L’INCHIESTA
di Francesco Toti
– Se come come recita un vecchio detto popolare, quando si fanno le cose, è meglio farle alla grande e che se si fa peccato, bisogna farlo con tutti i crismi, un po’ come affogare in mare aperto che a riva, la provincia di Rimini è la più ricca dell’Emilia Romagna per capacità di produrre ricchezza, ma poiché le statistiche riportano che è ultima, la conseguenza è che sventola il primo posto della voce evasione.
Stefano Zamagni, preside alla facoltà di Economia e commercio all’Università di Bologna, tra i massimi economisti mondiali, nonché riminese, con disincantata verve, argomenta: “Dove c’è evasione, non c’è sviluppo economico. Ed è un fenomeno di auto-flagellazione. L’evasione contempla due aspetti.
Il primo, l’evasore vede la sua azienda solo nel breve e medio periodo. E’ come il fumatore, sa che va incontro al cancro ma non smette, preferendo il godimento del breve termine. Chi non evade invece ha gli orizzonti lunghi”.
“Il secondo aspetto – continua il professore consigliere di cose economiche per papa Benedetto XVI – è di altra natura e riguarda il capitale civile. Cioè quando l’evasione raggiunge una certa dimensione distrugge fiducia tra i cittadini la fiducia, fiducia fa comunità.
Quando i processi dei piccoli numeri diventano generalizzati impediscono la crescita civile. Ecco perché è brutta: distrugge la fiducia reciproca. Ognuno di noi anche se non lo dice si fa un giudizio negativo dell’altro; e siccome negli affari ci vuole fiducia; senza, l’economia non si sviluppa. Molti evasori non si rendono conto del danno che contribuiscono a creare, ma se, senza moralismi e populismi, lo si spiega, la gente capisce. Lo vediamo a livello di giovani. Coloro i quali hanno familiari evasori, hanno un comportamento diverso. I genitori fanno loro del male e perdono in autorevolezza”.
“In Italia – continua Zamagni – non c’è un problema tecnico. Ce n’è anche troppa di tecnica. Non è il capitale umano che difetta; ce n’è anche troppo: i nostri giovani all’estero sanno farsi valere. Difettiamo di capitale civile. Ed il meccanismo dell’evasione si stana con la credibilità. Oppure, con la ragione. Quando capiremo che con l’evasione ci stiamo distruggendo da soli, cambieremo. Rimini è la provincia con la più alta evasione dell’Emilia Romagna e col reddito reale più alto”.
NUMERI
I Comuni possono denunciare e beneficiare
– I Comuni in prima linea nel contrasto all’evasione: alcuni dati sulle segnalazioni.
La Regione Emilia romagna è stata la prima a recepire il possibile accordo tra comuni e Agenzia delle Entrate. Rimini tra i più attivi (823 segnalazioni di casi sospetti nei primi sei mesi, 400 in più rispetto al 2010).
A livello provinciale solo 11 comuni hanno aderito dei 27 e dai pochi aderenti solo 75 segnalazioni (Cattolica meno di dieci negli anni scorsi). Complessivamente scovati 593mila euro di imposte accertate. In tutta la regione (10.963 segnalazioni) sono stati recuperati a tassazione 87milioni di euro. Settori più a rischio evasione “proprietà edilizia e patrimonio immobiliare” (67% del totale).
Provincia di poveracci
– Rimini, una provincia di poveracci. Nella nostra zona tenore di vita e tenore economico (dichiarazione redditi) fanno a pugni. Nella classifica dei redditi delle province Rimini è tra le ultime, tra quelle dei consumi è tra le prime. Addirittura è la prima nell’incremento di depositi bancari (fonte Sole24ore). Nel 2009 la media delle dichiarazione dei redditi è stata di 15mila euro. Ogni contribuente di Rimini ha versato una media di 2.811 euro, a Cattolica 2.620, Riccione 2.605, Santarcangelo 2.498, Bellaria 2.104… (fonte Ifel-Anci).
Nel 2009 oltre il 90% dei contribuenti ha dichiarato un reddito inferiore ai 40mila euro. L’85% delle tasse del riminese viene pagato da dipendenti e pensionati (fonte Cgil Rimini).
Pil, oltre 30mila euro a testa
– Reddito pro-capite di oltre 30mila euro a testa, per l’esattezza 30.798 per gli emiliano-romagnoli. Indicatore che vale il quarto posto dietro la Lombardia (32.222), Trentino Alto Adige (32.165), Valle d’Aosta (31.993). La Campania è ultima con 16.372.
