– In una recente trasmissione televisiva, molto seguita, veniva detto che la nostra scuola, rischia di provocare un analfabetismo generale in quando non insegna più, né tanto meno educa.
L’ortografia è vilipesa, la sintassi è una chimera, il lessico è sempre più immiserito e involgarito, la nostra lingua è sempre più “imbastardita” da continue incursioni dell’inglese, sintomo di ignoranza e disprezzo della propria identità, non parliamo poi della matematica e della capacità di ragionare e di mettere insieme idee e progetti.
Il declino comincia nel 1963 anno della prima riforma importante, quella della Scuola Media unica, lodevole nelle intenzioni, ma carente nella sua realizzazione.
E, soprattutto, iniziatrice di un pericoloso processo di livellamento generale verso il basso.
Il fatto che fosse “scuola dell’obbligo” per qualcuno significò “devono essere tutti promossi” a prescindere, sia dall’impegno profuso, sia dai risultati ottenuti; le conseguenze di questo modo di ragionare sono sotto gli occhi di tutti.
Seguono altri interventi importanti che, però, non migliorano la situazione anzi contribuiscono a peggiorarla.
Nel 1974 i decreti delegati, forse mal capiti e applicati, creano più confusione che democrazia e rendono la scuola mal governabile e mal governata.
Nel 1985 e 1990 si continua l’opera demolitrice. Per accontentare gli appetiti sindacali, si aggiungono discipline nuove e maestri in abbondanza, sostituendo il “classico” maestro/a con
tre maestri per due classi.
Stendiamo un velo pietoso sulle riforme del 1996 e 2000 definite “irrealizzabili” dagli stessi ideatori. Quella del 2002, partita con buone intenzioni e buone idee, avversata da molti ( forse troppi) poi, quasi autoaffondata da aspettative e ambizioni eccessive e scartoffie sovrabbondanti.
E arriviamo al nostro attuale ministro il dr. Fioroni.
In questo anno e mezzo di gestione del timone della Pubblica Istruzione non si può dire che sia brillato per aver adottato provvedimenti significativi nell’ottica di un miglioramento della situazione.
Cerchiamo allora di dare una mano al Ministro proponendo alcuni interventi, immediatamente attuabili e a costo zero.
Stoppiamo per un po’ il penoso ritornello della mancanza di risorse, proviamo ad usare meglio quelle che abbiamo, che non sono poche e sono abbondantemente in linea con quelle dei paese più sviluppati.
Sono misure semplici ed essenziali, auspicate dagli educatori e dai genitori, alle quali un ministro responsabile potrebbe, e dovrebbe, mettervi mano immediatamente:
– rivedere profondamente e riequilibrare lo Statuto dei diritti e doveri delle studentesse e degli studenti del 1999 affinché i piccoli Abele siano più tutelati e i piccoli Caino adeguatamente sanzionati;
– riproporre, per l’attuazione immediata alle elementari, la figura del maestro prevalente, ruolo istericamente osteggiato dal sindacalismo estremo, ma certamente utile punto di riferimento sia per gli alunni (ancora bambini) sia per i genitori;
– ridurre all’essenziale gli “obiettivi di apprendimento” recuperando i programmi del 1955 e 1985 affinché le nozioni importanti ed essenziali abbiano il giusto rilievo e spazio;
– ripristinare la pagella, sintetico e chiaro mezzo di valutazione e di informazione per gli interessati (alunni e genitori);
– eliminare, o quanto meno ridurre al minimo, gli impegni burocratici non indispensabili;
– ripristinare il voto di condotta, restituendogli il suo valore originario di elemento decisivo per il proseguimento del percorso scolastico; la scuola non può prescindere dall’educare al senso di responsabilità i giovani che la frequentano;
– vietare le “occupazioni”, sollecitando i presidi ad esercitare la opportuna vigilanza ed il necessario rigore, il caos e l’anarchia non aiutano né educano; fanno solo danni, materiali e morali;
– riproporre gli esami a conclusione di ogni ciclo scolastico; è certamente un bene per l’alunno imparare presto a superare le difficoltà della scuola per prepararsi ad affrontare quelle della vita;
– stimolare l’editoria scolastica a produrre e proporre ( e gli insegnanti ad adottare) testi di elevato livello culturale, perché gli alunni imparino ad amare la lettura e i libri, evitando di cambiare edizione troppo spesso per non aggravare di costi le famiglie;
– abbreviare i tempi e modificare il concetto di “tempo pieno”, non è corretto che i figli stiano a scuola più tempo di quanto i loro genitori stanno sul lavoro. Non serve e non produce risultati positivi.
– da ultimo, ma molto importante, trasmettere ai giovani, alle famiglie e agli insegnati una nuova fiducia nelle istituzioni scolastiche, indirizzando tutti verso un impegno comune, scevro da polemiche sterili e teso solo rendere la scuola sempre più un servizio fondamentale per l’intera comunità.