L’INCHIESTA
di Francesco Toti
– Nel punto più basso della crisi, una delle aziende metalmeccaniche più innovative della provincia di Rimini vede crollare la produzione del 60 per cento. Grazie al fatto che è la fornitrice di mezza dozzina di multinazionali leader mondiali di settore, è uno dei polsi veri dell’andamento congiunturale del sistema produttivo provinciale. In questi giorni, è all’85 per cento della sua capacità, anche se gli ordinativi non sono più di lunga gittata, ma arrivano giorno dopo giorno. Per dare un senso della sicurezza della proprietà c’è questo bellissimo aneddoto che fa allargare il petto all’orgoglio in salsa riminese. Nella primavera del 2007, l’imprenditore entra in “lite” con i nuovi manager di una multinazionale. Non sopportava più la loro supponenza, decide di tagliare il cliente anche se valeva un quarto del fatturato. I vertici dell’azienda giungono dall’estero e lo pregano di riprendere la fornitura.
Buone notizie anche da un altro bel marchio. Produce impianti per spillare birra e erogatori di soft drink ed acqua. Esporta il 75% della produzione, da gennaio l’azienda fa gli straordinari: un’ora in più al giorno e al lavoro anche il sabato. Nel momento basso era a meno 40%. Oggi, è risalita al 75% delle potenzialità.
Insomma, qualcosa si sta muovendo. Non c’è nessuna certezza sul futuro che va conquistato giorno dopo giorno con la forza della professionalità intrecciate alla correttezza. Ma uno spunto di riflessione lo porta da anni la presentazione del rapporto economico della provincia di Rimini a cura dell’ufficio studi della Camera di Commercio, con il supporto economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.
Presentato lo scorso 29 marzo presso l’Università di Rimini, stranamente la sala era gremita come mai negli anni addietro. In tanti in piedi lungo le pareti. Nella crisi si cercano suggerimenti ed idee? Peccato che quest’anno, gli organizzatori non abbiamo chiamato un economista di prestigio in grado di portare una visione dagli orizzonti alti prima ancora dell’economia della vita. Negli anni addietro si sono cimentati personaggi del calibro di Stefano Zamagni (preside di Economia e commercio all’Università di Bologna), Aldo Bonomi (sociologo del territorio), Pierluigi Celli (dirigente di aziende, ex presidente della Rai).
In ogni caso, il pomeriggio lo hanno animato i padroni di casa Manlio Maggioli (presidente della camera di Commercio) e Massimo Pasquinelli (presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini). Il loro è stato un duello rusticano a distanza, garbato nelle parole, ma duro nella sostanza, soprattutto sul futuro della Cassa di Risparmio. Pasquinelli afferma che resterà riminese; mentre Maggioli spera ma intravede poche possibilità.
Con mezz’ora di ritardo, alle 17,56, ha portato il saluto Massimo Pasquinelli. Due le riflessioni: il rapporto tra i vari poteri provinciali e la Carim. “La provincia – ha detto Pasquinelli – è in mezzo a crisi non prevedibili economiche e sociali: il commissariamento di tre banche, la crisi di governo in tre comuni (Cattolica, Coriano e Pennabilli), gli scandali finanziari a San Marino. Credo però che Rimini abbia le risorse umane ed imprenditoriali per superare la fase critica”.
“Il mio secondo punto di riflessione – ha continuato Pasquinelli, con una voce tranquilla – è sulla Carim. C’è la volontà si salvaguardarne l’autonomia e il suo patrimonio territoriale. La Fondazione farà la sua parte, insieme ai soggetti locali. Esiste un movimento spontaneo per la prossima capitalizzazione. Ora abbiamo preso un advisor di grande prestigio, Mediobanca”.
Pasquinelli ha chiuso con un appello alla coesione: “Il 2011 deve essere configurato nel segno della responsabilità; tutte le parti sociali sono chiamate e questo. Dobbiamo modificare i costumi comuni. I mezzi di informazione non dovrebbero cadere nel gossip, perché ogni parola non ponderata fa danni. Infine, un appello alla politica, che non può essere qualcuno che colloca qualcun altro e che scimmiotta la politica nazionale”.
“Voglio fare il Che Guevara rispetto ai toni pacati di Pasquinelli”, ha esordito tonante Maggioli, nella sobria eleganza della grisaglia il presidente della Camera di Commercio. Ha attaccato tutti e tutto: Fondazione, Carim, politica. Segno di forza.
