– Ho letto l’intervento sul vostro giornale fatto dall’assessore Mancini a proposito dell’istituzione a Cattolica del registro del testamento biologico e di quella che il titolo descrive come la “posizione dei cattolici” (non ho avuto modo di leggere l’intervento di Piergiorgio Morosini).
Da “credente” emergono delle domande e delle considerazioni sull’articolo in oggetto che vorrei proporre.
Secondo Mancini “la questione si complica nella diversa valutazione assegnata alle pratiche di idratazione e di alimentazione forzata “(chissà perché poi forzata!). Per la Chiesa la questione non è affatto “complicata” infatti su questo aspetto “inefficacia di dichiarazioni nel testamento biologico che si riferiscano a trattamenti di sostegno vitale (idratazione e alimentazione)” si è pronunciata già molto chiaramente (vedi Cardinal Bagnasco Presidente della CEI – Prolusione Consiglio CEI del settembre 2008). Se per Mancini è complicata la questione è un problema suo, non certo della Chiesa che si è chiaramente espressa affermando che idratazione ed alimentazione non rientrano tra i diritti che il testamento biologico può negare. Ma un cattolico con chi (o con cosa) deve confrontarsi se non con i pronunciamenti della Chiesa? La coscienza del credente vive di un paragone con i documenti ufficiali della Chiesa. Uno poi fa quello che gli pare, ma non può esserci un criterio diverso. L’orientamento la Chiesa lo ha già dato; a Mancini questo interessa o no?
Ancora Mancini: “all’interno della Chiesa le posizioni dei credenti sono variegate”…”a tal punto da rendere interessante leggere dentro la coscienza dei credenti per coglierne le sensibilità spesso diverse”. Io posso dire che, nella mia esperienza, solo verificando una ipotesi che mi viene proposta capisco se essa è vera o meno. E un credente da quale ipotesi deve partire per verificare che “per lui” è vera se non dai giudizi espressi dal Magistero della Chiesa?
Le due opzioni davanti alle quali si troverebbe il credente vengono presentate o come autodeterminazione limitata o passiva (la prima) o come autodeterminazione attiva e che usa la ragione (la seconda). E’ chiaro che messa così chiunque ritiene vera la seconda, mentre la prima è chiaramente oscurantista nel senso che la si vede solo come obbedienza cieca senza uso della ragione. Da S.Agostino in poi la Chiesa ha sempre diviso la libertà in Libertas minor (c’è il libero arbitrio, il credente sceglie) e Libertas maior (cioè la libertà che corrisponde all’essere se stessi per il raggiungimento della piena realizzazione di sé). Se io voglio avvelenarmi posso farlo (libero arbitrio), ma questo certamente non corrisponde a ciò che è il mio bene (realizzazione di me). Con la Rivoluzione francese è scomparso il significato vero della parola libertà ed è rimasto solo il significato di libero arbitrio (e questo vale ancora oggi, anzi..).
L’esito di questo processo è il relativismo cioè lo svuotamento della verità. Se la libertà è puro libero arbitrio la mia opinione ha lo stesso valore della tua, di quell’altro e via andando; ma se tutte le verità hanno pari dignità qual’è la verità? Se tutti abbiamo ragione la verità non c’è e quindi anche il Magistero della Chiesa è visto solo come il residuo anacronistico e illiberale della pretesa di definire la verità sull’uomo. La cosa ridicola è che questa libertà così accomodante con tutti diventa intollerante nel momento in cui la si mette in discussione. Il credente ha la possibilità di aderire o meno alla verità proposta dalla Chiesa, ma non può dire quale è la verità di Dio (per Mancini mi sembra che il concetto di laicità sia definire cosa Dio – cioè il Magistero – debba dire).
Anche i 10 Comandamenti possono essere sentiti o come divieti a cui adeguarsi senza che io sia messo in gioco oppure come l’ipotesi che mi viene data affinchè, seguendoli e verificandoli, io sento che corrispondono a quello che io desidero, cioè io sono più me stesso. Senza questa esperienza, che per essere vera per me deve essere libera cioè ragionevole, i Comandamenti non hanno significato perché sono solo degli obblighi che, neanche il credente, ha desiderio di seguire e quindi diventano solo moralismo(mi viene detto di non fare certe cose, ma nessuno mi dice “perché” non devo fare certe cose).
Nelle ultime righe,inoltre, Mancini dice “resto fiduciosamente in attesa dal Magistero di nuove analisi e nuove sintesi che affrontino e risolvano la congerie di problemi(e qui scomoda la Gaudium et Spes)”. Lui può rimanere anche in attesa, ma forse sarebbe il caso che si accorgesse che il Magistero della Chiesa ha già parlato, e anche molto chiaramente.
di Ivano Tenti