Aeffe: “Paghiamole tutti per pagarne meno”
– Felici di pagare le tasse? Non tanto, un po’ come tutti insomma. Un’impresa di grandi dimensioni come il gruppo Aeffe di San Giovanni in Marignano (1465 dipendenti al 31 dicembre 2011) è costantemente esposta a controlli e accertamenti. Con un fatturato di 219 milioni di euro lo scorso anno (per tutto il gruppo che comprende Aeffe, Moschino, Pollini e le società estere) è un contribuente importante, non solo per lo Stato ma anche per gli enti locali, ai quali vanno a finire una parte delle imposte. Marcello Tassinari è direttore generale del gruppo dal 2007. Lascia ad altri la responsabilità di valutare se l’attuale pressione fiscale sia equa oppure no. Però il sasso nello stagno lo lancia, un appello a pagare tutti, per pagare meno, certo, ma anche un impegno politico per l’agevolazione sul lavoro femminile. L’80 per cento dei dipendenti di Aeffe, infatti, è donna.
Dottor Tassinari, cominciamo da una domanda stupida. Le pagate le tasse?
“Naturalmente. Le tasse le abbiamo sempre pagate. Già da prima che il gruppo fosse quotato”.
Controlli? Problemi?
“Praticamente un anno sì e uno no abbiamo degli accertamenti fiscali da parte della Guardia di finanza o Agenzia delle entrate che passano al setaccio i nostri conti, oltre a controlli ‘spot’ su altre situazioni. Fino ad ora niente di rilevante, qualche contenzioso, certo. Ma questo perché per alcune norme l’interpretazione è soggettiva, noi la interpretiamo in un modo mentre gli accertatori in un altro. Capita ogni tanto di avere un contenzioso ma di piccola entità”.
Ma quanto incide il costo delle tasse sul business?
“La risposta a questa domanda sarebbe troppo articolata perché il gruppo è complesso. In linea generale, comunque, come le altre spa del settore. Ires (l’imposta sul reddito delle società ndr) al 27,5 per cento e l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive) che in Emilia Romagna sta al 3,9 per cento. Il problema è che se l’Ires è dovuto solo quando c’è un guadagno, un atttivo, l’Irap è indipendente da un bilancio in segno positivo”.
Un sistema che penalizza chi vuole fare investimenti? Il costo del lavoro è un tema dibattuto da tempo.
“Non sta a me giudicare se il sistema sia giusto o meno. Non è bello pagare le tasse ma è giusto e lo Stato ne ha bisogno. Quello del costo del lavoro e del cuneo fiscale è da anni che si dice che è troppo elevato. Per citare due numeri, su 100 euro lordi che il dipendente percepisce, noi ne paghiamo 136. Il 36 per cento è una percentuale molto elevata. Il dipendente invece è al 23”.
A fronte di quello che si paga, Stato ed enti locali dovrebbero garantire servizi e infrastrutture che vanno anche a beneficio dell’azienda. C’è una risposta in questo senso?
“Per quanto riguarda le infrastrutture la nostra è una condizione e un territorio eccezionale. Poi in un momento di difficoltà come è stato quello appena passato, abbiamo usufruito dell’accesso alla Cassa integrazione che ci ha permesso di superare la crisi (nel primo semestre 2011 il gruppo ha realizzato un +16,6 per cento del fatturato e +3,7 del margine operativo lordo ndr)”.
E allora dove migliorare?
“Una banalità: pagare tutti le tasse per far sì che possano essere abbassate. ‘Dura lex sed lex’. Quindi una lotta all’evasione fiscale. Gli strumenti ci sono. E poi detto da amministratore di un’azienda che ha una percentuale elevatissima di dipendenti donne, siamo attorno all’80 per cento su un totale di 1465, posso dire che servirebbe una politica più attenta nei confronti dell’occupazione femminile. Rispetto a un’azienda, per esempio, metalmeccanica, dove la maggioranza dei lavoratori è maschile, noi dobbiamo sopportare costi maggiori legati alla maternità”.
mat. mar.
Al tre stelle che non evade restano 24mila euro netti
Aperto da aprile a ottobre, ha 29 camere.
Si trova a Rimini. La proprietà vuole l’anonimato
I numeri: 9 dipendenti, introito di 305.000 euro a stagione, spese del personale 119.000 euro (24.000 in contributi previdenziali), ammortamento annuale per gli investimenti 57.000
.. e poi bisogna considerare i servizi che ne abbiamo in cambio. La pulizia delle strade e la sanità su tutti, che per il turismo sono importanti. …è stato male un nostro ospite. Ambulanza e assistenza all’ospedale sono stati perfetti
IL PROFILO
di Matteo Marini
– Dovrebbe essere un vanto, quello dell’onestà. Invece la reticenza nel pubblicizzare il proprio nome la dice lunga su quanto sia delicata la questione: albergatori ed evasione fiscale. Ogni anno accertamenti di Guardia di finanza, Inps, Agenzia delle entrate e Dipartimento provinciale del lavoro dipingono un quadro dalle tinte piuttosto scure. Approfittando dell’anonimato però si può parlare però di cifre nel dettaglio. Quelle di un piccolo albergo, un tre stelle con 29 camere con tutti i conti a posto, anche e soprattutto quelli col fisco: fatture, iva, contributi e diritti dei lavoratori. E rimane di che campare con dignità.
