A ZONZO NEL GIARDINO DELLA MENTE
di Danny Fabbri Nicolet
– La pittura del XX secolo non si può pensare avulsa dall´insieme delle concezioni elaborate dalla filosofia e dalla scienza dello stesso periodo. Essa rappresenta il tradursi in immagini del modo di pensare e di sentire con cui l´uomo moderno comprende se stesso e il proprio ambiente; espressione del suo inserirsi – che egli stesso ha scelto o che ha subito per l’adempimento di un piano superiore – nel grande quadrante Io e Mondo, Celeste e Terreno.
Vi sono mutamenti che riguardano non della sfera del singolo ma dell´intera specie umana e si riflettono dall´architettura alla scultura, fino al dominio della musica e della poesia. Già il riconoscere questo fatto è cosa importante poiché ci rivela gli echi e le risonanze che una diversa concezione della realtà porta in tutte le sfere espressive con il trascorrere delle generazioni.
Chiameremo FONDAMENTO DI REALTA´ il sistema di coordinate che definisce la percezione del mondo e del rapporto io-mondo dell´uomo moderno.
Quale struttura ha questo nuovo sistema di coordinate?
Quale aspetto assume la mutazione del fondamento di realtà, nella coscienza della realtà, nella percezione della realtà, e come influisce sulla pittura, ossia come si riflette nel mondo delle immagini pittoriche, e quale funzione risolutrice e liberatrice esercita in questo mondo delle immagini?
Domandiamoci cosa ci possono offrire le scienze naturali moderne, ossia la scienza della realtà. “L´arte dell´avvenire sarà la traduzione in forma delle nostre concezioni scientifiche” (Franz Mark)
Il Cubismo aveva reso familiare il concetto di quarta dimensione nell´estetica moderna e nella terminologia dell´artista moderno, con la sua prospettiva multipla, a più fuochi simultanei e la rappresentazione dinamica, aprospettica, della dimensione-spazio-temporale. Che vi sia un certo rapporto tra la scienza e la pittura pare dimostrato dalle date. I rivolgimenti radicali nella pittura si verificano fra il 1900 e il 1910, e le date importanti sono: 1905 il Fauvismo; 1907 il Cubismo; 1910 la Pittura Astratta. Un’altra serie di date parallele: 1900 la teoria dei quantum di Planck; 1900 l´onirologia di Freud; 1905 la Teoria della relatività speciale di Einstein; 1908 la Formulazione matematica della dimensione Spazio-temporale ad opera di Minkowsky.
Si tratta di celebrare incontri, dell´accendersi di analogie e legami intuitivi che mettono in evidenza un comune fondamento di realtà. Se ci si pone una buona volta da questo punto di vista e si cerca di riconoscere la posizione che la nostra visione interiore ha assunto rispetto ai poli del nostro umano sistema di coordinate e, in una parola, al nostro fondamento di realtà, da cui emanano le forme del pensiero e i modi di rappresentazione, si potrebbe giungere a riconoscere quel intrinseco rapporto.
Ora, la pittura si muove nel campo della pura visibilità; riproduce qualcosa di visibile o rende visibile qualcosa.
Rivolgeremo il nostro esame a quel campo dell´attivita spirituale cui legittimamente compete la spiegazione del reale, ossia al campo della scienza: la risposta è assai precisa, e tuttavia, data la natura stessa dell´argomento è in se stranamente criptica ed ambigua. Essa risolve il concetto di “realtà”, concetto, che a questo punto, può essere usato solo metaforicamente, o perlomeno essere visto su due piani.
La realtà percepita dai sensi è uno dei due piani da considerare: il suo raggio si estende dall´organizzazione elementare della materia fino al grande ordine mobile del nostro sistema solare. Dominano le leggi della meccanica classica con inviolabile validità e si può riprodurre in modelli visibili o almeno immaginabili. Ha carattere essenzialmente geometrico, continuo, statico, prospettico e si ordina sulle categorie di spazio-tempo. Ma già in questo complesso di realtà obbiettiva la zona di percettibilità dell´uomo era venuta straordinariamente e progressivamente screditandosi. Questa è cosa universalmente nota -fin dai tempi di Platone- ma raramente le si permette di affiorare alla coscienza.
Basterà un esempio: proprio l´elemento visivo, cioè la luce, viene percepito dall´occhio umano solo nella gamma piuttosto esigua compresa fra il rosso e il violetto;
Il nostro occhio resta insensibile a tutta la restante estensione dello spettro luminoso. Ciò che vediamo è dunque un immagine assolutamente incompleta, parziale, falsa e indistinta. Se si sommano tutti questi fenomeni in uno, questa “realtà obbiettiva” dell´uomo si riduce a un riflesso di percezioni e il “mondo” ha una costruzione della coscienza umana. Solo dietro questo mondo di ombre traluce un possibile sfondo di realtà, come riflesso di norme matematicamente concepibili.
