– Sulla soglia di casa ha intarsiato nella graniglia di pietra il suo monogramma. L’uscio si apre su stanze antiche, dall’impronta contadina, rinnovate da una recente ristrutturazione e ora aperte all’ospitalità. Augusto Gennari ha chiamato la sua casa a Saludecio DIMORARTE scegliendo la strada del confronto e dell’incontro con chi come lui percorre i difficili sentieri dell’arte, la sua volontà – dice- “è creare un circuito di relazioni e scambi con gli artisti anche di più giovane generazione lì tra quelle pareti che già accolgono le sue opere, frutto di silenziosi anni di lavoro e di ricerca”.
E chissà che altre testimonianze, altri avventurosi sperimentatori non si misurino con la sfida e l’accoglienza che Gennari vuole lanciare da questa casa tra le colline dolci della Valconca.
E’ caparbio Gennari, cavalca una moto che sembra uscita da Easy rider, la barba ingrigita fluente, negli occhi un guizzo di stupore e di curiosità, nelle mani i segni del suo operare con gli scalpelli.
Augusto Gennari è protagonista in questo periodo di una mostra alla libreria Nautilus di Bologna aperta sino al 18 gennaio 2011 intitolata Arcanotestimone. Espone una piccola ma intensa produzione che va ad affiancare la sua copiosa e costante produzione grafica che, come sa bene chi conosce l’artista, egli continua a esercitare con disegni a carboncino o a matita su carte povere.
Ma nelle piccole icone di questa nuova raccolta pittorica bolognese ha condensato la sapienza antica della tecnica a tempera, ha mescolato i pigmenti, li ha stesi dando loro allusioni e nuovi significati.
Si concentra sul colore, che è fatto delle tonalità della terra, delle gamme brune e spente delle ocre, affidando loro tutte le potenzialità evocative.
Il suo immaginario – racconta – “esprime una natura senza tempo. Echi di vastità marine, di voragini buie e silenziose, di antri tetri come il ventre della terra che sa accogliere semi fecondi”.
In questo palcoscenico immaginario “entra in scena un volto dalle sembianze arcaiche”, un modello prescelto, una specie di ‘idolo’ antropologico: guarda, si smarrisce, si riaffaccia da qualche nube, da un uscio aperto, da un mobile trasandato, dove con metafisica leggerezza sono allineati alcuni oggetti, o dove all’improvviso compare un uccello dal becco adunco a fargli compagnia.
La reiterazione di questo volto e del suo stupore ricorrente diventa la cifra di Gennari, la sua impronta che come un codice ci fa entrare nel mistero della vita, tra ombre e luci che l’artista vuole svelare.
La sua pittura esprime un tempo sospeso, di confine. E’ un tempo scaduto, come quello di chi ha attraversato l’esistenza, e pacificato con le tempeste della vita, si pone in attesa.
“Il tempo dell’attesa – lo scrive Gennari nel 2006 -, è quando si affievolisce la luce e le ombre scivolano sulla memoria di una vita. L’ombra del proprio percorso riflette sul presente come un tempo sospeso”.
Ma anche l’archivio del proprio operare, del proprio lavoro e della scommessa di una vita va preservato. E va anche alimentato. Probabilmente attraverso il confronto con altri artisti ed estimatori che Gennari auspica di incontrare per rendere viva e veramente ‘dialettica’ la sua Dimorarte.
Gennari è uno sperimentatore di generi: plasma la creta, scolpisce nel marmo e nella pietra, scava nel legno, ghermisce la forza pulsante che è in ciascuna di queste materie, la placa e la adatta al suo linguaggio, al suo codice.
Nascono i suoi arcani testimoni, traghettatori dal passato al presente, nascono le mute sembianze protettrici come lari che compaiono costanti, nascono le sue figure, argute, malinconiche, nella loro dimensione metatemporale; le sue fantasie che si merializzano nel colore dalla tavolozza terrosa, trasudando sogno e realtà. Non ci resta dunque che recarci in visita a questa sua speciale dimora.
di Annamaria Bernucci
Direttrice della Galleria comunale S. Croce di Cattolica