“Mi domando – ha proseguito – se c’è stata la collaborazione per risolvere i problemi tra pubblica amministrazione, partiti, imprenditori, liberi professionisti. No, purtroppo non c’è stata. E questo porta danni al territorio. Nel 2010 sono state votate norme edilizie assurde come far convivere nello stesso stabili appartamenti e albergo. A fine legislatura il Comune di Rimini ha votato i piani particolareggiati nelle varie aree produttive. Qualche anno fa avrebbe giovato, ora è un danno alla città. Esiste un finanziamento per il Trc (Trasporto rapido costiero) però non si è ancora progettato il modo per raggiungere la Fiera di Rimini e il palacongressi”.
Maggioli ha affondato sulla Fondazione Cassa di Risparmio. A pie’ pari: “C’è stata una lotta senza quartiere tra gruppi all’interno della Fondazione. Mi auguro che il commissariamento della Carim si superi grazie alla volontà dei riminesi, ma ho forti dubbi. Credo che questa sia una grande impresa da affrontare ed ho forti dubbi che possa avvenire”.
Poi il presidente Maggioli ha alzato lo sguardo sull’impresa provinciale: “La crisi ha portato le imprese alla riorganizzazione e sono riuscita a sopravvivere. Sono state costrette ad espellere manodopera. Ma la pubblica amministrazione si è riorganizzata per essere più efficiente? A me non sembra proprio. La politica e la pubblica amministrazione hanno il dovere di essere efficienti; ci costano tanto e ci dovrebbero restituire altrettanto. A Rimini non avviene. Fino a quando c’è il sopravvento della discordia difficilmente la situazione può migliorare”.
Durante il lungo pomeriggio non ci si è proprio annoiati. Dopo i due big, è toccato all’economista Massimo Guagnini leggere gli indicatori 2010 del territorio: un’annata di ripresa ma forse meno di quanto ci si aspettasse. C’è stata la ripresa dell’export e della produzione.
Il rapporto è un ottimo strumento per mettere a fuoco la bussola socio-economico di una provincia che tutto sommato se la cava. Ora una politica al servizio delle imprese. E’ l’urlo che sale dalle associazioni di categoria ed dagli imprenditori. Basta finanza, basta speculazione e sì agli investimenti produttivi. L’imprenditore fatica a capire, anzi non capisce affatto, le strane decisioni delle istituzioni.
Produzione, più 1,5 per cento
– Piccola crescita nei livelli di produzione della provincia di Rimini nei primi 9 mesi del 2010: più 1,5% (più 0,9 in regione) rispetto al disastroso 2009 . Nello stesso periodo il fatturato è aumentato del 2,6%, gli ordinativi del 3,4%. Va ricordato che nel 2009 la produzione fu meno 13,5% (meno 14,1 la regione), con il fatturato a meno 13,4%, gli ordinativi a meno 13,6%.
Cassa integrazione: 21.536
– Presentate all’Inps 21.536 domande di cassa integrazione allo scorso 31 dicembre. Con meno 0,36 percento rispettto all’anno precedente, il Riminese si colloca all’ultimo posto in Emilia Romagna (-15,7% la media). Un indicatore che dimostra tutta la nostra debolezza rispetto agli altri territori. A questo va aggiunto che la forza lavoro di Rimini è di sole 146.000 unità.
Esportazioni: Francia, Russia
– Nei primi 9 mesi del 2010, la provincia di Rimini ha esportato beni per 1,15 miliardi di euro (924 milioni nel 2009) ed importato beni per un valore di 462,2 milioni di euro (327 nel 2009); un saldo positivo di 689,8 milioni di euro. le percentuali dell’export per settori: tessile-abbigliamento 41,8%, macchinari ed apparecchi 18,9, mezzi di trasporto 12,5%. I mercati principali per le nostre merci sono: Europa 76,8%, Asia 11,5% e America 8,35%. I primi tre mercati: Francia (135 milioni), Russia (125), Regno Unito (89).