Come si fa? “Bisogna sapersi accontentare – spiega l’albergatore modello – ma si fa. La nostra è una piccola struttura quindi dobbiamo di necessità evitare alcuni settori del mercato come le grandi comitive o le gite”. Il piccolo tre stelle di Torre Pedrera è di proprietà, a gestione famigliare. Due soci e nove dipendenti e un clima piacevole, tanto che “Anche i dipendenti stanno bene e sono contenti di tornare a lavorare da noi”. Ne parla come fossero clienti perché in fondo un dipendente contento, sereno, lavora con più voglia, è più produttivo e ha un sorriso in più per gli ospiti.
“La nostra struttura lavora cinque mesi, da maggio a ottobre. Rispetto a strutture più grosse noi, con solo 29 camere, abbiamo costi di gestione più alti. Chi ha molte stanze, in scala, riesce a ottimizzare la gestione del personale e i costi vivi. Il costo di produzione per noi invece è alto, circa 34 euro a persona. E in alta stagione il prezzo è di 59 euro a persona”. Costi così elevati riescono a essere competitivi? La risposta è sì se chi sta dietro al bancone o in cucina sa fare bene e ama il proprio lavoro: “Io sono albergatore da quasi 30 anni – racconta ancora – ho cominciato gestendo una pensioncina in affitto e poi ho acquistato questa struttura”.
Veniamo ai numeri: il tre stelle del nostro gestore-modello conta 29 camere, e un piccolo centro benessere. Nove dipendenti (da 20 a 40 ore a settimana) e un introito di 305.000 euro a stagione. Per le spese del personale se ne vanno 119.000 euro, di cui 24.000 in contributi previdenziali. Tolte spese e tasse, alla fine nelle tasche dei due soci restano 24.000 euro netti. Ai quali sono da aggiungere 57.000 euro di ammortamento annuale per gli investimenti fatti: “Questo albergo è degli anni ’50. Abbiamo dovuto gradualmente ristrutturare le stanze, la hall e la sala. E abbiamo di recente costruito un piccolo centro benessere. A Rimini quello degli hotel in affitto, grandi o piccoli che siano, è diventato un problema serio. La metà delle strutture non è di proprietà e gli affittuari spesso sono albergatori improvvisati, che non investono in strutture che non posseggono e tendono a realizzare il massimo profitto a scapito della qualità. Ed è proprio di qualità invece che si parla. Qui non esistono promozioni e prezzi stracciati: “Neanche volendo potremmo rivolgerci a comitive o al turismo cosiddetto sociale”. Questo perché il costo di “produzione” è alto e alla qualità non si rinuncia: dal comfort alla cucina: “Non esistono turisti ammassati nelle stanze con uno o due letti in più. Lo stesso la cucina è curata, ci lavoro io stesso, cercando di selezionare il meglio, dalla spesa al servizio”. È dell’anno scorso il caso più eclatante di mala gestione, proprio a Torre Pedrera. Quello dell’hotel Mosè: una specie di tragedia in più atti, diversi episodi di intossicazione alimentare tra gli ospiti, dipendenti non pagati, abusi e irregolarità: “In casi come quelli si trovano società di gestione spregiudicate e a farne le spese sono i clienti e il personale”. Niente Pangasio quindi per i suoi clienti. Il famigerato pesce indocinese d’acqua salmastra: “No io me ne sono sempre tenuto lontano. Se bisogna stare all’interno di certi costi devi fare delle scelte, tante scelte, che possono pregiudicare la qualità di quello che offri”. E anche da lui sono passati gli ormai famigerati mediatori a proporre personale a basso prezzo, naturalmente con tanto lavoro nero e grigio sottinteso: “Io ho preferito mettere tutti in regola, tutti, tranne noi soci, fanno il giorno libero (anche se è ferragosto) e anche chi è della famiglia è assunto regolarmente. È chiaro che la paga è un po’ più bassa rispetto a chi accetta di prendere una parte in nero. Ma questo poi alla fine torna loro con la disoccupazione, che è la percentuale sullo stipendio in busta paga. E ne guadagna il clima. È più sereno e si lavora molto meglio, senza tensioni. Insomma io non credo che convenga tenere qui persone per 10-12 ore al giorno”.
Ma le tasse sono bellissime come diceva la buonanima di Padoa Schioppa? “Beh, bellissime no, non esageriamo. Però se vuoi dormire sonni tranquilli… e poi bisogna considerare i servizi che ne abbiamo in cambio. La pulizia delle strade e la sanità su tutti, che per il turismo sono importanti. Di recente è stato male un nostro ospite. Ambulanza e assistenza all’ospedale sono stati perfetti. Anche queste sono cose che fanno bene al turismo”. Però così non si diventa ricchi… “Ricchi no, come dicevo basta sapersi accontentare e di certo non te ne vai in giro col Suv…”.