Invece fu il poeta Giovanni Pascoli a dare dignità culturale alla piadina raccontandola. In varie sue opere Pascoli parla del “pane di Enea”, del “pane rude di Roma”, legando l’origine della “piada” alla latina “mensa”, rinvenendola nel settimo canto dell’Eneide.
In una nota di presentazione del poemetto “La Piada”, pubblicata su “Vita Internazionale” nel 1900, Pascoli scriveva: “Piada, pieda, pida, pié, si chiama dai romagnoli la spianata di grano o di granoturco o mista, che è il cibo della povera gente; e si intride senza lievito; e si cuoce in una teglia di argilla, che si chiama testo, sopra il focolare, che si chiama arola…”.
L’ascendenza romana verrà poi ripresa anche nella tradizione culturale, che si andrà affermando con la rivista “La Pié”, istituita nel 1920 da Aldo Spallicci.
La “piada” diventava così il genius loci della Romagna: la casa, la terra natale, la terra.
Max David, giornalista e scrittore, definiva la piadina come “la più romagnola delle specialità romagnole”.
Ma la storia della piadina viene da molto più lontana. Catone era contrario al diffondersi di questo pane azzimo fra la popolazione di Roma perché, richiedendo un companatico, avrebbe reso golosi e molli i suoi connazionali.
Tuttavia le piade divennero ugualmente un elemento importante nell’alimentazione romana così che la panificazione al mattino divenne un rito austero.
Era così nata una nuova tradizione ed anche Catone, alla fine, cedette all’uso del pane azzimo; quando poi il pane lievitato si diffuse fortemente l’uso delle piadine azzime venne riservato ai soli fini religiosi.
Nel 1300, anno della peste, la classe contadina non ebbe più la possibilità di mangiare il pane lievitato e tornò al consumo di polente, di farine d’orzo e di focacce azzime fatte con cereali meno pregiati, con legumi secchi e con ghiande.
L’etimologia del termine piadina è incerto e probabilmente è collegata al greco “plaukous ” “focaccia ” e se si accetta tale ipotesi il termine deriverebbe quindi dalla dominazione bizantina della Romagna.
E la piadina, assieme alle altre specialità romagnole, iniziò a conquistare i turisti negli anni ’40 e ’50, quando cominciarono ad apparire lungo le strade statali che portavano al mare i primi chioschi che vendevano le piadine preparate al momento e gustate con la porchetta di maiale, le salsicce cotte alla brace, i cavoli, i pomodori e le melanzane gratinate e questa tradizione è proseguita fino ad oggi.