– Non è mia abitudine intervenire “in seconda battuta” sugli studi di quanti si impegnano, meritoriamente e a diverso titolo, ad illuminare con qualche squarcio le tenebre che velano gli avvenimenti del passato.
Tuttavia, dopo aver letto l´articolo (purtroppo non firmato) “Lazzarino, mondainese che salvò i Malatesta”, mi sono sentito in dovere di operare qualche precisazione circa quel personaggio straordinario a cui il castello e la rocca di Gradara (e con loro l´intera Signoria di Sigismondo de´ Malatesti e dei suoi successori) nell´inverno dell´anno 1446 dovettero la propria sopravvivenza: Lazzarino da Mondaino!”.
E´ purtroppo vero che, nonostante tale merito, in occasione della splendida rievocazione storica estiva di quel memorabile assedio, ci si limita a celebrarlo semplicemente come Lazzarino, tralasciando (volutamente ed incredibilmente) di puntualizzare il Castello di Mondaino da cui proveniva come oriundo della Schiavonia (oggi Dalmazia), dove i Malatesti si rifornivano di soldati e persone: ecco il motivo per cui nei documenti viene definito “schiavo”, non perché… avesse un ruolo di infimo servitore!
Eppure nel 1988 (a quell´epoca ero assessore alla Cultura del Comune di Mondaino, Presidente dell´Associazione Pro Loco e lavoravo a stretto contatto con il benemerito ed indimenticabile Delio Bischi) i Comuni di Mondaino e Gradara si gemellarono siglando uno specifico Protocollo Ufficiale a firma dei due Sindaci proprio nel nome di Lazzarino.
Dunque, poiché l´articolo in questione commette un ulteriore torto nei confronti della Storia, mi preme precisare quanto segue:
Le frasi, sorprendentemente attribuite a Lazzarino da Mondaino nel momento di compiere l´eroico gesto e rivolte al proprio Signore, appartengono invece a Paolo di Montescudolo (oggi Montescudo), un ulteriore protagonista dell´assedio del 1446, come hanno riferito nei secoli Gaspare Broglio, Luigi Tonini, Oreste Cavallari e numerosi altri.
Lazzarino non perì nell´impresa, tanto che di lì a tre anni, nel 1349, Sigismondo Pandolfo, ricordandosi dei suoi meriti, gli fece dono di una vigna nel territorio di Gemmano, come testimonia l´Atto del notaio riminese Giovanni Paponi.
Ringrazio, infine, l´anonimo articolista per avermi consentito di tornare su un argomento che tanta importanza riveste nella storia malatestiana, al punto che Sigismondo fece realizzare da Matteo de´ Pasti, uno fra i più rinomati artisti di corte, una delle sue più belle medaglie.
di Angelo Chiaretti
Professore in pensione, tra i più raffinati ed appassionati studiosi di storia locale