– Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, nella due giorni di Genova sul lavoro e l’occupazione, ha battuto in breccia la favola berlusconiana di un’economia italiana che se la sta cavando meglio di quella degli altri paesi europei. Non è vero: è tutta propaganda governativa. «Ogni italiano – ha affermato – sarebbe stato più ricco di 1.700 euro, a fine 2008, se l’Italia avesse avuto una crescita come quella registrata nell’eurozona negli ultimi sedici anni. Invece, crescendo meno degli altri, abbiamo perso la bellezza di 540 miliardi di prodotto interno lordo sull’area europea».
Oggi in Italia la disoccupazione sta paurosamente aumentando, e colpisce soprattutto i giovani. Poco meno del 10 % dei giovani che oggi hanno meno di 35 anni vivacchia giocando a biliardo o passeggiando nei giardinetti, ha scritto uno che se intende, l’economista Giuseppe Turani.
«Con le prospettive di crescita dell’economia italiana, questi ragazzi, che non hanno un lavoro, hanno la quasi certezza di non trovare mai un lavoro, né adesso né fra dieci o venti anni. […] In gran parte si tratta di giovani (anche del Nord) che hanno studiato, che sanno qualche lingua e che avrebbero voglia di fare qualcosa e che potrebbero quindi dare un contributo prezioso al paese. Ma sono nati nel momento sbagliato. Sono diventati adulti in un momento di riflusso economico e senza protezioni sociali o santi in paradiso. Il loro destino, quindi, è quello di essere inattivi per sempre. […] Non so dire se da questo nasceranno rivolte sociali imponenti o svolte politiche epocali. So solo che stiamo diventando (mentre la politica si occupa d’altro) un paese che a migliaia dei propri cittadini sa offrire solo una cosa: il niente».
«La politica si occupa d’altro», scrive Turani. Sì: sospinta dal “Giornale”, da “Libero”, da “Panorama”, che Marco Travaglio chiama «gli house organ di Berlusconi», la grande questione della politica italiana è diventata la proprietà di Timara, la società off shore, “lontana dalla spiaggia” (ossia al riparo dalle tasse) a sua volta proprietaria di un appartamento di 50 metri quadrati di Montecarlo. Il presidente della Camera Gianfranco Fini, che non ha mai ricevuto in vita sua un avviso di garanzia, ma ha osato contrapporre al cosiddetto Popolo della libertà un soggetto politico liberale senza padroni assoluti, ha per cognato un certo Tulliani. Sul Tulliani si è scagliata la polemica dei suddetti house organ, al solo scopo di attaccare Fini, dimostrando che è un ingenuo quando crede al cognato che assicura di non essere lui il proprietario di Timara. Tutto qui. Non potendo accusare il presidente della Camera di aver commesso un qualsivoglia reato, lo si mette alla berlina per la sua ingenuità. E si vorrebbe far credere che il “Giornale” e “Libero” agiscono di loro iniziativa, all’insaputa del padrone di tutto e di tutti. Così come il ministro Scajola non sapeva chi gli pagava in larga misura l’appartamento romano.
Attorno a questo problema, e non sul dramma della gioventù disoccupata, ruota oggi la politica italiana: giornali e tv usati come «manganelli» (ha affermato lo stesso Fini) per abbattere chi non è d’accordo con il monarca assoluto. Ha scritto giustamente Travaglio che «non spetta a Fini dimostrare che Timara non è di suo cognato; l’onere della prova tocca, in uno Stato di diritto, agli accusatori».
Ma l’Italia è ancora uno stato di diritto?
di Alessandro Roveri
Libero docente dell’Università di Roma