L’INTERVISTA
In campagna elettorale ho raccolto dei bisogni ancora più grandi. Se il 40 per cento dei riminesi non è andato a votare al ballottaggio siamo contenti del risultato ma non della vittoria. Il significato è che c’è il bisogno di politica, di comunicare, di rappresentare
Appartengo ad una generazione che ha avuto tanto, ma spesso ha confuso i privilegi con i diritti. Lascia in eredità alle nuove generazioni meno diritti e meno opportunità. Per invertire tale corso ci vuole anche un ricambio generazionale
– Lino Gobbi si è dimesso da segretario del Pd della provincia di Rimini lo scorso 6 giugno. Pochi giorni dopo la vittoria elettorale di Andrea Gnassi a sindaco di Rimini, al ballottaggio con Gioenzo Renzi. Aveva raccolto il mandato nel luglio del 2010, meno di un anno fa. Lo avevo promesso: “Assumo l’incarico. Guido il partito fino alle comunali di Rimini. Per poi lasciare spazio ai giovani, che tra tre anni devono affrontare un’altra difficile campagna elettorale, quelle per le provinciali”.
E’ un Cincinnato in chiave moderna Gobbi. Se il condottiero romano si ritirava nei campi dopo le vittoriose battaglie, Gobbi interpreta il ruolo con il senso dell’altro senza volere niente in cambio. E non è assolutamente capito dai suoi. Dopo le dimissioni di giugno, un compagno di partito commenta: “Lo avrà fatto per un posto nella giunta Gnassi”. Una maldicenza. Per diventare segretario del Pd rinunciò alla presidenza del consiglio provinciale e relativo emolumento. Ha fatto il segretario a titolo gratuito; una rarità in questo momento particolare della politica italiana, dove, spesso, dietro le parole c’è il nulla. O più spesso qualche mascolzonata. Colpe che coinvolgono i cittadini, che usano la tolleranza quando ci vorrebbe l’indignazione.
Durante il suo mandato ricorda con affetto che ha scoperto la bellezza del Sasso Simone e Simoncello (cuore del Montefeltro) per le frequentazioni elettorali a Pennabilli. Ha una certa età, ma non ha paura del nuovo. Del futuro. Fu tra coloro i quali con il sindaco Giuseppe Chicchi votò non il teatro Galli dov’era com’era, ma un moderno auditorium che avrebbe lasciato un segno di intelligente modernità nel cuore di Rimini. Poi la città ha avuto paura ed ha optato per un bel falso storico. Meglio di nulla, tuttavia.
Perché ha lasciato soltanto dopo meno di un anno?
“Non vado via; resto semplicemente qui a dare il mio contributo. In campagna elettorale ho raccolto dei bisogni ancora più grandi. Se il 40 per cento dei riminesi non è andato a votare al ballottaggio siamo contenti del risultato ma non della vittoria. Il significato è che c’è il bisogno di politica, di comunicare, di rappresentare. Appartengo ad una generazione che ha avuto tanto, ma spesso ha confuso i privilegi con i diritti. Lascia in eredità alle nuove generazioni meno diritti e meno opportunità. Per invertire tale corso ci vuole anche un ricambio generazionale. Stare altri due anni a gestire il partito non l’ho ritenuto opportuno”.
La politica d’oggi sembra tutta uguale, destra, sinistra. E la gente non va a votare. Che dice?
“Non ci sono più i riferimenti ideologici. Dunque, va costruito un altro approccio con la politica. Va guardato la qualità del progetto. In generale credo che non ci siano mai ragioni sufficienti per non andare a votare. Non possiamo dire che a Rimini, i due candidati, Gnassi e Renzi, non fossero caratterizzati, nelle proposte, nelle persone. Noi come Pd abbiamo investito in nuove generazioni. A leggere i programmi, le proposte, si poteva andare a votare. Chi non lo ha fatto ha ritenuto che nessuno colpisse i suoi bisogni e le sue attenzioni”.
Quali sono state le ragioni del vostro successo a Rimini?
