A cura di Promo Cattolica e Centro Dantesco San Gregorio in Conca, in collaborazione con i Comuni e le Pro Loco, l’idea è di Angelo Chiaretti. Si va ad intrecciare la grande cultura con il turista curioso, che vuole oltre al mare, la gioia delle conoscenze. Ecco lo speciale tour nelle parole di Angelo Chiaretti.
CATTOLICA
Dante Alighieri, citandone il toponimo, la conobbe per più di un motivo: innanzitutto per le sue stazioni di posta e locande, collocate in posizione strategica lungo la via consolare Flaminia e presso il Fiume Tavollo, che da sempre segna il confine tra Romagna e Marche, potere imperiale ed autorità papale, Italia settentrionale e centrale.
Inoltre, Cattolica era il primo e più facile approdo a sud di Rimini. Da non trascurare, infine, l’esistenza dell’antica “città profondata” (di cui parlano numerosi documenti d’archivio) a ridosso della costa, che rese celebre il luogo, tanto da essere citato da Dante Alighieri nel canto XXVIII dell’Inferno:
“/E fa sapere a’ due miglior da Fano, / a Messer Guido ed anco ad Angiolello, /che se l’antiveder qui non è vano, / gittati saran fuor di lor vasello/ e mazzerati presso a la Cattolica / per tradimento di un tiranno fello”/
FIORENZUOLA
Deve la sua notorietà al fatto di aver ospitato Dante Alighieri in casa del fornaio del paese: affacciato alle sue mura alte e poderose ed ai piedi del secolare campanile (forse un’antica torre d’avvistamento), il Poeta potè provare l’emozione delle forti folate di vento che sferzano il promontorio su cui sorge il castello e generano nel mare le più incredibili e pericolose correnti che tanto lo impressionarono:
“/Quel traditor che vede pur con l’uno / e tien la terra che tale qui meco / vorrebbe di vedere esser digiuno, / farà venirli a parlamento seco / poi farà sì che al vento di Focara / non sarò lor mestier voto né preco”/.
GRADARA
Il castello e la rocca di Gradara vivono nei cuori degli innamorati di tutto il mondo, perché qui sbocciò e qui si consumò il tragico amore di Paolo de’ Malatesti ne Francesca da Polenta (più conosciuta come Francesca da Rimini), i cognati-amanti resi eterni da Dante Alighieri nel canto V dell’Inferno: “/Quando leggemmo il disiato riso / esser basciato da cotanto amante, / questi, che mai da non fia diviso, / la bocca mi basciò tutto tremante”.
Nel porticato cortile d’onore, nella camera di Francesca, dove si può ancora osservare la botola che fu fatale a Paolo, oppure nella Sala di Giustizia, in cui ammirare la pala dipinta da Giovanni Santi (padre di Raffaello Sanzio), si respira l’atmosfera ideale per tenere una “Lectura Dantis” sui rapporti fra l’Alighieri e la Romagna oppure su Dante e l’amore cortese in relazione a questa vicenda amorosa.
MORCIANO
Giungendo da Cattolica, alla periferia del centro abitato di Morciano si incontra l’Abbazia benedettina dedicata a San Gregorio in Conca. Qui nacque nell’XI secolo l’omonima Fiera di merci e bestiame, che venne trasferita in età napoleonica all’interno del perimetro cittadino, dove ancor’oggi si svolge con tanto concorso di pubblico.
L’Abbazia, attualmente in rovina, fu fondata nel 1062 da San Pier Damiani, che qui compose numerose delle sue opere teologiche, prima di trasferirsi a Fonte Avellana sul Monte Catria. Dante Alighieri si mosse, per tutta la vita, sulle orme di Pier Damiani, a cui dedicò il canto XXI del “Paradiso” della “Divina Commedia”, e dunque potrebbe aver trascorso a Morciano qualche tempo per trovarvi quella cultura e quella pace che Firenze, diversamente da Ravenna, non seppe assicurargli:
“/Tra i due liti d’Italia surgon sassi / e non molto distanti a la tua patria, / tanto che i troni assai sonan più bassi, / e fanno un gibbo che si chiama Catria. […] / In quel luogo fu’ io Pietro Damiano”.
