La verità è che esso fa paura, e come!, ai sodali di Berlusconi. Lo confermarono, ieri, il licenziamento di Biagi e Santoro dalla Rai, e oggi lo conferma il tentato sabotaggio di “Anno Zero” con la presenza di Travaglio
La Rai è in mano a Berlusconi, secondo il quale la tv pubblica non deve criticare, ma lodare il governo. Questa è la sua concezione della democrazia. Gli dà fastidio anche Rai3, quell’angolino di libertà di informazione rimasto ancora in piedi (per quanto ancora?)
– Sempre più spesso gli esponenti del Popolo della libertà si affannano a dare ai loro avversari un consiglio: smetterla con l’ antiberlusconismo. Se insistete – dicono – non fate che rafforzare il premier.
Quando sento questa storiella mi viene in mente Filippo Turati, il quale leggeva ogni giorno il quotidiano conservatore “Corriere della sera” che lo avversava, e concludeva affermando: se il Corriere loda un mio discorso, corro a modificarlo, perché vuol dire che in qualche cosa ho sbagliato.
Davvero davvero i berlusconiani offrono un consiglio disinteressato, destinato a danneggiare il loro duce? Ma chi ci crede? E come stanno, veramente, le cose? Stanno così: le elezioni del 1996, vinte di misura dall’ Ulivo, sono state precedute da una robusta campagna antiberlusconiana, durata anni, dei Girotondi e dalle grandiose manifestazioni da loro organizzate.
E’ stato, quello, il momento di maggiore vivacità dell’antiberlusconismo, a conclusione del quale Berlusconi ha perso le elezioni!
Le ha invece vinte, e in larga misura, nel 2008, dopo una campagna elettorale durante la quale Veltroni evitava il nome di Berlusconi, ed accennava a lui come al «principale esponente della coalizione a noi avversa».
In materia di campagne antiberlusconiane, mi limito a ricordare la pronta risposta degli antiberlusconiani alla vittoria elettorale di Forza Italia del 2001. Il primo segnale di riscossa della coscienza democratica era venuto dal regista Nanni Moretti, il quale il 2 febbraio 2002 aveva gridato che con quei dirigenti il centro-sinistra sarebbe stato condannato a perdere in eterno (e con Rutelli candidato il centro-sinistra perderà anche il Comune di Roma). Ventuno giorni dopo oltre 40 mila persone riempirono il Palavobis di Milano per celebrare il decimo anniversario di Mani Pulite, della cui principale vittima era stato il latitante Craxi: l’uomo di cui Forza Italia era l’estrema propaggine. C’erano Dario Fo, Paolo Sylos Labini, il direttore dell’ “Unità” Furio Colombo, Paolo Flores d’Arcais, Marco Travaglio, Massimo Fini, Moni Ovadia, Fernanda Pivano, Sabina Guzzanti, l’ex presidente della Rai Roberto Zaccaria, Carlo Freccero, Nando dalla Chiesa e i rappresentanti dei Girotondi, che avevano esordito il 26 gennaio nella stessa Milano, organizzando una catena umana di 4 mila persone attorno al Palazzo di Giustizia.
Seguì, il 23 marzo, la grandiosa manifestazione della Cgil nel Circo Massimo, con la partecipazione di oltre due milioni (per la questura settecentomila: ed è tutto dire!) di lavoratori e rappresentanti dei Girotondi ad ascoltare Cofferati. E via di seguito. Ma non è grazie al suo antiberlusconismo dichiarato che l’ on. Di Pietro ha ottenuto strepitosi successi elettorali?
Questa è la vera storia dell’antiberlusconismo. La verità è che esso fa paura, e come!, ai sodali di Berlusconi. Lo confermarono, ieri, il licenziamento di Biagi e Santoro dalla Rai, e oggi lo conferma il tentato sabotaggio di “Anno Zero” con la presenza di Travaglio, rimasto senza contratto. Giacché anche la Rai è in mano a Berlusconi, secondo il quale la tv pubblica non deve criticare, ma lodare il governo. Questa è la sua concezione della democrazia. Gli dà fastidio anche Rai3, quell’angolino di libertà di informazione rimasto ancora in piedi (per quanto ancora?): tutti «farabutti». Per lui libertà di informazione è libertà (la sua) di manipolazione dell’opinione pubblica.
I berlusconiani affermano che c’è ancora libertà di informazione, in Italia. Sì, ce n’è ancora un po’, ma troppo poca. Essi partono dal motto fascista «chi non è con noi è contro di noi». Per cui anche il “Corriere della Sera”, la “Stampa” e il “Messaggero”, per dire, sarebbero antiberlusconiani. Quanto a “Repubblica” e all’“Unità”, appare assurda, oltre che minacciosa, la pretesa degli avvocati del premier di citarli in giudizio per far ottenere al loro cliente un risarcimento di milioni di euro. I due quotidiani non hanno inventato nulla: si sono limitati a notare delle contraddizioni di una ragazzina di Portici; a dar voce ad una moglie che vuole divorziare (anche perché il marito, secondo lei, frequenterebbe delle minorenni, predisporrebbe delle candidature-ciarpame e sarebbe malato); a riportare le dichiarazioni di una escort (oggi si dice così), che, non ancora querelata da nessuno, sostiene, sulla base delle registrazioni e delle fotografie in suo possesso, di avere avuto rapporti sessuali, pagati dall’amico Tarantini, in un certo letto di Palazzo Grazioli. Su queste faccende “Repubblica” ha rivolto delle domande. Perché non rispondere ad esse? Intanto il direttore del “Giornale”, di proprietà del fratello del premier, ha attaccato a fondo il direttore dell’“Avvenire” con una velina anonima, costringendolo alle dimissioni e provocando la reazione del cardinale Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Intanto l’antiberlusconismo sta facendo strada. Berlusconi, che si considera il «migliore presidente del Consiglio» della storia d’Italia, sta invece perdendo pezzi importanti: prima il senatore Paolo Guzzanti, che non gli perdona gli sperticati elogi a Putin e ha definito «mignottocrazia» il suo sistema di potere; poi Giorgio La Malfa, che non ne condivide la politica economica e lo accusa avere messo «in crisi quel delicato equilibrio tra lo Stato laico e la Chiesa cattolica che fu uno dei frutti migliori della collaborazione fra DC e i partiti laici nel dopoguerra» (“Corriere della Sera”, 24 settembre 2009).
di Alessandro Roveri
Libero docente dell’Università di Roma