IL PUNTO
di Matteo Marini
– Fino a due anni fa la processione tradizionale della fine di maggio, che parte dalle chiese di Santa Maria in Pietrafitta e da San Pietro a San Giovanni, terminava alla chiesa della Madonna del Monte, quella che guarda tutto il paese dalla costa di Montelupo, proprio sopra il cimitero. Ora don Piero si rifiuta di celebrare messa lì. Perché quella chiesa sta crollando. Si è aspettato e si continua ad aspettare, ma visto che è privata nessuno ci ha mai messo il becco. I proprietari intanto, la famiglia Spina, hanno lasciato che marcisse. Passando lungo la strada quasi non si nota, eppure sta lì da più di 300 anni e il rischio è che ci stia ancora per poco. Serve l’esproprio, forse l’unico strumento possibile per salvarla, perché rischiamo di perderla, e serve una messa in sicurezza, una barriera efficace perché è un posto pericoloso.
A giugno è venuto giù metà del tetto del portico che guarda a valle. Le travi in legno marce e i mattoni della copertura stanno ancora lì come membra disarticolate e pezzi di lego abbandonati da un bambino disordinato. Sono passati quasi sei mesi e non c’è stato intervento. Un veloce passaggio in consiglio comunale solo per dire che presto, se i conti Spina non provvederanno, il comune avrà una proposta da fare. “E’ un bene che deve tornare alla comunità – spiega Daniele Morelli, assessore all’Edilizia – però è di proprietà privata. Abbiamo contattato i conti Spina, ci hanno assicurato che vogliono intervenire al più presto. A quel punto possiamo studiare una convenzione per tenere aperta la chiesa anche se rimane privata. Altrimenti nel Psc (Piano strutturale comunale, il vecchio piano regolatore) abbiamo previsto una proposta di perequazione, così saranno date al privato cubature in una zona di nuova espansione che è già nel piano e al pubblico rimarrebbe la chiesa”.
Quindi una chiesa praticamente distrutta in cambio della possibilità di costruire nuove case altrove. Ma il Psc prima deve essere approvato, poi adottato, poi la proposta deve essere avanzata e accettata dai conti Spina. Intanto piove, magari tra un po’ nevica, gela, e le crepe si allargano. Di tempo non ce n’è.
Il problema dell’edificio infatti non è solo la copertura del portico, che piano piano sembra che si stia staccando dalla chiesa stessa. Ci sono crepe strutturali che fanno rabbrividire, lo capisce anche chi di mestiere non fa l’architetto o l’ingegnere. Il tempo ha scavato rughe profonde lungo le pareti, tracce che solcano i muri dal solaio fino agli architravi e le volte, ne seguono il disegno come una strada obbligata. Lesioni che interessano sia le strutture esterne del portico sia le pareti del corpo della chiesa, che si stanno gonfiando per le infiltrazioni d’acqua. E ancora non serve un tecnico per capire che non si deve avvicinare nessuno. I graffiti e le scritte sui muri con cuori e nomi sono il testimone che questo luogo appartato è meta di giovani, magari adolescenti, attirati dal fascino misterioso di una chiesa (soprattutto se abbandonata) per una bravata o semplicemente per appartarsi.
“C’era una recinzione che ne doveva impedire l’accesso – spiega stupito Claudio Battazza, responsabile dell’ufficio tecnico urbanistico e capo dei Vigili urbani – se ora è stata tolta io non so. Però abbiamo fatto una segnalazione alla Soprintendenza, che ha detto che non ha gli strumenti per intervenire”. Se per recinzione si intende la rete alta mezzo metro e una catenella con un cartello “vietato l’accesso”, quella è ancora lì. Ma si capisce che non basta. Mentre dalla Soprintendenza si sa che non è stato fatto alcun sopralluogo, l’architetto Valter Piazza, responsabile della zona, non la vede “da quattro o cinque anni”.
Ora la può salvare solo un intervento tempestivo, del privato o del pubblico. La legge prevede che si possa intervenire d’urgenza: il sindaco può emettere un’ordinanza per intimare la messa in sicurezza e un transennamento serio. È il primo cittadino infatti il primo garante della sicurezza sul territorio. Fino ad arrivare all’esproprio per fini di interesse pubblico, pagando il giusto al privato. Sono il Testo unico in materia di beni culturali e il Testo unico in materia di espropri. Lo può fare il ministero dei Beni culturali ma lo può fare anche la Regione. L’ultimo ostacolo è il vincolo di tutela, che la Madonna del Monte non ha. Perché è privata, perché gli Spina non hanno mai fatto richiesta anzi, hanno premesso che andasse in malora, e perché forse dalla Soprintendenza non la considerano di tale pregio da intervenire “sua sponte”. Allora la domanda che ci si pone è: che cosa stiamo aspettando?