Manlio Maggioli, presidente della camera di commrecio: “Mi domando se c’è stata la collaborazione per risolvere i problemi tra pubblica amministrazione, partiti, imprenditori, liberi professionisti. No, purtroppo non c’è stata”
Massimo Pasquinelli, presidente Fondazione Carim: “La provincia è in mezzo a crisi economiche e sociali: il commissariamento di tre banche, la crisi di governo in tre comuni (Cattolica, Coriano e Pennabilli), gli scandali finanziari a San Marino. Credo però che ci siano le risorse umane ed imprenditoriali per superare la fase critica”
I NUMERI – MILIONI DI EURO
Fatturato 2009, guida la Marr
Marr – 1.115,2 milioni di euro
Ferretti – 749,3
Comp. Turistico Alberghiero – 706,5 Inox Mare – 680,5
Ferretti – 635,4
SCM – 631,4
T & M Holding – 334
Fratelli Ferretti – 217
Aeffe – 217
Finanziaria Valentini – 186,5 Valfina – 186,1
C.R.N. – 160,2
SGR S.P.A. – 157,7
Hera Rimini – 146,2
SGR SERVIZI – 144,7
Gerani Group – 104
Mecs – 103,9
Maggioli – 100,9
Green Valley – 99,9
Ceramica del Conca – 97,8
Luxury Yachts – 94,8
Gilmar Divisione – 92,1
Opportunity – 85,6
CBR – 82,2*
Rimini Fiera – 77,2
CMV – 76,7*
Mondadori – 76,1
Opportunity Gdo – 65,9
Valleverde – 64,3
Società italiana gas liquidi – 59,8 Centro Petroli Baroni – 57,5 Industrie Valentini – 56,8
Autopronti – 52,7
Petroltecnica – 52
Optima – 51,9
Aetna Group – 48,6
Scrigno Holding – 47,7
Car – 45,2
Vernocchi – 43,8
Finscap – 40,9
Albini & Fontanot –
Tki – 39,9*
*Fatturato 2008
‘Futuro: il turismo e le imprese strutturate’
Piero Manaresi, riccionese, consulente d’azienda e “mago” nel leggere i bilanci.
L’INTERVISTA
– La rivincita del turismo. E le aziende strutturate: Scm, Ceramica del Conca, Colombini Mobili, Gilmar, Valentini, Petroltecnica, Gilmar, Omnia (ovvero la Mec3), Albini & Fontanot, Scrigno. Sono le aziende che se la caveranno, in questa riflessione strettamente personale di Piero Manaresi. Riccionese, consulente aziendale di prim’ordine, perito del tribunale di Parma sull’affare Parmalat. Costruì su una parete il labirinto societario della multinazionale del latte emiliana, lasciando senz’altro qualche ramo fuori dal curioso muro. Mago nel leggere i bilanci, fa il mediatore per la vendita di imprese. Il 90 per cento del mercato è nelle mani dei fondi di investimento. Ha appena piazzato il marchio Dondup (il 40 per cento del capitale), azienda pesarese (Fossombrone) famosa per l’abbigliamento giovane, ad un fondo della Louis Vuitton e la Finproject (suole in gomma per le scarpe ad alto contenuto tecnologico) al fondo Xenon.
Se la caverà il sistema produttivo della provincia di Rimini?
“Ci salverà il turismo. Siamo un’area ad altissima vocazione vacanziera con delle eccellenze produttive. Credo proprio che sabbia e sole saranno il nostro futuro economico. Che potrebbe essere allargato a settori collaterali come il farmaceutico terapeutico e il mondo degli anziani in relax.
Sul sistema produttivo va fatta una premessa. Siamo in un momento difficile. Con il piccolo che non è più bello; meglio non è più bello quando non c’è ricerca e sviluppo. Con la bassa tecnologia non si va più da nessuna parte. I settori industriali stanno concentrandosi e diciamo che nella provincia di Rimini ci sono le aziende a tutto tondo e quelle normali. Per aziende a tutto tondo, intendo quelle ben strutturate, ben organizzate, con una solida struttura manageriale. Dovesse sparire il proprietario, dopo due ore del doveroso lutto, il giorno dopo riprenderebbero a girare come se nulla fosse successo. Insomma, non si può più essere legati alla proprietà, ma ci vuole un principio di deroga. Dove non c’è struttura, organizzazione, il destino è segnato. E’ solo questione di tempo. Un imprenditore di 70 anni, ne ho in mente almeno due, che fa tutto lui è improponibile che possa affrontare i mercati”.
Questo è uno snodo di sopravvivenza, altri fattori?