“La verità prima o poi viene a galla. Il governo nazionale promette l’abbattimento delle tasse, ma non succede nulla; alla fine deve pagare pegno. Abbiamo proposto ai riminesi un’idea di sviluppo: il centro storico, la riqualificazione degli edifici. Che però si coniugano con la disponibilità delle risorse. Abbiamo messo in campo un’idea di città. In politica prima o poi le promesse mancate si pagano. Abbiamo parlato di teatro a Rimini, di fognature. Dire che lo faremo e le sistemeremo sono promesse assurde. Dobbiamo raccontare alla città che iniziamo a sdoppiare le fogne tenendo conto delle risorse. Dobbiamo attuare un percorso amministrativo che si mette in marcia”.
Quanto si è divertito in quest’anno da segretario?
“Diciamo che si è lavorato molto. Uscivo alle quattro del pomeriggio e c’erano un sacco di problemi. Poi c’era un territorio nuovo come la Valmarecchia. Lì ho incontrato persone che mi hanno coinvolto prima ancora che economicamente da un punto di vista umano. Mi hanno fatto conoscere le bellezze del Sasso Simone e Simoncello. Ora ci vado quasi tutte le domeniche. A Pennabilli ho trovato una storia importante, con la gente che partecipa, che è attenta. C’è un entroterra meraviglioso. Sono andato a vedere le sorgenti del Conca e ho visto delle cascate bellissime, che non conoscevo. Infine, c’è stata anche la soddisfazione della vittoria. Non proprio facile alla vigilia”.
La politica vive il braccio di ferro tra gli amministratori e il partito, dove spesso i primi sono altro. Come uscirne?
“Non è proprio così. Io ho lasciato la presidenza del consiglio provinciale per il partito; e ci sono altri esempi simili”.
Che tipo di sconfitta è Montecolombo?
“Abbiamo sostenuto un candidato e un’idea di sviluppo del territorio. Su quattro liste siamo arrivati secondi. Il programma del sindaco che ha vinto non è il nostro. Ha vinto un progetto di centro-sinistra, ma il nostro non è passato”.
E Cattolica?
“E’ in atto un bel progetto di sperimentazione politica. Dopo la sconfitta c’è stata la capacità di dialogare con tutti. Questa è vera intelligenza politica. Dopo l’unità è normale che i cittadini abbiamo grandi aspettative”.
Che cos’è rimasto del Pci nel Pd?
“Lo spirito di servizio. E’ presente in molte persone che non hanno più ideologie ma idealità. Ho incontrato tante persone con questo spirito nella campagna elettorale. Più di quanto mi potessi aspettare”.
Ora avrà tanto tempo libero, che fare?
“Lo dedico a mia moglie e ai miei figli. Vorrei leggere qualcosa. Mio figlio dice che sono un bell’ignorante. Inoltre, continuo a dare un contributo al partito”.
PERSONE
Tutti giovani gli assessori del “vecchio” Gnassi
– A stragrande maggioranza giovani gli assessori “scelti” dal sindaco Andrea Gnassi lo scorso 20 giugno, primo consiglio comunale. Solo otto persone, anche questo è un segnale di sana politica, dato i tempi, dato gli uomini.
Ecco da chi è composta la nuova giunta comunale di Rimini e relative deleghe.
Gnassi trattiene le Politiche del turismo, Piano strategico e Università.
Gloria Lisi (vice sindaco, Politiche dell´Educazione e della Famiglia, Welfare e Protezione sociale, Politiche abitative, Città dei bambini). Nata il 30 giugno 1977, laurea in Giurisprudenza, laurea in Scienze religiose. Responsabile della gestione del Centro Operativo di Prima e Seconda Accoglienza e della formazione di tutte le risorse umane della Caritas Diocesana di Rimini. Presidente della Cooperativa Madonna della Carità.
Roberrto Biagini (Tutela e Governo del Territorio, Lavori Pubblici, Mobilità). Nato a Rimini l´1 gennaio 1965, laurea in Giurisprudenza. Esercita dal 1995 la professione di avvocato. Assessore dal 2006 al 2011 alle Politiche della Sicurezza e al Decentramento, quindi alla Pianificazione territoriale.