MONTEFIORE CONCA
E’ la “Regina della Valconca”, poiché dispone di un castello veramente grandioso ed elegante: la doppia cerchia di mura e l’imponente rocca si impongono allo sguardi di quanti risalgono la valle, lungo la via che da Rimini conduce ad Urbino, tanto che lo stesso Ludovico Ariosto (sec. XV) ne parla nell’Orlando Furioso:
“/Né in Montefiore aspetta il matutino / e quasi a par col sol giunge in Urbino.”/
Montefiore Conca custodisce, poi, uno dei più importanti cicli di affreschi dedicati alla “Divina Commedia” all’interno dell’Oratorio dell’Ospitale attribuiti alla scuola di Giovanni Santi (padre di Raffaello Sanzio): qui è possibile ammirare le tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) nelle loro caratteristiche più significative ed osservare, con una certa sorpresa, uno ritratto pressocchè sconosciuto di Dante.
ONFERNO
Il castello un tempo si chiamava “Inferno”, toponimo che fu variato solo nel 1810 dal vescovo riminese Gualfardo. La tradizione vuole che Dante Alighieri, per la composizione dalla Cantica Prima si sia ispirato alle suggestive grotte carsiche che si aprono sotto la rupe su cui sorge l’abitato.
In effetti, una visita al loro interno rende più che verosimile l’ipotesi e consente al visitatore di provare suggestioni uniche ed indimenticabili. Onferno è oggi anche un’importantissima Riserva naturalistica, che ospita piante ed animali di rara bellezza.
MONDAINO
Ad accogliere il visitatore sono la rocca dalla svettante merlatura ghibellina e la celebre “padella” (così chiamata per la sua forma circolare con la Via Maggiore che le fa da manico) avvolta da un elegantissimo loggiato ottocentesco con archi a tutto sesto. Mondaino è da sempre riconosciuto come “acropoli della cultura” e, nonostante sia una piccola comunità, può vantare ben due musei (fossili e ceramiche).
Inoltre, all’interno del Mulino della Porta di Sotto, dove si trovano tre grandi pozzi per la produzione del Formaggio di fossa, è attivo il “Centro Dantesco San Gregorio in Conca”, in cui vengono effettuate prestigiose “Lecturae Dantis” (ingresso libero) sulla vita e le opere dell’Alighieri.
SALUDECIO
E’ il celebre “paese dei beati”, poiché ne conta ben tre come suoi figli: Amato Ronconi (sec. XIII), per tre volte pellegrino a Santiago di Compostela, Antonio Cipriani (sec. XVII) ed Elisabetta Renzi (sec. XVIII), fondatrice dell’Ordine delle Maestre Pie dell’Addolorata.
Giovanni Boccaccio (….) narra nel “Decameron” che quando Dante Alighieri fu costretto a fuggire da Firenze perchè condannato a morte, per rifugiarsi in Romagna, come pseudonimo dietro cui celare la propria identità scelse “Filippo da Saludecio”, rendendo così omaggio al paese del santo frate Ronconi, i cui miracoli erano già agli onori delle cronache.
MONTECERIGNONE
La sua superba rocca e la maestosa corona delle montagne circostanti richiamano alla mente la figura di Uguccione della Faggiola (sec.XIII), il celebre condottiero ghibellino, cui sembra che Dante Alighieri volesse dedicare l’Inferno in segno di gratitudine per essersi schierato dalla parte di Arrigo VII, imperatore di Germania, sceso in Italia a ridimensionare il potere temporale del papa di Roma.
Da non trascurare un visita alla vicina Val di Teva, rinomata per la “Fonte di Priapo”, dalla quale scaturiscono secolari acque della virilità!
CARPEGNA
Il monte Carpegna, in età romana, era ritenuto sede degli Dei, tanto che gli venne assegnato il nome di “Mons Olympus” od anche “Mons Maius”. Dalle sue pendici nasce il Fiume Conca, che crea l’omonima valle e sfocia nel porto di Cattolica. Sul Carpegna si sono formate le più antiche e celebri famiglie di Medioevo e Rinascimento: Malatesta, Montefeltro e, appunto, Carpegna, che ancora esistono. Dante Alighieri, il cui volto è leggibile nel profilo dei monti, cita Guido di Carpegna nel canto XIV del “Paradiso”.