Il libro si intitola “Vanga e sapa: attrezzi e oggetti della vita contadina” (154 pagine da non perdere). Racconta la Saludecio che non c’è più, ma che è esistita fino a pochi anni fa: cara agli anziani che ritrovano se stessi e educativa per i giovani che scrutano la vita dei nonni e dei genitori. E’ saludecese anche l’editore, Massimo Panozzo, la madre è un’Albini.
In versi (epigrammi) dialettali, con traduzione a fronte, Sanchini racconta la civiltà contadina attraverso otto grandi attività: il campo, l’aia, la cucina, la camera di là (il ripostiglio), la camera da letto, la cantina, la stalla e il magone (gli stati d’animo). Lo fa con la leggerezza distaccata e il rigore dello studioso senza affettazioni: va alla radice di ogni questione.
Molti oggetti d’uso arrivano da altre terre. Curioso è la “trufa”, un orcio di confine, molto utilizzato nelle Marche, caratterizzato dal foro piccolo dal quale si beveva il vino. Più il foro era piccolo e più costava. Data la scarsità, meno vino si beveva e più valeva. Ogni attrezzo è illustrato da Sergio Balduini. Quello di Sanchini è viaggio di emozioni piene.
Il Comune di Saludecio ha regalato il volume ad ogni famiglia saludecese. Da conservare e lasciare in eredità alle future generazioni.
Negli anni Sanchini ha pubblicato numerosi libri che fissano il passato, tutti sulla civiltà contadina. Molto affettuoso “La pulénta te’ pèz”, le grottesche quanto esilaranti storie degli abitanti di Cerreto. Un’ironia degna della migliore tradizione inglese. Un signor tocco di civiltà.