“Almeno altri tre elementi. Uno, non vale più il teorema famiglia ricca, azienda povera, perché sono finiti i soldi nelle banche.
Secondo, va investito in competenze, soprattutto nei periodi migliori per essere sempre incisivi.
Terzo, bisogna cercare di crescere anche per vie esterne, cioè con le acquisizioni. Però farlo con molta attenzione. Diciamo che bisogna saper acquisire. A monte, vanno valutate le due anime di chi acquista e chi vende: la ricerca e sviluppo, le integrazioni di software, le rete commerciali. Tali fattori vanno integrati, altrimenti si sprecano soldi e tempo. Col rischio di saltare”.
Ha un esempio vincente fatto da qualche imprenditore nostrano?
“Il Gruppo Valentini ha sempre fatto delle ottime acquisizioni; con integrazioni anche migliori”.
Rimini, distretto economico responsabile
Un centinaio di aziende che agiscono nella responsabilità sociale. Una è la Fugar. Progetti con la papa Giovanni XXIII
Partiti nel 2001 in Bolivia. Oggi, sette gelaterie con 40 ragazzi che finanziano il futuro di altri giovani. Nel 2011 altri tre progetti. Andrea Cinelli, il patron: “Con l’etica si lavora meglio. Ed è più bello. La nostra responsabilità sociale la pratichiamo tutti i giorni con il rispetto reciproco”
FARE IMPRESA CON L’ETICA
– Andrea Cinelli nasce a Bologna 42 anni fa. E’ sceso a Rimini da ragazzo, come rappresentante della Fugar, oggi una delle prime cinque aziende nella produzione di ingredienti per il gelato in Italia. Nella provincia di Rimini c’è un vero e proprio distretto dei prodotti per gelaterie: la Mec3 (San Clemente) è la numero uno al mondo, la Moca (Coriano) è una dinamica realtà che si sta cimentando anche in Cina. Si potrebbe aggiungere anche l’Ifi (Tavullia), con i suoi tecnologici banchi gelateria (la Tonda su tutti).
Cinelli inizia subito forte, all’arrembaggio e con l’incoscienza della gioventù. Siamo nel ’99 e non ha che trent’anni. Muore prima del tempo Umberto Gandi, fondatore e uno dei soci di Fugar. Il giovane Cinelli ha bisogno di 10 miliardi di lire per rilevare il 62% del capitale. Pensa di bussare alle porte di cinque banche; tre gli dicono di sì. Dopo tre anni di intenso e fortunato lavoro, restituisce il prestito. Racconta, con un largo sorriso e un cronografo al polso da appassionato vero di orologi: “Una banca mi dissse che avevo tanto entusiasmo e che ce l’avrei fatta. Oggi, non chiederei un finanziamento di quella portata”.
Il passo nella responsabilità sociale risale al 2001. Entra nei Figli del Mondo, associazione riminese che conta un centinaio di iscritti. Qualche nome: Terranova, Cereria Terenzi, Scm, Focchi.
Il primo progetto è in Bolivia con la papa Giovanni XXIII. Lo scopo è dare lavoro e futuro a giovani che non hanno nulla. Oltre che il danaro per un centro di accoglienza, l’aiuto avviene attraverso un laboratorio di gelateria e pasticceria. Mangiare sì, ma va dato il futuro attraverso un mestiere. Oggi, le gelaterie aperte sono sette; vi lavorano una quarantina di ragazzi e si è innestato un circolo virtuoso in grado di finanziare altre iniziative sociali.
Dopo l’America, è la volta dello Zambia. Sempre in tandem con la papa Giovanni di don Oreste Benzi, sono state pianificate l’apertura di tre gelaterie.
L’impegno sociale della Fugar ha sostato nel sottoscala fino a poco tempo fa. “Ho sempre pensato – dice Cinelli – che non potessero essere uno strumento di marketing. Ho seguito il consiglio dell’avvocato Tentoni, il presidente dei Figli nel mondo. Raccontare significa semplicemente un esempio per gli altri colleghi. Nel segno della trasparenza e dell’obiettività, non bisogna aver paura che possa passare come un processo di semplice marketing”.
Lo Zambia è uno dei tre progetti 2011 di Fugar denominati “Insieme c’è più gusto: la solidarietà rende tutti più vicini”. Il secondo, è aiutare ad arredare un’abitazione in una casa famiglia a San Damiano (Toscana).
