Con allegria ma non troppo: non sarà mica la fine del mondo dopo tutto si parla di serio effimero. Di turismo di fascia alta. I bagni del PalaRiccione ti lasciano di stucco. Pensi, da fuori, che possano essere in tinta col “palazzaccio”. Invece, vai dentro e ti lasciano contrariato: si parano spazi degni di un autogrill di terz’ordine. Niente finestre (malvezzo tutto italiano). Lo stupore è nella divisione degli ambienti. I wc (dall’inglese water closet) sono divisi da sottili laminati che partono da una trentina di centimetri da terra e si fermano prima del soffitto. Ci si aspetterebbe pareti più intime e massicce per discrezionalità.
Altro piccolo fatto negativo è che ad un certo punto, dopo il cosiddetto servizio delle ore di punta, non c’è più la carta igienica.
Siamo certi che su quest’ultima mancanza il presidente Montanari saprà rimediare. Invece, sull’intimità è soluzione più ardua non meno che possibile. Se il PalaRiccione ha l’ambizione di stare ai vertici del mercato congressuale, di portare a Riccione fior di aziende e fior di manager dal mondo intero, i bagni potrebbero essere non come un grand hotel, ma almeno come quelli del parcheggio multipiano di San Marino per restare nell’area di casa nostra. Va rimarcato che i wc cugini della Fiera di Rimini si richiamano allo stesso principio: paratie e via.
Ma a fronte di un costo del ‘palazzaccio’ di circa 60 milioni di euro, i bagni potevano… Il turismo passa anche per tali decenze; chi ha girato l’Europa sa che quelli italiani, anche nei locali più blasonati, non reggono con quelli di un museo svizzero. Nei loro lavandini ci si può mangiare dentro.