Sarà ricordato anche per quanto è accaduto all’Opera di Roma tre ore più tardi, durante l’esecuzione del terzo atto del Nabucco di Verdi diretto da Riccardo Muti. Il grande direttore d’orchestra si è rivolto al pubblico, offrendo di concedere il bis del coro Va’ pensiero a patto che i presenti si unissero al coro in segno di protesta contro «gli ignominiosi tagli alla cultura» decretati dal governo. Perché la patria sì bella non fosse anche perduta.
In platea e nei palchi c’era, naturalmente, la “Roma bene” delle grandi occasioni. In altri tempi ci sarebbe stato da attendersi che la proposta venisse accolta con una certa freddezza. Ma qualcosa sta cambiando, in questa Italia che non ne può più di una classe dirigente puttaniera che le impone le sue menzogne e minaccia di massacrare la Costituzione, quella di Piazza del Popolo, con una “riforma” della magistratura intesa ad asservirla al governo. Forse la gente si è stancata di sentirsi raccontare la “balla” di un governo Berlusconi fatto cadere nel 1994 dai magistrati, ben sapendo che ciò accadde per il “ribaltone” della Lega di Bossi.
Forse i cittadini, che non hanno nulla da temere dalle intercettazioni telefoniche, non ne possono più di essere indicati come coloro che tremano di paura quando telefonano: trema al telefono soltanto chi ha commesso reati.
Fatto sta che la platea dell’Opera di Roma e tutti i palchi hanno cantato gioiosamente Va pensiero, mentre dall’alto piovevano centinaia di volantini recanti le scritte «viva Napolitano», «Muti senatore a vita» e, come centocinquant’anni fa, “viva Verdi”. Tutta gente di alto livello sociale, proveniente dai Parioli e dai quartieri alti della capitale, trascinata dall’entusiasmo per la proposta di Muti.
All’uscita dal teatro, Ricardo Muti ha detto: «Non mi aspettavo che l’intero teatro si unisse, tutti sapevano il testo. Poi, come in una situazione surreale, dal podio ho visto le persone alzarsi a piccoli gruppi, per cui tutto il teatro alla fine era in piedi, fino alle ultime gradinate. Era una specie di coralità straziata e straziante, un grido che invocava il ritorno alla luce della cultura che è la colonna portante dell’ Italia, sono le nostre radici. Sì, ho visto nelle prime file diverse persone con le lacrime agli occhi. E’ la dimostrazione di un popolo che si sente fortemente unito, al di là dei proclami».
Quanto alla cosiddetta riforma della magistratura, predisposta da Berlusconi e dal ministro della Giustizia del suo governo, va detto che essa non si limita a modificare la Costituzione. Questa, si sa, è modificabile attraverso una doppia lettura delle Camere e il referendum se non è raggiunta la maggioranza dei due terzi. Ma l’intenzione di Berlusconi è un’altra, perché mira a distruggere la separazione dei poteri, che da Montesquieu in poi è stata la base dei regimi democratici.
Essa ha infatti lo scopo di: a) obbligare i magistrati a perseguire non più tutti i reati, ma solo quelli scelti dal governo. Berlusconi ha avuto la faccia tosta di dire che se nel 1992 ci fosse stata la sua riforma non avremmo avuto Tangentopoli e Mani Pulite: ossia che i ladri avrebbero potuto rubare impunemente: davvero un bel risultato!
Ma essa ha anche lo scopo di: b) sottrarre ai giudici la polizia giudiziaria; c) togliere loro la possibilità dell’appello contro le sentenze di assoluzione; d) eliminare il loro autogoverno, togliendo loro i due terzi dei Consigli superiori della magistratura (due e non più uno) e inquinandoli con una buona metà di rappresentanti della politica (a proposito di magistratura politicizzata…); e) separare completamente i magistrati inquirenti dai magistrati giudicanti. Queste sono soltanto alcune delle modifiche predisposte per la futura dittatura della maggioranza parlamentare berlusconiana.
Ognuno vede quante disposizioni della Costituzione verrebbero ribaltate. Mazzini inorridirebbe. Il grande patriota genovese aveva scritto nei Doveri dell’ uomo: «Poco importa che voi possiate dirvi puri: quand’anche poteste, isolandovi, rimanere tali, se avete a due passi la corruzione e non cercate combatterla, tradite i vostri doveri».
Ma il Partito repubblicano si è riunito a Congresso pochi giorni fa a Roma, operando una scelta filoberlusconiana che fa dei suoi militanti altrettanti lacché del potere berlusconiano, al pari dei sedicenti “socialisti”, “cattolici”, “liberali” dell’attuale maggioranza parlamentare.
Il pericolo è grande, immenso, e non per niente i magistrati tutti si preparano ad una dura battaglia. E’ importante far sapere ai cittadini che quella non sarà una battaglia in difesa dei loro privilegi, ma una lotta in difesa dei cittadini, della loro uguaglianza, del loro diritto ad essere giudicati da una magistratura indipendente dal poter politico.
E’ noto che la giustizia va riformata, perché i processi civili e penali sono in Italia troppo lenti e interminabili. Ma nessuna delle disposizioni della “riforma” berlusconiana accorcerebbe i processi di nemmeno un minuto. Esse mirano soltanto a farci tornare ai tempi delle monarchie assolute, quando i giudici dipendevano dal potere esecutivo.
di Alessandro Roveri
Libero docente dell’Università di Roma