IN RICORDO
di Alberto Prioli
“Oscar diventa albergatore in Sardegna, però non dimentica mai gli amici di Cattolica.
Appena torna, le mete sono il bar Billy, tifoso dell’Inter e la sede dei cacciatori”
Arcurdand Oscar, un grand caciador ad predie e penne.
Av voi arcuntè qualchicò ad Oscar Cecchini, quel che dop l’è dvént al mi zi perché a ho spusè la su anvoda. Oscar l’è nèd mal Casètt precisamente alla Locanda Capri.
Prima si chiamava Lanterna Rossa, poi Sangrilà, si ballava, era nel campo della vecchia fiera del bestiame, dove oggi c’è la Bocciofila. Si rideva in continuazione, burle a non finire; c’era chi si vestiva da donna per prendere in giro il don Giovanni di turno. C’era la grande Nella, la moglie di Carlo Bacchini, che vendeva i gelati in spiaggia. C’era Domenico, il padre di Oscar, che stava seduto davanti al bar dove al pasèva la vecchia Nazionale con tutto il suo traffico. Sotto l’ombrellone del Rosso Antico al giva: guèrda che la Nella la va a partorì, isé, senza tènt taj e tènt manfrénie la n’ha fat nov.
Amarcord che la prima volta che ho vist Oscar l’è stè ma l’Eden Rock: anno 1960, insieme al suo amico Giancarlo Girolomoni, al marid dla fiola dla Pépa dell’osteria del mercato coperto nell’angolo del palazzo delle suore. Di fronte alla pasticceria, una volta u i’era al Budrigon, forse per questo motivo ci sono le infiltrazioni di acqua nel parcheggio del Mercato Coperto.
Oscar u s’è fat la su maturazion ad caciador mal Tavol, grande cacciatore, era la sua più grande passione e gioia. Rimaneva anche senza mangiare pur di vincere la sfida con la preda. L’era ‘na guduria stare in sua compagnia, la burla non si faceva attendere, c’era sempre da rid insén sa lu. Li donie li giva -Oscar fa basta che t’mi fè psé mados -.
Conosce una ragazza di nome Silvana, ui vo’ subte bén, u s’innamora. L’è la fiola ad Nicolini, i si sposa, ui nas du fiol: Federica e Domenico. Il padre di Silvana fa il costruttore edile in Sardegna; è uno dei primi a capire le potenzialità turistiche di quella Regione. Costruiscono degli alberghi, Oscar diventa albergatore. Vive lunghi mesi in Sardegna, però non dimentica mai gli amici di Cattolica. Appena torna, le mete sono il bar Billy (grande tifoso dell’Inter), e la sede dei cacciatori di via Francesca da Rimini.
Vi voglio raccontare alcuni fatti, che mi vengono in mente, non tutti perché ci vorrebbero giornate intere per scriverli. Lavorando all’Eden Rock di notte, verso il mattino veniva fame. In quel periodo Renato Antonelli, oltre che essere socio di Giorgio ad Pitin, gestiva anche l’hotel Solmar, così si improvvisa una bella spaghettata in albergo. Risate a non finire, si mangia e si beve, forse un bicchiere in più, sta di fatto che si fa l’alba e incominciano a scendere dei turisti. Oscar trova una giacca da cameriere, la indossa e inizia a servire gli spaghetti ai turisti. Naturalmente gli dicono che gli spaghetti non li vogliono, chiedono dei cappuccini. Ma Oscar, tutto serio dice: le mungane da ieri sera sono tutte kaputt, non fanno più il milk, oggi spaghetti e basta. E giù risate. Per fortuna sentendo tutto quel baccano, venne giù Maria, la moglie di Renato mettendo tutto a posto.
Oscar oltre che essere un buon cameriere era anche un grande macellaio, l’aveva imparè dai Romani, e lo chiamavano sempre per uccidere le bestie mal Pladur dla Viuléna. Aveva una serie di coltelli da fare invidia alle migliori lame di Toledo, basta dire che successivamente mi sono servite per prendere un ladro dentro casa. Nell’estate del ’60, c’era grande euforia per l’imminente apertura della stagione venatoria. La competizione vera era con Giancarlo dla Pépa. Scommesse con battute spassose: mo va là che té an t’ciap gnènca un pret tla néva – mo sta zét che té t’zé balùg t’è fat ‘na figuracia, t’è sbaiè, adiritura t’è sparè ma un baghin perché tl’è ciap per un cinghiel.
