A sfilare, nei tre chilometri di serpentone, i sindaci terremotati di ogni schieramento, i sindacati, gli enti pubblici e privati, le associazioni, il mondo del volontariato, le categorie produttive e alcuni parlamentari abruzzesi. Tra gli altri, il sindaco Massimo Cialente, con la fascia tricolore in mano in segno di protesta; il neopresidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo (eletto tra le file del centrodestra), il capogruppo del Pdl alla Regione Abruzzo, Gianfranco Giuliante. La protesta si è poi spostata a Roma, il 24 giugno, in piazza Navona (di fronte al Senato) e a viale Mazzini (presso la sede Rai): 300 terremotati circa, guidati dal sindaco Cialente, che ha ribadito l’abbandono del cratere da parte del governo. Alla seduta di protesta del Consiglio comunale aquilano, allestita in piazza Navona, hanno partecipato anche alcuni parlamentari, tra cui Anna Finocchiaro, Franco Marini, Elio Lannutti e Stefano Pedica.
Macerie e Nutella
A L’Aquila “c’erano tutti quelli che non vogliono essere più presi in giro”, ha dichiarato Stefania Pezzopane (ex presidente della Provincia ed ora vicepresidente del Consiglio provinciale) in una dura lettera in occasione della manifestazione: “I disperati senza più casa, senza lavoro, senza una città ed un tessuto sociale, senza più fabbriche, aziende e negozi, con un centro storico ancora coperto di macerie, nonostante gli annunci”.
A scomparire dall’informazione nazionale sarebbe il lato oscuro della ricostruzione: le oltre 32mila persone ancora “assistite” – i dati del sindaco Cialente parlano di 3.500 aquilani ancora in albergo e 25mila sostenuti dal contributo per l’autonoma sistemazione; quasi 1.500 hanno affittato una casa, in accordo con la Protezione Civile, mentre altri 614 sono alloggiati presso la caserma della Scuola della Guardia di Finanza – le 1.500 aziende chiuse, i 3mila posti di lavoro andati in fumo, un aumento dell’800% della cassa integrazione, le macerie ancora in strada, la rabbia e la disperazione dei cittadini che gridano al fallimento della “ricostruzione” berlusconiana. Viene messa a tacere, infine, la richiesta dei manifestanti aquilani di adottare provvedimenti economici che consentano all’economia cittadina di uscire dal baratro.
Proprio in seguito alla manifestazione aquilana, ha cominciato a montare la polemica contro l’emittente pubblica. Su Facebook, ad esempio, è partita la campagna “No Tg1 Day”, che chiede di boicottare, il prossimo 1 luglio, il tg diretto da Augusto Minzolini. Quella de L’Aquila, si legge nella presentazione, è stata “una delle manifestazioni più forti e significative degli ultimi anni. Eppure il Tg1 e il Tg2 hanno ignorato la notizia. Solo Tg3, La7, Tg5 e Sky hanno trattato l’argomento.
In seguito all’oscuramento, il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando, ha chiesto le dimissioni del direttore del Tg1.
La Curia si mobilita
Di particolare rilievo, l’adesione della Chiesa aquilana al corteo. I pastori sono accanto alla loro gente, ha dichiarato il vescovo ausiliario mons. Giovanni D’Ercole intervistato da Avvenire il 12 giugno scorso: “I terremotati affrontano una seconda estate con i problemi di tutti gli italiani (la mancanza di lavoro, le tasse, il mutuo da restituire) moltiplicati, però, dalla tragedia che li ha travolti. Trascurare le loro attese rischia di trasformare la speranza in protesta”. D’Ercole, che era già stato criticato per aver partecipato alla “protesta delle carriole”, ha guidato al corteo una piccola delegazione nominata dall’arcivescovo, mons. Giuseppe Molinari, e composta da don Claudio Tracanna (portavoce dell’arcidiocesi), don Ramon Mangili (codirettore della Caritas diocesana) e don Juan Vanegas (delegato dell’arcidiocesi per i Problemi sociali e del Lavoro).
La partecipazione attiva della Chiesa alla protesta cittadina sembra segnare una nuova fase nelle relazioni tra l’arcidiocesi e il governo. (v. Adista n. 93/09). (giampaolo petrucci)
Fonte Adista n. 55 luglio 2010