VOLONTARIATO
– Mario (nome di fantasia) veleggia oltre i cinquant’anni. Una laurea nel cassetto ed il lavoro perduto causa la crisi. Attinge all’umanità della Caritas.
Anche Gianni, diplomato, stessa storia di lavoro, stessa sorte, stessa età, beneficia dell’istituzione riccionese.
Sono due delle tristi storie di una comunità ricca, anzi opulenta, che si guarda nello specchio e riflette su una comunità da rimodellare nei valori e nella distribuzione della ricchezza e anche nella sicurezza sociale dello Stato.
La Caritas comunale di Riccione ogni settimana serve 150 pasti e innumerevoli, centinaia di pacchi con alimenti fondamentali. Sta cercando altri volontari che possano dare un contributo.
Afferma Pietro Cavallaro, rappresentante dei sei parroci riccionesi nella Caritas e molto legato a don Oreste Benzi: “Quanto fortuna abbiamo nella nostra città. E ciascuno di noi ha mille fortune, in termini di soldi, di capacità, di tempo. In termine di intelligenza e di conoscenze”.
“Con della buona volontà – continua Cavallaro – chiunque è in grado di dare qualcosa a chi ha ricevuto meno di noi. Foss’anche ‘quattro ore’ al mese”.
E’ superfluo forse sottolineare quali siano le necessità di oggi di chi sta veramente male; non sono solo gli extra-comunitari ad essere caduti nel bisogno. Moltissimi riccionesi e connazionali hanno problemi. In percentuale, gli italiani sono il 51% e gli stranieri il 49%.
Fino a qualche anno fa era impensabile. Ultima considerazione. Molti si vergognano e restano col proprio pudore e non chiedono.
Per molti invece la questua è una sorta di professione, ma c’è chi ha bisogno di usufruire della Caritas: mensa, sacchetto viveri.
Il gruppo Caritas di Riccione è organizzato in sei sezioni parrocchiali, e una interparrocchiale, o cittadina. Quest’ultima fa quello che non riesce a fare la parrocchiale, come la mensa.
Attorno all’interparrocchiale orbitano una sessantina di volontari. Se ne cercano nuovi per migliorare i servizi. Lavorare con i volontari spesso è aleatorio. E’ dura fare il volontario; ad esempio, una donna contribuisce col proprio tempo, si ammala un familiare e non va più.
La sede è a Spontricciolo, parrocchia di San Lorenzo, prima del semaforo pedonale dell’aeroporto.
“Impegno bello ma faticoso – chiude Pietro Cavallaro -. I bisogni di chi sta male sono sempre tanti e difficoltosi da compiere. Non è facile aiutare un povero. Si diventa poveri per la malattia, per la precarietà del lavoro, per sfortuna.