Correva l’anno 1445.
A quel tempo la nostra possente Rocca di Gradara era governata dall’illustrissimo Signore di Rimmi Sigismondo Pandolfo Malatesta: un valente uomo d’armi, un condottiero mai sconfitto in battaglia, conosciuto per i vizi come per le virtù, tanto facile alla munificenza, quanto facile all’ira.
I suoi domini, che si estendevano dalle valli del Po alla bassa Marca, confinavano con i possedimenti del grande rivale di sempre: il Duca di Urbino, Federico da Montefeltro.
Ricordo anche con grande amarezza che tra i Malatesta regnava una profonda discordia a tal punto che uno di loro, Galeazzo detto l’Inetto, per ripicca e senza rendeme conto agli altri, decise di vendere Gradara per 20.000 fiorini d’oro a! signore Francesco Sforza di Milano, nipote del grande Ludovico il Moro.
Quando fu il momento di entrare in possesso della Rocca, gli Sforza però trovarono il netto rifiuto di Sigismondo che non solo impedì loro l’ingresso al castello, ma non restituì neppure un fiorino dei 20.000 pagati per l’acquisto.
Questo episodio fu cagione della mia morte!
Madonne e messeri, in quegli anni Donna Battista Sforza convolò a nozze con Federico da Montefeltro, il quale, da astuto stratega e fine politico qual era, capì che era giunto il momento di indebolire i Malatesta.
Quale migliore occasione la sorte poteva offrire? Nessuna!
Federico avrebbe potuto vendicare l’onore della famiglia e contemporaneamente infliggere una pesante sconfitta a Sigismondo.
Così, senza perdere tempo, l’anno successivo, 1446, i Feltreschi e gli Sforza misero a campo Gradara.
Seguirono 43 giomi di battaglia; le nostre truppe, provate dall’assedio, erano sul punto di soccombere per mancanza di vettovaglie, ma, poiché la Fortuna non sempre aiuta i giusti, ma spesso viene.in soccorso degli audaci, fu chiesto a me, Lazzarino, se avessi abbastanza animo in corpo per far breccia tra gli assedianti e portare i rinforzi necessari: “Mio signore, dissi, per servire Vostra Signoria, mi metteria alla morte mille volte al dì, come Vostro partigiano che vi so, et non dimando alla Signoria Vostra premio alcuno si non la gratia Vostra”.
La Rocca venne attaccata da ogni lato con armi da fuoco, mentre noi ci difendevamo con briccole, trabucchi e balestre; lottammo strenuamente, quando, venni colpito alle spalle da una delle 440 palle di pietra scagliate contro il bastione della fortezza.
Rimasi esanime per diversi minuti fra il sangue mio e dei miei soldati quando il mio corpo fu colto da un’ultima piacevole sensazione: una fitta pioggia che da 1ì a poco avrebbe bagnato ogni cosa, compresa la polvere da sparo dei nostri nemici, rendendo cosi inservibili le loro armi.