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La campagna d’autunno di Fini

Redazione di Redazione
8 Settembre 2009
in L'opinione
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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– Se due più due continueranno a fare quattro, l’autunno prossimo porterà con sé non già la discussione parlamentare sull’idiota proposta di imbandieramento regionale costituzionale della Lega Nord, bensì lo scontro fra il presidente della Camera e il presidente del Consiglio.
La Camera, presieduta infatti da Fini, dovrà pronunciarsi sul disegno di legge del clericale Calabrò sul biotestamento già approvato dal Senato: se, cioè, approvarlo o modificarlo. Detto in altri termini, i deputati del Popolo della libertà e della Lega, un raggruppamento che dispone di una maggioranza di un centinaio di voti, dovranno stabilire se la suddetta maggioranza vorrà o no qualificarsi come clericale oppure no.
Il 28 marzo scorso l’onorevole Fini, nella solenne sede della platea congressuale istitutiva del Popolo della libertà, aveva manifestato il suo dissenso dal ddl Calabrò, che prevede l’imposizione della nutrizione e dell’idratazione forzate anche a chi non ne vuol sapere. Aveva detto: «Quando si impongono per legge certe convinzioni, beh, siamo più vicini a uno Stato etico che ad uno Stato laico». Ossia: siamo più vicini ad uno Stato fascista o comunista che ad uno Stato democratico, fondato sul rispetto dell’individuo. E da quel momento l’on. Fini, ogni volta d’intesa con il presidente della Repubblica Napolitano, ha più volte preso le distanze dal nessun rispetto di Berlusconi per le prerogative e i diritti del Parlamento. E delle lavate di capo ammannitegli dal Vaticano si è tranquillamente infischiato.
Per ottenere una modifica di quel ddl infame, i finiani dovranno ottenere un’intesa con i deputati del Popolo della libertà che non lo hanno digerito (pare che ve ne siano non pochi), e cercare il consenso dell’opposizione, o almeno dei deputati del Partito democratico di Franceschini e dell’Italia dei Valori di Di Pietro, sicuramente pronti a dare battaglia sul ddl Calabrò. I contatti con l’opposizione sono tenuti da un finiano di ferro, Fabio Granata. I contatti con i suoi colleghi del Pdl sono tenuti dall’ ex radicale Benedetto Della Vedova.
La posta è assai alta, perché farà di tutto per non perdere voti cattolici quel Silvio Berlusconi che andò nel 2007 al Family day in difesa della famiglia organizzato dalle gerarchie ecclesiastiche, e vi affermò che nessun vero cattolico può essere di sinistra. Parole pronunciate da un vero cattolico? Così sembrava, fino a che non sono saltati fuori il divorzio deciso da una moglie scandalizzata dai rapporti del marito con minorenni e le prodezze sessuali del settantaduenne padrone di casa di Palazzo Grazioli con la barese D’Addario, ossia con una escort (oggi si dice così, ma né oltre Tevere né in molte diocesi il neologismo ha cancellato la disapprovazione e l’ indignazione: a Palazzo Grazioli si tengono anche incontri interministeriali in preparazione di certe leggi, e quelle prodezze non sono propriamente in linea con la morale cattolica).
A tutto questo si aggiunga la recente commercializzazione anche in Italia (in Europa essa è in atto da anni) della pillola abortista Ru486, che il Vaticano rimprovera a Berlusconi di non avare fermato.
Sull’altro versante Fini si gioca gran parte del suo avvenire politico. Che ci sta a fare nel Popolo della libertà un laico come lui, che non accetta che il Pdl diventi sempre più un partito clericale? Egli vuole un centrodestra laico, capace in certi casi di dire “no” alle gerarchie ecclesiastiche. Libere, queste, ci mancherebbe, di divulgare in mezzo alla società i loro principi morali, ma libero lo Stato di farli o non farli propri. In questo sta la differenza tra lo Stato etico respinto da Fini, e lo Stato laico da lui sostenuto. E’ in gioco il futuro politico di Fini, perché una sua sconfitta lo condannerebbe all’ accettazione di un ruolo definitivamente subalterno rispetto a un potente padrone della televisione e di immense ricchezze, mentre una sua vittoria ne farebbe l’erede naturale di quel padre-padrone in un quadro in cui non basta essere miliardari per dimostrarsi statisti. Ed è in gioco anche il futuro della traballante democrazia italiana, che ha bisogno di pluralismo dell’informazione e di laicità come dell’ aria per respirare.
Sarà assai interessante assistere al duello, e vedere come andrà a finire: se con la trasformazione del Pdl in forza politica laica, oppure con il rafforzamento della vocazione clericale da esso fino ad oggi seguita.

di Alessandro Roveri
Libero docente dell’Università di Roma

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