– La si attendeva da 5 anni, da quando, in quel Natale del 2004, Mario tornava “agli infiniti bianchi spazi del cielo”. Le sue opere, custodite all’interno della piccola bottega del pittore, quella casa di della maga Artemisia, personaggio di fantasia diventata col tempo, quasi per osmosi, parte della tradizione del borgo, escono dal loro silenzioso isolamento per diventare parte di una retrospettiva illuminata. Pochi passi, fino al teatro Massari, dove dal 12 dicembre al 31 gennaio (dalle 16 alle 19 tutti i giorni) sarà allestita la mostra.
I quadri, una trentina, sono quelli che la famiglia ha scelto assieme all’amico Teo Bragagna, selezionati tra le opere rimaste ai parenti dopo la morte. Una retrospettiva che parte dalle prime realizzazioni, gli esempi più significativi e cari della sua produzione e che l’hanno reso famoso e amato. Il mare d’inverno, la campagna innevata, la Pinoni (quello splendido personaggio che ancora in tanti ricordano, celebre il suo commento a Fellini, che la voleva per un suo film: “Na na, quel um porta a Roma a fe’ la putèna”), il Cristo sofferente e le nature morte. Poi i ritratti, gli inconfondibili tratteggi all’apparenza quasi approssimativi. Fino ad arrivare alle ultime opere, evanescenti ed enigmatiche.
Per chi non l’ha conosciuto è l’occasione per scoprire un pezzo di mondo, attraverso lo sguardo in parte distorto nella sua verosimiglianza ma incisivo e stimolante. Per chi ha vissuto e chiacchierato con uno dei personaggi più controversi e “bizzosi” della cultura locale, per chi è cresciuto con una finestra appesa alla parete, dove la finestra in realtà non c’è, aperta su quel paesaggio velato di bianco e coperto di uno spesso strato di neve fresca, un’occasione per capire di più e meravigliarsi ancora.
Matteo