventi sovrannaturali. Si mettevano in atto così pratiche a carattere apotropaico, per attirare forze magiche e divinità benefiche che altro non erano che personificazioni degli elementi naturali (basti pensare al dio sole o alla madre terra) e che successivamente vennero trasformate in figure umanizzate, ognuna con un proprio elemento caratterizzante (ad es. Cerere legata alla produttività della terra o Artemide, connessa alla luna). Alcuni frammenti archeologici provenienti dal territorio marignanese permettono di considerare anche gli aspetti di questa religiosità, dando modo di individuare alcuni antichi culti particolari devozioni (Venere, Igea, Giove Sereno, Minerva, Ercole). Gli uomini celebravano riti propiziatori per ingraziarsi la benevolenza di queste divinità e spesso i riti più significativi si svolgevano nei momenti culmine dei cicli stagionali, cioè in occasione dei solstizi e degli equinozi o anche fra le mura domestiche. Con la diffusione del cristianesimo la Chiesa, non potendo debellare certi culti pagani che costituivano il substrato culturale della popolazione locale, ha cercato di legittimarli assorbendo in un’ottica cristiana anche ancestrali pratiche superstiziose. Le nuove figure si sono così sostituite alle antiche divinità dell’olimpo pagano e accanto al cristianesimo istituzionalizzato se ne è affermato un altro fondato sulle tradizioni e sul folklore popolare, legato alla devozione di reliquie, alla memoria di miracoli ricevuti, agli ex voto, ai pellegrinaggi o alla celebrazione di cerimonie particolari in onore del santo patrono. Un cristianesimo, se vogliamo, anche più umano, perché la richiesta di intercessione presso Dio rivolta ad un santo, è strettamente connessa con il senso di paura e di impotenza che l’uomo prova di fronte alle catastrofi naturali, alle epidemie, alle malattie o più in generale di fronte a tutto ciò che non è prevedibile. E’ questa la religione popolare, fortemente incentrata sul legame dell’uomo con la terra e con la natura”.
Il lavoro di Nicoletta Biondi “prende avvio dal censimento delle quadrerie esistenti negli edifici sacri di San Giovanni e susseguente lettura storica e antropologica dei soggetti rappresentati. Lo scopo è quello di mettere a fuoco, attraverso l’analisi delle scelte iconografiche e dei santi fatti oggetto di devozione, la comunicazione attivata dalla simbologia figurativa e il legame fra i caratteri originali e identificativi della società e la religiosità popolare, ricercando anche le sopravvivenze degli antichi culti precristiani richiamati dal ciclo agrario. La ritualità celebrativa delle feste calendariali e insieme ad essa anche tutta una serie di pratiche superstiziose e di abitudini alimentari, mettono in piena evidenza le vocazioni del luogo e le principali attività della società ivi insediata permettendo di individuare, in un percorso di lungo periodo, tradizioni e peculiarità produttive in cui emergono come emergenze connettive soprattutto la cultura della vite e del grano”.