TERRA – TIPICITA’ – TRADIZIONE
– Paolo Baffoni zappa le ottomila viti una ad una. Le pota insieme alla moglie Elisabetta. Dà solo lo zolfo. Le coltiva in modo rivoluzionario e saggio grazie ai consigli dell’agronomo Francesco Bordini. Il faentino è tra i massimi esperti dell’arte di far eccellere il Sangiovese.
Esposto al sole di mezzogiorno, il vigneto è su 12.500 metri quadrati (poco più di un ettaro). Ogni vite produce tra i tre ed in cinque grappoli; per un totale di cento quintali d’uva. Quelli in più vengono tagliati prima. E’ al secondo anno di imbottigliamento. E lo fa con la filosofia del grandissimo vignaiolo di Barolo, Mascarello. Il vecchio piemontese non si è mai piegato alle mode; produceva con le bizze e le fortune delle stagioni. Insomma, il suo frutto doveva essere in tinta con i colori della terra.
Racconta Paolo Baffoni: “Devo produrre per il mio piacere, per quello degli amici e di qualcun altro. Se non lo vendo è uguale, lo regalo. Ho messo un Sangiovese in purezza, perché ha i caratteri dei romagnoli: è spigoloso, in certi momenti imbevibile, in altri è tosto. E spesso svela una gentilezza assoluta”.
Paolo Baffoni parla col fascino della passione. Di tanto in tanto, quando racconta, sottolinea che la sua vita è sotto il cielo della buona sorte. “Ho avuto la fortuna di lavorare in un ambiente che mi ha permesso di divertirmi e anche molto di più”.
Quell’ambiente è il calcio. E’ stato il preparatore atletico dei successi di Alberto Zaccheroni, oggi allenatore della nazionale giapponese. Con Zaccheroni ha lavorato in grandi società: Udinese (3 anni), Venezia, Bologna, Milan (3 anni), Lazio, Inter. Gli ultimi due anni li ha trascorsi al Padova. Da un anno, dopo 28 di girovagare, non fa nulla, per modo di dire. Professore di educazione fisica, la sua carriera inizia nell’82 al Rimini allenato da un altro fuoriclasse, Arrigo Sacchi. Poi il fortunato incontro con Alberto, come dice Baffoni.
La passione dei vini arriva in tarda età ed è tutta colpa dei friulani. Arriva a Udine astemio, riparte con la passione e molte conoscenze. “Là anche il caffè – racconta Baffoni – si corregge col vino. Ed è abitudine berlo dopo cena con gli amici, stappando la migliore bottiglia in casa. Ho iniziato a berlo per non offendere gli inviti dei furlani. Così piano piano mi sono avvicinato, sono andato per cantine nel Triveneto. Bellissime. Credo che in Veneto e in Friuli sui vini e non solo siano almeno trent’anni più avanti”.
Il morcianese è stato un raffinato ambasciatore delle eccellenze eno-gastronomiche della nostra provincia. Il martedì, quando tornava a preparare le squadre, si portava sempre piadina, vino (acquistati dalle migliori cantine della provincia di Rimini) e prosciutto di Carpegna da far degustare. Galliani era ghiotto di piadina e Sangiovese.
Dice: “La mia ambizione è fare il vino del nonno, ma di qualità. Deve avere i profumi e i sapori del sole, dell’acqua, del vento, del nostro lavoro. Il vino vero lo fa la natura. A me, personalmente, piacciono i vini che hanno corpo. E il Sangiovese è uno di questi”.
Queste emozioni sono imbottigliate in vetri bordolesi. Il vino si chiama Primo nero, mentre la sua azienda è stata denominata “San”, giocando con l’inglese: sta per il sole del Sangiovese a San Clemente.
Il sogno di Baffoni che si realizza risale al 2006. E si chiama Cevolabbate (“Ciola” in dialetto), la bellissima collina che sovrasta San Clemente. Gli occhi si perdono in una campagna pettinata come un giardino e solcata dai calanchi (si potrebbe dire che fanno molto Senese ma non è così, sono le nostre terre da scoprire e saper raccontare con fierezza), dall’elegante borgo di San Clemente, con all’orizzonte quella striscia blu che va da Gabicce Mare fino a oltre Rimini. Cevolabbate merita una gita. Ci si tuffa nella Romagna dei secoli addietro, larga ed accogliente. Nulla a che fare con la triste cementificazione degli ultimi trent’anni.
I dieci ettari sono un balcone sul mare. Oltre al vigneto con le viti potate a fiasco e legate in alto con l’eleganza di uno chiffon, ha messo a dimora 150 ulivi. Attorno alla nuova casa con portici e cornicione in cotto con quattro dentini anche un bosco di un paio ettari, che significa legna da ardere per la stufa radiante in grado di riscaldare gli ambiente con un nulla. La sua bella abitazione bio-compatibile a basso consumi è completata dal geotermico, il fotovoltaico ed un cappotto di 11 centimetri.
Prosit. Con cartoni che accolgono bottiglie sdraiate, che recano la dicitura Cevolabbate. Romagna.