Gina Luva Brasini (Risorse umane, Risorse finanziarie, Patrimonio, Partecipate, Politiche dello sport e del Benessere). Nato a Rimini l´8 dicembre 1968, laurea in Economia e Commercio. Direttore responsabile della STAI, società che consorzia 115 soci pubblico/privati dell´area imolese e che si occupa dello sviluppo di tematiche turistiche connesse principalmente al turismo di affari e sportivo. Co-fondatore del club di prodotto ‘MotorSite´. Ha partecipato a 20 campionati di serie A1 di pallamano, totalizzando 45 presenze nella Nazionale Italiana.
Irina Imola (Servizi al Cittadino, Trasparenza amministrativa, Diritti dei consumatori, Semplificazione amministrativa, Politiche comunitarie). Nata a Rimini il 19 giugno 1974, laurea in Filosofia. Insegnante di Filosofia presso il Liceo Artistico Statale ‘Federico Fellini´ di Riccione.
Massimo Pulini (Cultura, Identità dei luoghi e degli spazi). Nato a Cesena il 15 agosto 1958, docente di Pittura presso l´Accademia di Belle Arti di Bologna. Storico dell´arte tra i più autorevoli in ambito nazionale e internazionale, ha scritto numerosi saggi storici, in particolare riguardanti artisti dei Seicento. Consulente della più importante collezione privata di pittura del Seicento europeo, la raccolta Luigi Koelliker di Milano. Come pittore ha esposto in importanti gallerie private e pubbliche, sia italiane che straniere. Su commissione dei Musei Vaticani, ha realizzato la decorazione della volta di una delle stanze degli appartamenti papali. Dal 2002 ha pubblicato cinque saggi di storia dell´arte e, nel 2011, il suo primo romanzo.
Nadia Rossi (Politiche del lavoro, Formazione, Tempi della città, Politiche di Genere, Rapporti con il territorio). Nata a Rimini il 6 febbraio 1974, diploma di Ragioniere e Perito Commerciale. Impiegata, dipendente, con contratto a tempo determinato, in un´azienda del settore chimico.
Jamil Sadegholvaad (Attività economiche, Politiche della Sicurezza e della Legalità, Polizia Municipale). Babbo iraniano, Nato a Rimini il 14 giugno 1972, laurea in Scienze Politiche. Commerciante. Dal luglio 2009 assessore Industria, Artigianato, Agricoltura, Pesca, Attività venatoria, Statistica, Valorizzazione Centri Storici della Provincia di Rimini.
Sara Visintin (Ambiente, Energie, Politiche per lo Sviluppo sostenibile, Innovazione tecnologica, Politiche giovanili, Pace). Nata a Maniago (PN) il 3 novembre 1980, laurea in Scienze Politiche. Dal giugno 2009 assessore al Comune di Riccione a Politiche comunitarie, Sistemi informativi e Innovazione tecnologica. Dal marzo 2010 è tra le fondatrici del Comitato Acqua Bene Comune di Rimini, divenendone presidente.
IL PROFILO
Da Lotta continua al Pci Passione per la natura
– Lino Gobbi da giovane voleva fare la rivoluzione. Fino al 1972 milita in Lotta continua, un’aristocrazia intellettuale. In quell’anno, entra nel Pci e come neo-segretario del Pd (Partito democratico) dallo scorso luglio, la rivoluzione la applica sul serio. Rivoluzione vera quella di Lino Gobbi. Era presidente del Consiglio provinciale; il 30 settembre del 2011 si dimette, rinunciando a 848 euro netti al mese. La motivazione: “Il ruolo di presidente del Consiglio provinciale è incompatibile con la carica di segretario di partito. Ci vuole un garante e io non lo potevo essere per ovvie ragioni”. Passioni per la bici, lo sci e le camminate, Lino Gobbi è operaio alle ferrovie di Rimini; si occupa del magazzeno. Originario della Gaiofana, sposato con una insegnante, due figli già grandi (Lucio studente alla Bocconi) e Linda (lavora in banca), è stato nel sindacato ferrovieri; con il riminese Mauro Moretti, segretario della Filt (oggi amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato) ha partecipato alla stesura di molti contratti nazionali.