L’INCHIESTA
di Francesco Toti
Economia, ancora dentro il tunnel della crisi
– “Ritornati nel tunnel della crisi” fa sapere Confindustria attraverso i suoi indicatori economici. Un’azienda che rappresenta il polso della metalmeccanica della provincia di Rimini è ripiombata nei suoi mesi peggiori: al 60 per cento della sua capacità produttiva. Con gli ordini che giungono giorno dopo giorno e non pianificati di un anno e anche di più, come succedeva prima del settembre del 2008, inizio della recessione occidentale. Terzista con più di cento dipendenti, è una delle imprese italiane più grandi del settore. Lavora per cinque multinazionali: quattro italiane e una straniera. E tutt’e e cinque i marchi sono ai vertici mondiali. Il titolare, un uomo senza paure, conscio delle sue capacità tecniche e saldezze umane, in un incontro con i dipendenti si è detto ottimista sul futuro, che è quello dei suoi dipendenti e anche quello di un territorio, che sente i morsi della crisi nonostante le cinque eccellenze produttive: turismo, metalmeccanica, tessile-abbigliamento, nautica e polo del gelato.
Scrive Confindustria in una nota: “Per scongiurare l’aggravarsi della situazione occorrono misure adeguate a livello internazionale, nazionale e locale, iniziando con più sostegno da parte del credito”.
Ma andiamo a leggere alcuni numeri rilevati alla fine di luglio. Quadro peggiorato in settembre e ottobre. L’andamento della produzione, infatti, viene annunciata in diminuzione dal 16,28% delle imprese del campione, stazionaria dal 48,84% e in aumento dal 34,88% (in calo la percentuale di chi prevede un aumento e in crescita quella di chi prevede una diminuzione della produzione).
Per il ricorso alla cassa integrazione oltre il 35% lo considera probabile (il 10,99% probabile e consistente), l’8,79% poco probabile e il 54,95% lo esclude.
“Nel corso del primo semestre 2011- spiega il presidente di Confindustria Rimini, Maurizio Focchi – si è registrato un timido ottimismo. Ma l’instabilità di agenti esterni quali la situazione finanziaria e politica, si è inevitabilmente ripercossa sull’andamento dell’economia, facendo precipitare nuovamente la congiuntura.
Dalla raccolta dei dati ad oggi, si sono ripresentati alcuni fattori che non ci permettono di essere troppo ottimisti. Fra questi, l’eccesso di capacità produttiva a livello mondiale, ma anche locale in molti comparti, una domanda interna che stenta a ripartire e soprattutto il credito sempre più selettivo anche per l’adeguamento anticipato ai criteri di Basilea3 e la difficoltà a reperire liquidità nel sistema a causa dello spread fra Btp e Bund tedeschi”.
E’ spiacevole contestare una bella persona come Focchi sul credito alle imprese. Ma ognuno ha un ruolo, la banca fa la banca ed è giusto che elargisca danari all’imprenditore credibile. Ed è altrettanto giusto che li neghi a chi fa il furbo. Come spesso avviene. Il primo a credere nell’impresa deve essere la proprietà. Invece, in tanti casi, si ha una proprietà ricca ed un’impresa povera di prodotti e povera di mercati. E quello che si dice in gergo “azienda non patrimonializzata”. Si legga anche: derubate dalla proprietà. E’ come possedere una vacca da latte e non nutrirla con fieno e erba a sufficienza. Dopo poco la mungitura sarà sempre più striminzita.
Le attese degli imprenditori, relative al secondo semestre 2011 denotano già l’inizio di un peggioramento della congiuntura.
I dati di previsione confermano il rallentamento del cammino della ripresa: un numero maggiore di imprese pensano ci sarà una diminuzione nei principali indicatori rilevati che, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, rischiano quindi di tornare in negativo.
La percentuale di imprese che prevedono una riduzione della produzione, infatti, aumenta rispetto alle precedenti indagini, mentre la percentuale di chi la vede in aumento è inferiore rispetto alle previsioni per il primo semestre 2011.