Col terzo, si intende acquistare un pulmino per una casa famiglia, sempre della papa Giovanni XXIII a Nairobi (Kenia).
Nei tre progetti vengono coinvolti anche i clienti della Fugar, “riducendo di un euro quello che è il proprio guadagno”.
Cinelli: “Con l’etica si lavora meglio. Ed è più bello. La nostra responsabilità sociale la pratichiamo tutti i giorni nella nostra azienda con il rispetto reciproco. Dall’altra parte però ci vogliono regole e senso di responsabilità in tutti i ruoli. Ad esempio, mi arrabbbio quando un collaboratore esce la sera tardi dal lavoro ed il mattino dopo entra 10 minuti dopo. Un conto è fare lo straordinario, altro è il ritardo. Solo se si è equi ed imparziali si rafforza il gruppo. Un’azienda è come una squadra di calcio. Il capitano non può tollerare che uno dia il 50 per cento di sé”.
Chi lavora in Fugar nella bella sede di Villa Verucchio ha a disposizione una bella palestra, la sala cinema, un’accogliente sala mensa, il campo da basket e il giardino dove prendere il sole nella pausa pranzo estiva.
I collaboratori Fugar scelti sull’onda delle emozioni dopo il colloquio con Andrea Cinelli, entrano tutti con la stessa paga. Poi sarà il talento e la voglia a differenziare. La metafora della Fugar è il football americano, praticato da Cinelli da ragazzo. Uno sport, dove ogni mossa è scandita con una precisione assoluta e se uno è fuori tempo, la squadra perde. Nei momenti no, Cinelli rivede il film “Il sapore della vittoria” con Denzel Washington. La favola di un college americano che gioca insieme a football.
“Prodotti di qualità e innovazione. Solo col prezzo si chiude”
Mularoni, Ceramica del Conca. L’Unione europea contrasta i cinesi col dazio
Che cosa chiedere alle istituzioni?
“Che ci siano vicino, con una burocrazia agile al servizio. Personalmente sono contrario alla politica inefficiente che dà concessioni”
L’INTERVISTA
– Una data storica lo scorso 17 marzo per la Ceramica del Conca, per i produttori italiani, per l’Europa. L’Unione europea ha introdotto il dazio dal 30 al 70 per cento per la ceramica prodotta in Cina e venduta sottocosto in Europa. Per inciso, la Cina, in ogni settore, dalla salsa di pomodoro ai pannolini, passando per computer e minigonne, vale il 50 per cento della produzione mondiale.
Ceramica del Conca con i suoi 125 milioni di euro di fatturato, 500 dipendenti, gioiello dell’imprenditoria rimino-sammarinese, è uno dei primi 10 gruppi italiani. L’esport vale il 70 per cento del giro d’affari. Una capacità industriale costruita dal nulla in un quarto di secolo. La guida Enzo Donald Mularoni, con il quale fare quattro chiacchiere è divertente non meno che istruttivo. E’ sempre sugli aerei con la valigetta in mano in cerca di nuovi clienti e nuovi mercati.
Come va la sua azienda?
“E’ viva, anche se partiamo con quattro settimane di cassa integrazione. Credo che abbiamo davanti un altro anno difficile; riprendere i volumi pre-crisi del 2008 sarà molto dura”.
Che cosa fare per aiutare le imprese?
“In Italia abbiamo un sacco di problemi rispetto ai nostri competitori, che diventano fattori di incapacità competitiva. In un settore come il nostro ad alto consumi energetici, noi paghiamo il 30 per cento in più rispetto alla Germania, o alla Spagna. E questo perché da noi non c’è mercato. Se si vuole l’energia, di fatto, la si acquista dall’Eni. Ad esempio come Del Conca abbiamo brevettato una ceramica alimentata dall’energia elettrica in grado di riscaldare la casa; per via dei costi è improponibile in Italia, ma va benino in Germania e Gran Bretagna.
Siamo deficitari nelle infrastrutture, vecchie e datate; abbiamo il costo del lavoro alto, soprattutto sugli oneri previdenziali. Se l’operaio si ritrova in busta paga 100, all’imprenditore costa 230”.
Ma come si affronta il futuro?
