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Home Località San Giovanni

Monsignore: carattere, fantasia, sapienza

Redazione di Redazione
10 Agosto 2010
in San Giovanni
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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CIVILTA’ DEL VINO

di Matteo Marini

Risale al Medio Evo; giunsero in Romagna dalla Toscana. La tenuta è bellissima e viene anche utilizzata per cerimonie; terrazza sul mare da 500 posti

– Da dove nasce, da dove viene il vino del Monsignore? La tenuta Bacchini è una cantina ricca di storia, ricostruita in modo puntiglioso e attento dal Sandro, spulciando gli atti di nascita della diocesi riminese fino a risalire alle origini toscane medievali della sua famiglia. Varcare il cancello della tenuta, sulla terrazza più suggestiva delle prime colline di San Giovanni in Marignano, a Santa Maria in Pietrafitta, suggerisce anche altro. C’è da una parte il mare, ozioso e fuso con l’orizzonte. Ci sono le colline, prime pendici dell’appennino in terra di Romagna. Nasce da qui, dall’incontro tra questo clima e questa terra, così perfetti, e il cuore di una famiglia che fa vino da 600 anni. Sandro Bacchini è l’ultimo erede di questa tradizione, che ha saputo però innovare e studiare forme nuove da dare a quello che da necessità è diventato diletto puro: “Una volta il vino era semplicemente un alimento – spiega – prodotto per l’autosufficienza e per il lavoro nei campi. Solo in seguito è diventato un piacere”.
Sandro è laureato in Economia, così come la figlia Nicoletta. Gestisce insieme a lei e a suo fratello Leo la cantina di famiglia. Seguendo le tracce lasciate dagli antenati ha ricostruito la storia del suo nome, attraverso i registri di nascita parrocchiali: “I Bacchini sono arrivati qui a San Giovanni all’inizio del ‘600 – racconta – venivano dalla Toscana, dove ho trovato tracce che risalgono al dodicesimo secolo”. La prima casa romagnola dei Bacchini è però a San Clemente. Poi Donna Fiora ha acquistato poderi a San Giovanni e così la tenuta Bacchini è diventata una delle più grandi della provincia di Rimini. Ma le radici toscane si possono ancora trovare nel giglio, simbolo della città di Firenze, che campeggia nello stemma di famiglia. Il nome attuale la cantina lo deve a Monsignor Francesco Bacchini, che si trasferì nella tenuta di San Giovanni alla fine dell’800.
Da questa tradizione secolare di viticoltori nasce la passione di Sandro, cresciuto in mezzo ai tini, alle botti e ai filari. In mezzo al profumo così dolce e penetrante della vendemmia e della fermentazione. Ma anche con gli studi di agronomia ed economia che ne hanno fatto un ottimo amministratore. Ora la sua cantina, oltre a essere una delle più antiche del nostro territorio, è anche una delle più apprezzate. Nei suoi 85 ettari a vigneto, tra San Giovanni in Marignano, Saludecio e Gradara, produce ogni anno 350.000 bottiglie. Cinque etichette Doc (Pagadebit, Trebbiano, il Rebola passito Colli di Rimini, Sangiovese e Cabernet Sauvignon). Un’ampia produzione di vini di Indicazione geografica tipica. Poi vino e olio.
In una delle sale della sua tenuta, l’antica casa padronale finemente restaurata dove è possibile organizzare banchetti, cene e pranzi per eventi, fanno bella mostra di sé bottiglie quasi antiche adagiate all’interno di una teca di legno massiccio e vetro. Alcune etichette sono ormai illeggibili, logorate dall’umidità, ma portano il simbolo della famiglia e risalgono all’inizio del secolo scorso: “Una volta c’era la tradizione di imbottigliare del vino passito per ogni nuovo nato e indicare il nome sull’etichetta. Così è stato fatto per me e così anche per mia figlia. Sono riuscito anche a ritrovare, in alcuni bauli, quelle fatte per mio nonno, datate 1908”.
Il vino come piacere, si diceva, e in qualche modo specchio dell’animo umano e non più solo una mera bevanda. Così nasce l’idea, originale e affascinante, di abbinare i vini ai sentimenti, che è un po’ come abbinarlo alle persone. Un vino come il Bacchino, per la fiducia in sé stessi, o il Cupido, un bianco secco di uve selezionate, ben strutturato, che riporta alla virilità. O ancora il più suggestivo di tutti, il Rebola Passito, dalla gradazione più intensa: “Un vino così, dolce, mi fa pensare che ci si possa voler bene per sempre” racconta ancora Sandro con un sorriso quasi sognante. Tradendo anche un po’ il segreto di come nascono i nomi e gli abbinamenti per le sue etichette. E poi tante altre etichette, oguna con il suo carattere. Fantasia e sapienza.

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