Futuro
La provincia di Rimini non può avere paura. Ha una struttura produttiva di prim’ordine. La crisi nel suo significato dovrebbe aiutare i vari blocchi sociale sani, che affrontano la vita con la giusta tensione morale, a separare, giudicare, scegliere. E’ vero che l’Italia ha sprecato decenni di vacche grasse, ma oramai i buoi sono usciti. Ma qui, come afferma il professore di economia Stefano Zamagni, non difettiamo di capacità tecnica ma di credibilità etica. Solo che l’etica dovrebbe essere il fine di ogni azione politica ed industriale. Senza, non si è credibile sui mercati e si pagano i soldi fior di interesse. Con il futuro che è un tunnel infinito e senza luca.
Quando alcuni anni fa, l’Aeffe acquistò il marchio Moschino, solo per la fiducia, la banca gli fece trovare sul conto cento miliardi la sera per la mattina.
EDILIZIA
Ho 10 camion, ne girano solo tre. Che cosa devo fare?
– L’edilizia della provincia di Rimini è in piena crisi. Con una pianificazione allegra, per non dir peggio, negli ultimi 20 anni si è tirato su quanto andava fatto in un secolo: tanto e spesso anche di bassa qualità. In molti casi abbiamo vetriolato territorio e paesaggio, sia in Valmarecchia, sia in Valconca. Un imprenditore ha chiamato chi scrive e si è sfogato così. “Guardi ho dieci camion e ne girano solo tre. Ho dieci cantieri aperti e vendo poco. Ne potrei aprire altri due e non inizio… Avevo cento dipendenti, mentre ora sono sessanta. Che cosa devo fare?”. Messa così, sul piano umano, come non essere d’accordo con il sacrosanto sfogo del protagonista. La politica dovrebbe rivedere gli strumenti della pianificazione e anche dove e come indirizzare le risorse di una comunità. La ricchezza si crea investendo sulle infrastrutture e stimolando i manufatti da esportazione. Dopo vengono gli equilibrati consumi interni.
“Rimini ha paura del futuro perché ha finito i sogni”
I numeri: 9 dipendenti, introito di 305.000 euro a stagione, spese del personale 119.000 euro (24.000 in contributi previdenziali), ammortamento annuale per gli investimenti 57.000
IL PROFILO
– “Le imprese devono puntare verso l’orizzonte e non verso l’alto. Chi ha i soldi fa finanza. Invece, chi ha sogni e mète crea ricchezza attraverso il lavoro e fa impresa. All’Occidente ci sono i soldi, ma abbiamo smarrito sogni e mète. Le aziende italiane devono andare all’estero insieme; sono troppe piccole per poterlo fare da sole”.
Salvatore Costa Pasqualino è un cinquantino nobile siciliano approdato a Rimini una ventina di anni fa per puro caso. Da 6 anni ha un ufficio a Shangai; si occupa di internazionalizzazione delle imprese e dei passaggi generazionali, dalla prima (quella che ha costruito) alla seconda (quella che gode e spreca).
Arriva in Romagna perché l’azienda per la quale lavora presenta al Grand Hotel il “Prozac” per il mercato italiano. Incontra una fanciulla riminese che diventerà la moglie. Abbandona il prestigioso ruolo nella multinazionale farmaceutica americana con l’intento di fermarsi a Rimini. La famiglia viene prima della carriera. Cerca lavoro. Lo trova da Gian Franco Sartini come consulente finanziario. Ricorda Costa Pasqualino: “Non era proprio un lavoro appagante. Il mio interesse era, ed è, far crescere le imprese, utilizzando il mio bagaglio professionale. Posso fare marketing, consulenza di direzione”.
Quel baule di esperienze è una laurea in Economia e commercio a Palermo, un master alla New York University ed uno alla London Business School. Inizia a lavorare come informatore medico scientifico alla Eli Lilly. Vi resta 12 anni e ara il mondo: Stati Uniti, Indonesia, Gran Bretagna. Raggiunge i vertici.
