Il fatto importante che hanno voluto far passare è stato soltanto uno: convincere l’opinione pubblica mondiale di essersi efficacemente “dedicati”, nelle tre giornate aquilane, al fattivo miglioramento delle cose del mondo, che vanno veramente parecchio male. La crescita sociale e l’occupazione, sono ancora una volta rimasti sulla carta.
Un’altro copione di quello, svoltosi in Italia -Genova 2001-, quando tutti insieme avevano stanziato sulla carta, miliardi di dollari per debellare l’Aids.
Quei soldi, a tutt’oggi, nessuno li ha mai visti. L’Aids in Africa nel frattempo si è moltiplicato. L’Italia da quest’anno è all’ultimo posto per gli aiuti allo sviluppo: lo 0,12%. Altra notizia, il costo di tre giorni all’Aquila: 400 milioni di euro. Quando capiranno, quando capiremo che quando si è mangiato a sufficienza, ogni boccone provoca malessere?
Sobrietà e solidarietà sono state assenti, non hanno partecipato al tavolo dei ricchi.
Ancora una volta all’Aquila si è pasteggiato come al tavolo del “ricco epulone”. Gli impoveriti dovranno continuare a dividersi le briciole che Lazzaro contendeva con i cani. Tutti sappiamo che fine ha fatto Lazzaro! Questo è ciò che ereditiamo da questa tre giorni.
A quando vertici che mettano al centro la vita di ogni donna e di ogni uomo?
A quando uomini retti, tanto nella politica quanto nell’economia, che siano veramente proiettati nella pratica al bene comune?
A quando affrontare con decisione il dramma della fame e della sicurezza alimentare eliminandone le cause strutturali e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri, che investe ormai un quarto dell’umanità?
A quando una nuova progettualità economica che ridisegni lo sviluppo in maniera globale, basandosi sul fondamento etico della responsabilità?
Antonio Vermigli