Con la teoria dei quanti si vien dicendo che materia ed energia diventano due categorie stranamente interscambiabili. Con Einstein tutte le costanti fondamentali della nostra visione del mondo-spazio, tempo, materia, energia, hanno nel nuovo quadro un valore del tutto condizionale, non sono più costanti ma, relative ai limiti percettivi dei nostri sensi.
Questo piano di realtà, viene però abbracciato e compreso da un secondo piano, in cui non solo si acuiscono fino all´estremo le discrepanze osservate (teoria dei quanti di Planck 1900 e teoria della relatività di Einstein 1905), ma vengono invalidate tutte le categorie dei sistemi di rappresentazione ritenuti finora validi.
All´inizio del XX secolo un secondo piano è dunque affiorato alle soglie della nostra coscienza. Su questo piano la rappresentazione che ci facciamo della realtà “cambia”. Sembra una cosa semplicissima; basta che l´uomo scavalchi le barriere concettuali che delimitavano il suo spazio e contempli il mondo da questa nuova posizione. Ma questo non gli è consentito giacché egli stesso è parte della propria “realtà” e trascina sempre con sé questo suo guscio che rendeva insormontabile l´abisso fra l´uomo e la realtà oggettiva e che questa, quanto più sembrava dischiudersi, tanto più diveniva astratta, perdeva ogni analogia con le immagini sensorie e visive, per affacciarsi alla rappresentazione umana solo sottoforma di simboli (matematici in fisica).
Ad un fisico, oggi, posto davanti alla parola “reale”, non rimarrebbe che stringersi nelle spalle e domandare in che sistema di coordinate lo si intende definire, che ormai nel suo linguaggio non esiste più.
Ci sono dunque più “realtà”, o almeno ce ne sono due, una ” umana” ed una “extra-umana”. Poiché non è possibile collegare questi due piani non resta che rispettare come tali le contraddizioni che traducono nella nostra realtà, in quanto provengono da ciò che è diverso, estraneo, remoto: riconoscere la loro “assurdità”, provocarla per via sperimentale, e individuare, attraverso costruzioni ideali ed esperimenti concettuali, il sistema di coordinate in cui questo assurdo ha diritto di cittadinanza e ricorre normalmente; l´immagine del mondo risultante avrà carattere puramente simbolico, di abbozzo, di allegoria.
Così, nella scienza naturale moderna ci troviamo di continuo davanti a questa incalzante esigenza di trasformare immagini concettuali, “di creare una nuova atmosfera spirituale”; davanti all´affermazione sempre più energica del principio che la conoscenza scientifica “dipende dalla posizione in cui la nostra visione interiore si trova rispetto alle cose”, davanti a una invocazione sempre più insistente della “fantasia creatrice”. Se così stanno le cose, non sarà errata la tesi che anche la forma della conoscenza scientifica sia essenzialmente un fenomeno di stile e produca immagini di sé che si connettano con la situazione esistenziale dell´uomo in un determinato momento storico, esattamente come l´architettura, la scultura e la pittura.
Più d´uno si chiederà : “ma che ha da fare tutto ciò con la pittura e la poesia”? Non esiste forse l´albero, la rosa, il fiume fuori dalle onde luminose che generano la sua immagine? La domanda è male impostata. Ma se dovessimo comunque rispondere a questa domanda, nonostante la sua erroneità, saremmo costretti a dichiarare esplicitamente: questo albero, questa rosa, questo cielo stellato oggi, per il pittore e il poeta non esistono più. Dobbiamo abituarci al fatto che, quando si tratta davvero di un modo di vedere che sorga dal profondo dell´esistenza – come avviene nei pittori e nei poeti – è sorta anche un’altra “ottica”. E´ vero che il pittore “vede” l´albero più o meno come tutti gli altri; ma come signore della visione, come contemplatore, egli, vede l´albero sotto un´ altro aspetto, giacché come artista si pone con esso in un rapporto suo proprio. Per dirla in termini più generali, si sposta d´interesse dalla staticità del sostantivo (albero fiume) alla dinamicità dei verbi in esso celati (crescere, fiorire, scorrere). I cambiamenti che si osservano sono riflessi di modificazioni verificatesi nel nostro rapporto col reale che è diventato un rapporto duplice, ambiguo, e minacciato da questa inquietante “estraneità” che ci circonda.
In pittura cambia il rapporto con l´oggetto, con lo spazio, con il colore, con le forme, sulla spinta delle esigenze dei grandi impressionisti come Cezanne, Van Gogh, Gauguin, ecc. fino a questo strano stravolgimento dello status della tela che non è più una finestra sul mondo, ma un medium attraverso il quale possano tralucere come riflessi simbolici le nuove esigenze dell´uomo moderno.