Ma in concreto come si internazionalizza un’impresa? Costa Pasqualino: “I gradini fondamentali sono tre. Il primo, la curiosità di conoscere il paese dove si vuole vendere. In una settimana di missione, con molta onestà intellettuale, non si capisce nulla. Il secondo, adattare il proprio prodotto al nuovo mercato. Ad esempio, la coppetta del reggiseno in Cina non va bene; è troppo grande. Il terzo fattore, muoversi in gruppo”.
“I francesi – continua il consulente – si muovo sempre insieme in giro per il mondo. Gli italiani, al contrario, giungono come singoli. Poi ci dovrebbe essere la politica che dovrebbe dare gli strumenti ma questo è un altro discorso. Personalmente ho fondato numerosi consorzi con l’obiettivo di raggiungere la massa critica ed incidere. Ma non ci siamo quasi mai riusciti. Alla fine diventava lo strumento dei 2-3 imprenditori più grandi”.
Una figlia di vent’anni, Costa Pasqualino ha una caterva di passioni: le moto (ha fatto motocross a buoni livelli), le auto, i sigari, l’abbigliamento, gli orologi. Il nonno era amico di Enzo Ferrari e a suo modo fu il precursore del nipote, nel lavoro. Il gentiluomo siciliano capì che era meglio vendere le sue produzioni agricole sul più remunerativo e ricco mercato di Londra che in Italia. Dato i guadagni più alti, si mise a fare anche il commerciante di derrate. Dice il nipote: “Mi piacciono abiti e sigari perché mi riportano a mio nonno. Nei tempi morti della campagna, era solito passare molto tempo dal tabaccaio e dai sarti. Tabacco e filo mi riportano a quando ero bambino”.
Costa Pasqualino ha un orizzonte globale dell’attuale momento economico. La sua visione macro-storica è impietosa. Argomenta: “Gli affari riprendono se c’è la potenzialità del mercato. L’Italia è in un’area, l’Occidente, in declino. Il suo locomotore, gli Stati Uniti, è in declino. Siamo in una fase di passaggio storico solo che non ce ne rendiamo conto. E come sempre avviene la fine e gli inizi delle epoche non sono evidenti. Si subiscono i segni della fine e si è impossibilitati a cogliere gli inizi del cambiamento. Siamo nella situazione del produttore di candele quando Edison inventa la lampadina. A chi gli faceva notare il suo mercato in pericolo scrollava le spalle. Poco gliene importava”.
“Le imprese voglio ricordare – riflette Costa Pasqualino – non nascono dai soldi, ma da sogni e obiettivi. I sogni sono energia. E’ la finanza che nasce dai soldi. Questa è la differenza. L’Occidente per salvarsi deve capirla. Rimini fa bene ad avere paura del futuro non per mancanza di risorse ma per aver finito i sogni. Purtroppo i nostri giovani di 40 anni sono già vecchi; non perché pigri. Anzi. Ma perché i genitori non hanno dato loro la possibilità di costruire il loro sogno. Non è con i giovani-vecchi che si fa innovazione”.
A chi gli chiede un segno positivo sul futuro, risponde: “Ci potrebbe salvare l’energia che arriva da fuori. Gli immigrati. Ne dovremmo inserire il più possibile nelle nostre imprese: aziende italiane e energia forestiera. Questo potrebbe fare di noi una grande nazione. Per reggere sui mercati dobbiamo fare dei buoni prodotti e vedere i clienti. Ci sono imprenditori che non hanno mai stretto le mani al cliente finale. Voglio anche ricordare che ad ogni azienda che chiude ne corrisponde una che apre. Magari non in Italia, ma da qualche parte apre”.
In questi anni ha fatto da consulente a molti marchi famosi: Italiana Macchine, Grand Hotel di Rimini, Innoxa. Ha coordinato l’apertura a New York (dall’idea fino alla realizzazione) della catena di locali “Sugo” e “Basilico”. In questo momento si occupa di immobiliare di prestigio in Italia per clienti russi e cinesi e del lancio di un format per il food e la ristorazione di un marchio importante.
Di sé, a 48 anni, dice: “Sono un grande pigro che si è messo a lavorare. Mi piacciono i sigari toscani e cubani. I primi per stare in mezzo alla gente, i secondi con la mia solitudine”.