– Il miglior commento, dopo la morte di Eluana, stava nella email di un amico: “Il Signore ha avuto pietà e l’ha chiamata nella sua dimora eterna. E adesso dobbiamo pregare perché abbia pietà anche degli spietati”.
Abbiamo vissuto, infatti, un’apocalisse: svelamento della nostra tragica incapacità di attraversare una vicenda difficile senza perdere la pietà e la ragionevolezza, il senso del limite e del bene comune. Mentre i media diffondevano dalle strade e dal parlamento lo spettacolo osceno di quelli che gridavano “assassini!”, le persone semplici si scambiavano parole di dolore, di partecipazione e di preoccupazione crescente.
Fra i “grandi”, parole chiare e sensate, giunte quasi impreviste come da un’antica riserva dimenticata, le hanno pronunciate Oscar Luigi Scalfaro, Giulio Andreotti e l’arcivescovo Giuseppe Casale. Tre “ex”, quasi a dimostrare che solo lontano dal potere e dagli interessi immediati si trova libertà e saggezza.
L’impressione è di aver assistito ad una grande, scandalosa, operazione di potere concertata tra alcuni personaggi ecclesiastici e una parte politica. Nella Chiesa ci saranno tempo e occasioni, speriamo, di riflettere. E forse di chiedere perdono. Ma soprattutto ci sarà modo di comprendere che chiamare la legge e la politica a conservare, quasi senza discernimento, qualunque situazione di vita, in qualunque modo, significa negare gli spazi della libertà e della coscienza (delle persone, dei medici, dei familiari?). E significa cadere in un delirio di onnipotenza e di onniscienza, assumere l’atteggiamento farisaico di quelli che impongono pesi insopportabili agli altri e non sono né disposti né capaci di portare essi stessi neppure pesi molto minori.
Certo per i credenti la vita è dono di Dio; e dev’essere amministrata dall’uomo secondo il volere di Dio con intelligenza e amore. Si tratta di trovare le parole giuste per dirlo; e soprattutto di testimoniarlo coi fatti. È apparso scandaloso invece che sul dramma della famiglia Englaro si sia costruita un’operazione politica, un’alleanza che appare organica, tra lo schieramento politico conservatore e l’integralismo cattolico dominante. Un’alleanza che va sotto i vessilli della “cultura della vita” contrapposta alla cultura della morte!
Paradossale: buona parte dei nuovi crociati della vita hanno accettato e condiviso le guerre di Bush, l’idea dello scontro di culture e religioni, ignorano totalmente i poveri del terzo mondo e anche quelli di casa nostra. Sono i protagonisti e i servi del sistema politico-economico che privilegia il danaro sugli uomini, il benessere sulla giustizia, la potenza sulla ragione.
Sono quelli che non si commuovono per i poveri che bussano alla porta di Epulone, né per quelli che non riescono neppure ad arrivare sulle nostre coste e affogano nel Mediterraneo. E se proprio restano qui li farebbero denunciare dai medici la prima volta che vanno a curarsi. Sono magari persino come quelli che negano i lager e non avevano nulla da dire su Guantanamo? se non che anche Stalin faceva così!
Nei giorni scorsi molti politici (ma anche molti ecclesiastici) hanno dimostrato di non conoscere e di non rispettare il proprio “limite”; di non sapere quel che sta “al di là della politica”. È stato dissipato molto di quel sentire comune che è patrimonio prezioso di un Paese. Abbiamo subito un danno enorme, anche se non tocca il Pil.
È stato minacciato addirittura di cambiare la Costituzione per dare ancora più potere al Presidente (al presidente del consiglio dei ministri!) e fare un altro passo verso la “democrazia autoritaria”. E tutto questo sotto le bandiere della “cultura della vita”! Noi ci domandiamo se non sia necessario che si alzi qualche voce in più, serena e autorevole, per dire che questa strada porta al disastro: non può e non dev’essere percorsa.
di Angelo Bertani
(Adista n.21/2009)