– La qualità dell’aria nelle nostre città è divenuta ormai una emergenza nazionale in considerazione della dimostrata correlazione fra inquinamento ambientale e salute.
Nelle città le principali fonti di inquinamento atmosferico sono rappresentate dal traffico veicolare e dal riscaldamento domestico; in particolare il primo rappresenta, su scala nazionale, la maggiore sorgente di ossidi di azoto, monossido di carbonio, di polveri sottili (PM10) e di pericolosissimi idrocarburi cancerogeni come il Benzene ed il Benzopirene.
La concentrazione dell’ozono, molecola tossica per l’uomo, negli strati più bassi dell’atmosfera è raddoppiata nell’ultimo secolo e si presenta con sempre più ricorrenti e preoccupanti picchi estivi. L’impatto sulla salute dei cittadini e sui costi sociali delle alte concentrazioni di inquinanti nell’aria, calcolando le morti, le perdite di giornate di lavoro, i ricoveri ospedalieri ed i casi di malattia è drammatico.
Nelle otto maggiori città italiane l’inquinamento atmosferico urbano è stato responsabile nell’anno 2000 di 3.472 decessi, 4.597 ricoveri ospedalieri, decine di migliaia di casi di disturbi bronchiali e asmatici e di 10 morti al giorno.
Per non parlare dell’aumento esponenziale di incidenza del cancro del polmone che negli ultimi 30 anni è andato di pari passo con l’abitudine al fumo e con l’inquinamento atmosferico.
La concentrazione nell’aria di biossido di azoto (NO2) costituisce, insieme alle polveri sottili e all’ozono, uno tra i maggiori problemi con cui le amministrazioni devono oggi confrontarsi.
Lo dimostra il fatto che il monitoraggio sistematico delle polveri sottili (PM10), fino agli ultimi anni piuttosto scarso, ha ormai quasi raggiunto la stessa diffusione del monitoraggio di CO e NO2.
Non è casuale che questa maggiore attenzione sia dovuta alla esistenza di una normativa europea che fissa dei limiti di concentrazione e stabilisce provvedimenti quando il limite di attenzione di 50 microgrammi per metro cubo di polveri giornaliere viene superato per più giorni consecutivi.
La stessa normativa europea, per quanto riguarda la media annuale, fissa un limite di 40 microgrammi per metro cubo che si prevede di abbassare a 20mg/m3 (entro il 2010).
Le amministrazioni delle nostre città, ormai sensibilizzate al problema, si stanno adoperando per monitorare le concentrazioni dei maggiori inquinanti atmosferici e quando questi raggiungono livelli considerati pericolosi per la salute, vengono presi drastici provvedimenti come la limitazione o addirittura il blocco del traffico.
Ma questo non basta!
Sia gli amministratori che tutti coloro che si occupano di salute ed ambiente lo sanno bene.
E’ ormai giunto il momento in cui (non è mai troppo tardi) bisogna ripensare la organizzazione e lo sviluppo delle nostre città attuando una corretta pianificazione del territorio in un processo che coinvolga gli amministratori, le categorie economiche, gli urbanisti, gli ambientalisti e i cittadini.
In particolare è importante sensibilizzare questi ultimi che sono spesso poco attenti a questo problema ed in particolare quelli dei piccoli centri urbani che si ritengono (erroneamente) coinvolti solo marginalmente.
Occorre promuovere politiche di contenimento delle emissioni che mirino ad una effettiva e duratura riduzione dell’inquinamento atmosferico.
Gli interventi da approntare sono numerosi.
– Incentivare la ricerca e favorire l’impiego di fonti energetiche rinnovabili e meno inquinanti.
– Favorire i mezzi pubblici creando corsie preferenziali e percorsi protetti.
– Favorire il trasporto ferroviario aumentando il numero dei convogli che collegano i paesi limitrofi alle città capoluogo e incentivare il loro utilizzo con agevolazioni ai cittadini che ne fanno uso.
– Diversificare le tariffe dei parcheggi a pagamento, aumentando il costo dei ticket nelle zone meglio servite dai mezzi pubblici ed abbassandoli nei parcheggi decentrati.
– Introdurre un sistema di pedaggio per l’ingresso nei centri storici.
– Incentivare l’uso di taxi collettivi e bus a chiamata; differenziare, in sostanza, l’offerta di trasporto mediante l’introduzione, la valorizzazione e il potenziamento di alcuni servizi.
– Promuovere la mobilità ciclabile realizzando piste non solo per lo svago.
– Istituire zone a traffico limitato che abbraccino integralmente i centri storici e realizzare isole pedonali ovunque sia possibile.
– Individuare strade dove vietare la sosta e la fermata, lungo le arterie di maggior traffico al fine di fluidificare la circolazione.
– Intensificare l’attività di controllo dei vigili urbani.
– Pianificare per tempo le aree residenziali ponendo severi limiti alla speculazione.
E’ chiaro che questi interventi inderogabili si scontrano con una serie di ostacoli culturali, economici, corporativi e speculativi, finendo inesorabilmente per intaccare rilevanti interessi:
le aree verdi non sono economicamente appetibili perché ritenute “infruttuose”, la chiusura dei centri storici alla circolazione compromette (si dice) gli interessi di molte categorie economiche, le aree edificabili sono preda della speculazione edilizia, la metropolitana di costa è brutta (e poi passa sul mio giardino), ho comprato la macchina nuova e la devo fare vedere nel centro della città? ce ne è per tutti!
P.S. Sono le due di notte e mentre scrivo queste considerazioni, sento il suono “caro e antico” del nautofono che mi dice, che fuori c’è nebbia, evento meteorologico che mi ha sempre affascinato (rende tutto più omogeneo e ovattato).
Ma mi dice anche che in queste condizioni metereologiche gli inquinanti atmosferici sviluppano al massimo il proprio potenziale nocivo.
Scusate se al traffico preferisco la nebbia.
di Paolo Fabbri
Medico reparto di Oncologia ospedale di Cattolica