Finalmente il 18 agosto arriva il giorno dell’apertura. Si parte per la battuta di cacci e come battitore col cane da riporto portano con loro Sarafén ad Mascarac. Il giorno dopo grande bagarre al peso, avevano preso una lepre per uno, solo che quella di Oscar era di 200 grammi in più, le battute si sprecavano. Festa grande: le lepri vengono portate per farle preparare e cucinare dalla Gioconda, proprietario dell’omonimo ristorante di Gabicce Monte, cl’aveva la sigareta sempre tla boca.
Purtroppo c’era il diavolo in agguato. La giornata era stata pesante, Oscar va ha letto stanco morto. Non fa neanche in tempo a tirare su le coperte, che lo vengono a chiamare perché ci sono due bestie da uccidere. Si riveste e va al Mattatoio. Incomincia il suo lavoro, stivali ai piedi, acqua per mandare via il sangue… scivola con i coltelli in mano, uno dei quali gli passa sotto il mento da parte a parte, fortunatamente senza toccare parti vitali. 6-7 punti e via. Due giorni dopo cena per tutta la brigata.
Ades av racont questa che la ha i calzét. Una sera Oscar arriva all’Eden Rock con dentro la tasca un piccolo topo legato ad un filo di rame che dal bottone del corpetto finiva in tasca; anche il fotografo ufficiale del Eden Rock ne aveva uno, ma bianco ‘altolocato’, mentre il nostro era color cenere proletario, non fanno amicizia. In quel periodo suonava L’Orchestra I Castellani, che finita la stagione estiva andava a suonare dallo scia di Persia, mentre la seconda orchestra era il grande Marino Marini. Esibivano un numero musicale al piano a quattro mani; il maestro chiama Oscar sapendo che aveva il topo, per fare un dispetto e impaurire la sua donna. Mentre suonava doveva mettere il topino sulla tastiera. Dietro il palco c’era la scatola delle luci di scena e con la scusa di doverle manovrare, di nascosto Oscar lo posa sulla tastiera. Si sentì una nota stonata e un urlo di terrore. Se nel locale ci fosse stato un giudice avrebbe decretato il record mondiale del salto dei 64 scalini dell’Eden Rock, dalla pista da ballo al parcheggio del locale. La serata naturalmente finì con spumante per tutti.
Passati tre – quattro giorni mentre si aspettava seduti l’apertura delle porte del locale, qualcuno chiese ad Oscar che fine avesse fatto il topino. Forse anche Oscar deve aver uguagliato il record di salto della scalinata dell’Eden Rock, perché l’è partì com ‘na pala da s-ciop: si era dimenticato del topo. Gli dispiaceva buttarlo via allora lo aveva messo dentro il porta oggetti della sua macchina, una Fiat 1100 De Lux. Lì dentro, con tanta fame, il topo gli aveva rosicchiato di tutto: libretto da caccia, libretto di circolazione e tutto quello che aveva trovato, riuscendo poi a scappare.
Poi la volta che il dr. Fabbri, uno della brigata, pose un trippone di fagiano dentro un filare di uva, poi con altri disse: guèrda che u j’è un fagèn. Il più lesto fu Oscar che sparò per primo, sollevando risate a non finire, perché il finto fagiano volò in mille pezzi. Sempre il dr. Fabbri acquistò un richiamo di alta definizione e lo piazzò nei giardini davanti al Bar Giardino, poi col telecomando lo azionava dal bar. Sént u j’è ‘na quaia, tutti sono andati in caccia, ma poi vedendo ridere il dottore e altri, capiscono la burla, e giù risate per tutti.
Questo era Oscar. Ne avrei tante altre da raccontare, ma mi fermo, pensando che uno come Oscar dovesse vivere in eterno. Ci ha lasciato troppo presto, ma forse nel modo che lui stesso aveva programmato, andando a caccia. Io non so dove sia, su, giù o in qualsiasi altro posto, ma lo immagino davanti al calendario, guardando il giorno di apertura della stagione venatoria. Ades at augure bona cacia.
Il tuo nipote acquisito, Alberto.