“Ce la possiamo cavare se affrontiamo i mercati con due linee guida. Una, dobbiamo fare prodotti di qualità ed innovativi. Se usiamo il prezzo come fattore competitivo, abbiamo già chiuso. Due, ce la possiamo fare se l’Europa ci difende dalla concorrenza sleale. Non è possibile che i cinesi offrono le imitazioni a meno della metà dei prezzi italiani. Vendevano sottocosto solo per entrare nel mercato. Quando noi per vendere in Cina siamo obbligati ad avere il marchio Ce (che sta per China export) e sono loro che verificano che le materie prime utilizzate siano salubre per garantire il consumatore. In realtà, è una barriere economica. E poi va aggiunto il loro dazio”.
Che cosa chiedere alle istituzioni?
“Che ci siano vicino, con una burocrazia agile al servizio. Personalmente sono contrario alla politica inefficiente che dà concessioni”.
Quanti tricolore nei loghi delle imprese
Adrenalina, Centro della Ceramica, Comeca, Mec3, Moca. Simbolo d’eccellenza del made in Italy
150° UNITA’ D’ITALIA
– Le poltrone tricolore di Adrenalina sono molto più che una semplice e piacevole operazione di marketing. Basterebbe conoscere Piero Antonelli, il titolare: fantasia e sostanza. La stessa cosa vale per tutti coloro i quali hanno inserito la bandiera italiana nei loro loghi, marchi, colori: Comeca, Centro della Ceramica, Mec3, Moca. E a modo loro i citati marchi sono leader nei rispettivi settori.
Fanno sapere da casa del marignanese Piero Antonelli: “A differenza dei tanti dibattiti, in tanti vogliono lasciare un segno tangibile in omaggio dell’Unità d’Italia. Lo hanno già fatto altre aziende. Adrenalina ha deciso di portare il suo piccolo contributo per celebrare i 150 anni”.
Dalla sua fondazione, 26 anni fa, la Mec3, leader mondiale nella produzione di ingredienti per la gelateria, con bandierine in circa 80 nazioni, ha inserito il tricolore nel suo logo. Giordano Emendatori, il factotum, è solito argomentare: “L’arte del gelato rappresenta al top la cultura italiana. Se nel mondo vogliono fare il gelato artigianale devono venire in Italia ad imparare a farlo e ad acquistare i macchinari e gli ingredienti”.
Sulla sua stessa lunghezza d’onda Mirco Morotti. La sua azienda, la Moca è conosciuta nel mondo della panetteria, pasticceria e gelateria. Oltre che nel logo, nelle immagini della comunicazione, il tricolore è stato inserito ovunque. Anche nelle polo estive (nel righino del colletto e delle maniche). “Per la bandiera – racconta Morotti – ho perfino litigato col grafico. Lui, ovvio, era per il no. Io, altrettanto, ovvio, per il sì. Mi sento molto patriota, molto orgoglioso della storia della mia nazione. In questo Paese abbiamo eccellenze che tutti ci invidiano. Solo che i primi detrattori di tante conoscenze siamo noi stessi; invece di lamentarci sempre dovremmo darci una bella botta di orgoglio. Voglio ricordare che nel mondo il gelato artigianale viene chiamato ‘gelato’, in italiano; mentre quello industriale ‘ice- cream’. Cosa di cui essere orgogliosi. Anche se l’italianissima pizza per molti è parola americana”.
Da anni, i colori della bandiera caratterizzano il marchio Centro della Ceramica di San Giovanni in Marignano. Una realtà piccola, dinamica, che sa proporre idee e tecnologie all’avanguardia. Dove il design inteso come idea progettuale è al centro del fare dei fratelli Loris e Euro Casalboni.
“A dispetto della rassegnazione ed egli interessi particolari – racconta Filippo Antonelli – noi vogliamo celebrare la tormentata storia italiana, cosa unisce gli italiani, cosa li rende speciali e differenti. In questo periodo di confusione morale e politica, vorremmo trovare le linee guida della storia civile e culturale. Per portare nuova linfa alle radici comuni e gloriose del passato”.
Loris Casalboni, Centro della Ceramica: “Quando andiamo a vendere all’estero tutti ci chiedono se i nostri prodotti, le nostre resine naturali ‘Oltremteria’ sono davvero made in Italy. Per gli stranieri è valore aggiunto, è cultura, è bel modo di vivere, è innovazione. E’ artigianalità. Quest’anno poi, per il 150°, ci hanno invitato ad esporre a Torino, la prima capitale d’Italia”.