Questa concezione di un campo esistenziale umano racchiuso come in un involucro, e inscritto in uno spazio pluridimensionale, infinitamente sfaccettato, che implica e congloba una pluralità di piani, riappare, con straordinaria corrispondenza, nelle dottrine sulla struttura interiore della personalità umana, così come si presenta all´indagine psicanalitica, rapidamente sviluppatasi dopo il 1900. L´uomo, ci si dice, è paragonabile ad un iceberg, che solo per piccola parte emerga nella luce della coscienza, ma al di sotto e all´interno della sua massa è guidato e mosso dalle più oscure correnti dell´inconscio. Questa concezione non si limita ad affiorare nella sfera della conoscenza scientifica, ma anche, e in modo del tutto indipendente, nella sfera intuitiva dell´arte. Tutto il surrealismo non è che un unico processo artistico di indagine e di sondaggio nel regno del subcosciente, che ha avuto un suo inizio autonomo, al di fuori delle indagini scientifiche, e solo più tardi è stato posto da André Breton in relazione con le scoperte di Freud.
Questo “secondo” piano che si riflette nella coscienza, questo sfondo oscuro non è solo un sedimentarsi di esperienze personali, un magazzino di ricordi lì per lì inutilizzabili e usciti di mente, un deposito di impulsi attivi rimasti a metà strada, un serbatoio di istinti conculcati, insomma un settore della personalità individuale che si sia sganciato dalla zona amministrata dalla coscienza ; è anche mirabilmente aperto verso immensi domìni che stanno al di fuori del semplice campo individuale. Resta legato a un fondo sotterraneo che continua ad agire in tutto il genere umano, indipendentemente dal livello culturale, dalla razza e dall´ambiente, e che Jung, cui dobbiamo l´elaborazione scientifica di questa concezione, ha chiamato “l´inconscio collettivo”.
L´inconscio collettivo si riflette alla superficie in immagini sempre ricorrenti, che si presentano in forme perennemente simili nei miti, nelle leggende , nelle fiabe e in tutte le manifestazioni della fantasia libera, ingenua, primordiale, zampillata direttamente dal fondo dell´essere. Così dunque anche il campo di personalità che avvolge il nucleo cosciente dell’uomo, il suo modello individuale che appare all´esterno sarebbe a sua volta circondato da un campo “mitico” oscuro, sovrapersonale, collettivo, sul cui sfondo risaltano l´unicità e l´irripetibilità della persona.
In questa concatenazione di pensieri emerge l´idea che la premessa medesima dell´immagine umanistica dell´uomo, propria dell´epoca rinascimentale, ossia l´indiscusso rapporto dualistico uomo-natura, in realtà, è insussistente; e che l´uomo è solo parte di una “natura” con cui comunica attraverso i propri stati inconsci e vegetativi, e che da quegli strati primordiali (orfici ), gli giungono messaggi che possono assumere insospettata importanza nelle forme della nostra consapevolezza esistenziale.
Tutte le posizioni fondamentali, che sembravano così sicure (realtà, esistenza, personalità umana) diventano relative; possono essere vissute solamente in rapporto a questo “assolutamente altro’. I singoli piani di riferimento mediante i quali, di volta in volta, si manifesta questo assolutamente altro, si richiamano enigmaticamente a vicenda, ed evocano l´apparizione di un unitario, lontano, estraneo elemento “magico ” che si erge di fronte a loro: ma tale elemento è verificabile solo attraverso segni riflessi e solo in rapporto a quell´isola di umana coscienza: solo in questa, può divenire “reale”, ossia solo in questa, può tralucere come un ” reale estraneo”.
Davanti a QUESTO fondamento di realtà si svolge oggi l´esistenza. Esso sta alla base della situazione esistenziale dell´uomo moderno. Di qui escono le immagini: da questa situazione oggi si fa l´arte, che è espressione dello specifico atteggiamento verso l´ambiente e verso l´uomo nel nuovo sistema di rapporti. Questa assoluta novità prospettica mette il pittore di fronte alle cose come un primitivo, “primitivo di una nuova sensibilità”. Ciò che noi qui abbiamo descritto come un gioco di fantasia è in realtà il contenuto della pittura moderna: Realismo Magico, la pittura Metafisica italiana, il Purismo francese, ecc. Tramite altri procedimenti, di cui si servono i Surrealisti e Dadaisti, si esprimono gli stessi nuovi contenuti. Si potrebbe ora con un po´ di fantasia, anticipare alcune delle forme e correnti che si susseguiranno senza neppur conoscerle. Purché non lo si prenda troppo alla lettera, un tale gioco di fantasia è assai utile per comprendere e collegare certi sorprendenti parallelismi, certe rispondenze cronologiche,della pittura moderna.
La sensazione di trovarsi come dei primitivi viene espresso, addirittura con la stessa parola, in Cézanne, in Boccioni, in Paul Klee. Grazie a questa concezione, la pittura moderna si è aperta a ciò che è arcaico ed iniziale, all´arte dei dilettanti e dei popoli primitivi, all´arte popolare. Lo studio del pittore si trasforma in un laboratorio per la ricerca e l´applicazione dei mezzi pittorici con cui va forgiata la struttura del quadro nuovo. Il lavoro del pittore ha essenzialmente carattere sperimentale, e arriva a riconoscere il primato dell´esperimento con tanta coerenza da accogliere anche ciò che emerga casualmente durante il farsi dell´opera d´arte. E si svolge senza riguardo al pubblico, e senza intenzione di accontentare il consumatore.